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 In occasione dell’apertura del portale interattivo Non ci sto dentro, pubblichiamo una riflessione sul film, pubblicata nel volume Educare al futuro. Il tema della “fatica degli adulti”, sfiancati dalla solitudine e dalla responsabilità del lavoro a contatto con adolescenti, è uno di quelli su cui Ubiminor intende mantenere un’attenzione continuativa.

20131010 adulti{xtypo_dropcap}"N{/xtypo_dropcap}on ci sto dentro”, con il suo insieme di riprese prodotte per arrivare al risultato finale, un centinaio di ore di interviste e filmati, consente di comprendere la complessità del mondo del sistema penale minorile, di avvicinare i linguaggi e le procedure delle macchine organizzative che vi operano e di cui ha parlato Alessandro Rudelli. È un materiale straordinario di formazione e di conoscenza.

Da un altro punto di osservazione, come abbiamo accennato introducendo l’incontro, è anche un grande stimolo per la riflessione sulla condizione degli adulti che in questo sistema sono impegnati, sulla loro salute, sulla solitudine in cui spesso svolgono il loro lavoro, così carico di responsabilità e di scelte che andrebbero maggiormente condivise.

{xtypo_quote}Chi si prende cura di loro? La fatica, lo svuotamento che a volte produce un lavoro del genere, oltretutto svolto per anni e anni, in questo caso, all’interno di un luogo carico di tensioni come può essere un istituto penale, si riflette necessariamente non solo sulla loro “salute” e sulla loro riserva di energie, ma anche sulla qualità del loro rapporto con i giovani. {/xtypo_quote}Occorre pertanto tenere viva l’interrogazione sulla condizione degli adulti a contatto con la dimensione problematica e usurante degli adolescenti in condizione di disagio, siano essi gli operatori di un istituto penale o di un servizio territoriale, chiedersi sempre cosa stia accadendo nelle loro vite, rendendo strutturali attività di confronto, di supervisione e sostegno, che si intreccino periodicamente a quelle della relazione educativa con i giovani.

Opere come “Non ci sto dentro” devono essere sostenute, rinnovate, anche perché sono preziose per rompere la barriera che di frequente si crea tra un sistema, quello penale minorile, governato da una legge innovativa e sfidante, e la società, che di quelle regole spesso percepisce solo una distorsione giornalistica, conseguente all’ultimo fatto di cronaca che abbia come protagonista un ragazzo. Occorre aprire il mondo di quest’area tanto delicata della società e produrre documenti che facciano vedere come all’aspirazione a un recupero educativo dei minori, alla fiducia nelle loro potenzialità di cambiamento corrisponda un mondo di uomini e donne che impegnano le loro vite e le loro intelligenze in attenzioni e progetti sicuramente perfettibili, ma concreti e tanto preziosi per tutti quando raggiungono i loro obiettivi.

 

“Educare al futuro” verrà presentato dai suoi curatori il prossimo 23 novembre, nell’ambito di Bookcity Milano. Si può acquistare qui

 


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