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L’adolescenza è un periodo di  conflitti tra ragazzi e adulti. In famiglia nasce una dimensione relazionale nuova fatta, anche, di contrapposizioni, di discussioni, di malumore reciproco. Il conflitto tra genitori e adolescenti sorge di solito da percezioni diverse del comportamento dell'altro.

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L'attenzione e le preoccupazioni educative dei genitori sono rivolta al futuro, mentre gli adolescenti si concentrano sul presente.

Chiunque abbia sperimentato un conflitto con un'altra persona – un familiare, un amico, un collega, ecc. – probabilmente ha provato una certa frustrazione per il fatto che si sia manifestata una differenza di punti di vista. Questo, in particolare, quando la disputa riguarda comportamenti, modi di fare che risultano fastidiosi.  

Un amico può promettere di impegnarsi a correggere una certa abitudine irritante, ad esempio, ma questo poi non accade, e da qui nasce un diverbio.

Sebbene il conflitto non sia inevitabile tra genitori e adolescenti, risulta molto faticoso e frustrante percepire in modo diverso i reciproci comportamenti.

Ad esempio, una madre può chiedere al suo ragazzo di essere più disponibile per le faccende domestiche, compresa la pulizia della sua camera. Il ragazzo fa qualche sforzo per adeguarsi ma poi, di fatto, i risultati risultano inadeguati agli occhi della madre, mentre per l'adolescente sono un progresso da encomiare.

A sua volta, l'adolescente può chiedere che la madre gli parli in modo più rispettoso, riconoscendo le cose positive che fa, evitando di concentrarsi solo sui problemi. Se la madre poi prende sul serio la richiesta e fa di tutto per complimentarsi con il figlio per un buon voto preso a scuola, il figlio potrebbe minimizzare l'importanza del suo sforzo, lamentandosi che non dica abbastanza.

I ricercatori che studiano l'interazione familiare hanno scoperto che tali differenze nelle percezioni dei genitori e dei figli adolescenti del comportamento reciproco, sono abbastanza comuni e angoscianti; alcuni ne derivano che genitori e figli tendono a vivere in "mondi percettivi diversi".

Una varietà di fattori può contribuire a tali differenze percettive. In primo luogo, sebbene il normale sviluppo cognitivo degli adolescenti abbia permesso loro di assumere la prospettiva di un'altra persona, a differenza dei bambini più piccoli la cui capacità di empatia è limitata, tendono tuttavia a essere più orientati al presente rispetto ai loro genitori.

Un padre può cercare di motivare il figlio a trascorrere più tempo sui libri di scuola e meno online con gli amici, sostenendo che le buone abitudini di impegno porteranno a migliori opportunità formative e di carriera. A contrario, il ragazzo può concentrarsi maggiormente sul mantenimento delle buone relazioni con gli amici, piuttosto che preoccuparsi di condizioni di vita future così lontane.

In secondo luogo, gli adolescenti possono sviluppare valori e interessi, a partire dalla loro cultura giovanile, che sono diversi da quelli dei loro genitori e, di conseguenza, possono sentire la loro guida come irrilevante per le loro esperienze di vita quotidiana.

Questo può essere particolarmente vero per le famiglie di immigrati in cui i genitori stanno affrontando i problemi del crescere i loro figli in una cultura diversa dalla loro di origine, con vari fattori di stress come la discriminazione, mentre i figli stanno cercando di adattarsi ai coetanei nella nuova dimensione sociale.

Infine, molti genitori e molti ragazzi hanno limitate capacità di comunicazione e risoluzione dei conflitti. Di conseguenza le interazioni risultano reciprocamente frustranti quando sorgono problemi che coinvolgono il rapporto con gli amici, le faccende domestiche, l’impegno scolastico, i gusti musicali, le scelte di abbigliamento, e così via. Padri e figli spesso non riescono ad ascoltare empaticamente i pensieri e le emozioni dell'altro, le posizioni si polarizzano e alla fine trasmettono poco rispetto e cura reciproca.

