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Stefano Laffi presenta ai lettori di Ubiminor il suo ultimo lavoro: "La congiura contro i giovani" (Feltrinelli Editore)

“Congiura” è un  termine forte. E oggi un po’ stride, perché l’accelerazione politica recente ha paradossalmente creato un’ideologia giovanilista, un mito di purezza e novità, forse ancora una volta strumentale, ennesima prova di come i giovani siano sempre stati usati. Il rischio è che scatti a breve la reazione, la controffensiva degli adulti al potere pronti a festeggiare insuccessi e impasse di chi ci prova senza avere l’età ufficiale per farlo. 

20140227 Laffi

{xtypo_dropcap}E{/xtypo_dropcap} poi si sta male anche a 40 o 50 anni, per esempio quando si è tagliati fuori dal mercato del lavoro. Ma la congiura di cui parlo per me è nei fatti, nell’esperienza quotidiana di chi ha 5, 15 o 25 anni, a casa, a scuola e per strada. Basta chiedersi quanto bambini, ragazzi e giovani abbiano realmente deciso e inciso sul mondo che vivono, quanto la loro vita sia un’attesa infinita di risposte, regole, azioni, concessioni, autorizzazioni, soldi, poteri, decisioni in mano ad altri.

Il libro, scritto in tre anni di appunti e osservazioni, di ricerca ma anche di normale cittadinanza e di vita da genitore, prova ad esplorare radicalmente tutti i meccanismi che congiurano, che neutralizzano chi ha meno di 30 anni, pedinandolo dalla nascita. Il libro è scandito in capitoli, si parla di desideri, parole, corpi, incontri, esperienze, ovvero mercato, discorsi di esperti, scuola, lavoro: ho cercato di capire e mostrare i dispositivi di controllo e manipolazione,così che, se solo lo si voglia, educatori, insegnanti, genitori ed esperti vari abbiano in evidenza quel che andrebbe fatto per riaverli come cittadini e non confinarli più nei ruoli di utenti di servizi, consumatori di merci, oggetti o vittime di qualcosa e di qualcuno.

{xtypo_quote_right}Non è quindi un libro sui giovani, ma sulla condizione di bambino, ragazzo, giovane, sulla crudeltà di un sistema adulto-centrico.{/xtypo_quote_right}

Non è quindi un libro sui giovani, ma sulla condizione di bambino, ragazzo, giovane, sulla crudeltà di un sistema adulto-centrico. È un libro spietato, che mi è costata tantissimo scrivere perché parlavo dei miei stessi errori, ma volevo non ci fossero più alibi, che non ci si assolvesse più: da adesso in poi costruiamo un’altra società, quanto sia sbagliata è provato, è in quelle pagine. Perché io in realtà sono fiducioso ed è proprio la crisi a farmi sperare. Finalmente è evidente che così non funzioniamo, che una società impermeabile alla presenza di chi ha meno di 30 anni diventa sterile, non più generativa, perché non funziona l’economia, la politica, la famiglia, la chiesa… Siamo tutti in difficoltà e la notizia è questa: usciamone insieme, senza più gerarchie di età, consapevoli che urge cambiare le istituzioni stesse, e non creare quote under 30 nelle stesse. Di più: i nativi della crisi sono loro, i ragazzi che ci sono cresciuti dentro, hanno strategie cognitive e abilità preziosissime, il libro ne parla avendole viste al lavoro da ricercatore, e credo davvero che sia il momento di rimettere in circolazione i diversi saperi, riconnettere le generazioni, chiedere ai ragazzi di insegnarci il nuovo, e capire da adulti cosa attingere dal nostro repertorio di esperienze per affrontare il presente. C’è occasione più bella nella vita del trovarsi insieme a costruire qualcosa, mettendo in comune ciò che possiamo, per un fine così importante come il superamento della crisi che ha travolto tutti?

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