Tutti questi fattori contribuiscono a far sì che genitori e figli adolescenti vivano in mondi percettivi diversi, problemi comunemente affrontati nella terapia familiare a cui solo alcune famiglie in difficoltà sono in grado di accedere.

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Gli studiosi della questione sottolineano, comunque, che non vi sono garanzie che i programmi di terapia genitoriale e familiare colmeranno il divario di percezione, a meno che i membri della famiglia non arrivino a comprendere e a entrare in empatia con le loro differenze.

Uno studio recente ha esaminato gli effetti della partecipazione dei genitori latini immigrati a un programma di educazione e competenze genitoriali sulla loro genitorialità nei confronti dei figli adolescenti. Tale programma includeva l’aumento delle conoscenze e delle competenze dei genitori per quanto riguarda lo sviluppo adolescenziale e le difficoltà di acculturazione che affrontano i giovani e i genitori immigrati. Poi,  il migliorare l'empatia dei genitori per le esperienze dei loro figli, il migliorare la comunicazione genitore-adolescente e i metodi della disciplina genitoriale, e il migliorare le capacità degli adolescenti nell’evitare comportamenti problematici come l'abuso di sostanze.

Lo studio si è concentrato su valutazioni separate da parte dei genitori e dei ragazzi dei livelli di accettazione del figlio da parte dei genitori (ad esempio, parlare con una voce calda e amichevole), metodi disciplinari coerenti e sollecitare informazioni dal ragazzo in merito alle sue esperienze e ai suoi sentimenti. Le valutazioni sono state raccolte appena prima che i genitori partecipassero al programma, dopo quattro mesi e con un follow-up di sei mesi.

L'aspetto chiave è stato che i genitori hanno riportato un miglioramento nei loro livelli di accettazione, disciplina coerente e sollecitazione durante il programma, mentre gli adolescenti hanno riferito un miglioramento solo nel modo in cui possono essere sollecitati i loro genitori.

La maggiore percezione del cambiamento positivo da parte dei genitori può essere dovuta alla loro prospettiva "interna" (la consapevolezza della loro intenzione di avere una maggiore sintonia con i bisogni dei loro figli), in contrasto con la prospettiva "esterna" degli adolescenti di osservare solo le azioni dei genitori.

I genitori poi potrebbero essere più autocompiaciuti per qualsiasi cambiamento apportato al loro comportamento, mentre i ragazzi adolescenti potrebbero essere rimasti scettici sul fatto che le azioni dei loro genitori fossero reali piuttosto che esibite per i responsabili del programma e che sarebbero durate dopo la sua conclusione. A loro volta, i genitori possono essere scettici sugli sforzi degli adolescenti per dimostrare che ci si può fidare di loro applicando solo piccole restrizioni alla loro libertà. Spesso ci vuole tempo prima che si sviluppi la fiducia reciproca nei cambiamenti.

È fondamentale, per gli studiosi autori delle ricerche su questi temi, che i terapeuti familiari e i responsabili dei programmi per le famiglie guidino i genitori e gli adolescenti nell'evitare una tendenza naturale a mettersi sulla difensiva riguardo alle discrepanze nelle percezioni del comportamento, delle motivazioni, ecc. dell'altro.

I membri della famiglia, in modo difensivo, possono rispondere all'incoraggiamento di un terapeuta ad essere empatici con gli sforzi dell'altro pensando, o dicendo esplicitamente allo specialista che per lui è facile dare buoni consigli, essendo all’esterno della situazione.

Più i terapeuti possono mostrare empatia per le delusioni e il dolore vissuti dai loro pazienti, insieme all'incoraggiamento a dare agli altri membri della famiglia l'opportunità di sviluppare nuovi modelli di comportamento, meglio è.

Realizzare nuove modalità di relazione all’interno di una famiglia è cosa che richiede, oltre al sapersi assumere qualche rischio di delusione, anche una buona dose di pazienza.


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