Per gentile concessione dell'Ufficio Studi, Ricerche e Attività Internazionali del Dipartimento di Giustizia Minorile, pubblichiamo l'introduzione al "2° Rapporto sulla devianza minorile in Italia".
Tutto ciò che qualcuno può immaginare
Altri potranno trasformarlo in realtà
Jules Verne
Succede che se qualcuno può prefigurare una realtà, questa nel tempo si realizzi. Il 2° Rapportosulla Devianza Minorile a cinque anni di distanza dal primo, presenta dati che raccontano una immaginazione, per dirla con Giulio Verne, quel desiderio dei padri della Giustizia minorile che hanno nel tempo impegnato le proprie energie culturali e professionali per difendere e promuovere l’idea che il carcere per i minori dovesse essere una soluzione sempre meno utilizzata. E così le loro idee hanno informato l’opera del Legislatore che nel 1988 con una riforma di grande respiro ha creato le premesse normative perché questo pensiero pedagogico avesse la possibilità di tradursi in realtà. Questo Rapporto che vede la luce alle soglie del 2014 sembra voler marcare il segnale che dal 1988, vale a dire in 25 anni,
Questo secondo Rapporto nasce, pertanto, non solo dalla necessità di un aggiornamento dei dati ma dall’importanza di avviare ora, in una fase di evidente trasformazione dell’utenza, un momento di riflessione, non solo all’interno del sistema minorile, ma allargato e condiviso con i diversi attori sociali che a vario titolo si interessano e si prendono cura degli adolescenti che entrano nel circuito penale.
“Stiamo vivendo nel pieno della terza rivoluzione, quella della conoscenza. Diecimila anni fa si imparò a coltivare i campi e allevare le bestie. Duecento anni fa scoppiò la rivoluzione industriale. Da trent’anni e più è in atto una nuova rivoluzione, quella della conoscenza “[1], E la conoscenza diventa una necessità che trova ragione su più fronti argomentativi: sociali, educativi, culturali, ma ma sopratutto in questo caso, organizzativi, economici e politici.
Conoscere una realtà in movimento non è cosa facile, e questo è sempre stato il limite e per altri versi la sfida delle scienze umane. E se il mondo degli adolescenti è per definizione un mondo in continua trasformazione, questo comporta coerenti mutamenti sul piano delle proposte e delle risposte possibili e richiede di individuare apici di attenzione, attorno a cui costruire ragionamenti e quindi ipotesi di miglioramento.
{xtypo_dropcap}L{/xtypo_dropcap}’Ufficio Studi e ricerche, in stretta collaborazione con l’Ufficio Statistica del Dipartimento, in questi anni ha lavorato sui temi della recidiva, degli stranieri, della supervisione, della giustizia riparativa, della famiglia, producendo non solo report di ricerca, ma, conversazioni con operatori, famiglie e ragazzi, sollecitazioni, proposte, ipotesi e concrete azioni di lavoro (cfr. bibliografia) mettendo in circolazione quello che ormai chiamiamo il nostro “sapere esperto”, il nostro capitale di conoscenze. Ma è importante consolidare la conoscenza, cioè impegnarsi a condividere o, come usa dire, sharing Knowledge mostrare le conoscenze, perché possano essere fruibili e quindi rigenerabili su più fronti e a diversi livelli. Ed in particolare perché a livello politico possano aiutare il Legislatore ad intervenire in maniera mirata in un contesto in evidente ridefinizione. In questo spirito il dispositivo del Rapporto, rappresenta uno strumento utile per focalizzare l’attenzione su quale modello di giustizia penale occorre perseguire a fronte delle evidenti trasformazioni nella qualità e quantità del disagio adolescenziale. Crediamo altresì che il Rapporto possa generare attenzione e contribuire a modificare gli stereotipi che negli ultimi anni hanno caratterizzato il dibattito pubblico. Molto spesso infatti sui temi della devianza e degli adolescenti devianti le informazioni che i mass media veicolano sono parziali, sganciate da un contesto di senso e questo produce pregiudizi, genera una conoscenza distorta, facilmente soggetta a strumentalizzazione e al luogo comune. Il Rapporto mira a riposizionare l’attenzione sui dati certi e sulle risposte in atto;
oltre a svolgere funzioni di informazione, comunicazione e relazione il Rapporto è anche uno strumento per promuovere la trasparenza e la gestione etica, perché solo rendendosi visibili e credibili nelle informazioni si costruisce il rapporto di fiducia con i cittadini, con la comunità, con il Paese.
Anche questo secondo Rapporto nasce dal lavoro di collaborazione tra il Dipartimento ed Servizi della Giustizia minorile, dalla collaborazione tra competenze, professionalità e saperi differenti, tra chi è vicino ed accompagna le storie di devianza e criminalità e chi svolge azioni strutturali e di supporto attuate a livello di amministrazione centrale e decentrata, in un mix di conoscenze collaborative a cui si è provato a dare forma.
{xtypo_dropcap}Q{/xtypo_dropcap}uesto plurale è riconoscibile nell’articolazione del rapporto stesso che vede una prima parte dedicata ai dati nazionali. In questa area viene presentata la dimensione nazionale partendo dal sistema dei servizi. I dati presentati e commentati riguardano gli andamenti dell’utenza degli Uffici di
Il Rapporto prende in considerazione l’anno 2012 e il periodo intercorso dal 2008 e disegna una rappresentazione della devianza, del sistema di funzionamento degli interventi e delle azioni predisposte, con uno sguardo alle direzioni ed ai cambiamenti emergenti dalla realtà territoriali e mette in relazione i dati in una logica temporale. Il Rapporto non è esaustivo delle possibili riflessioni che i dati esposti possono generare né è da considerarsi un prodotto “compiuto” e fine a se stesso. Ci piace pensarlo come un work in progress, non solo nella prospettiva del Terzo Rapporto, fra 5 anni, quanto piuttosto nella dimensione delle interlocuzioni e delle interazioni, nello scambio di ipotesi e di idee che esso potrà generare e che speriamo generi.
{xtypo_rounded1}Scenari di cambiamento{/xtypo_rounded1}
Siamo dentro un momento di transizione e di interessanti cambiamenti, rispetto al manifestarsi della devianza degli adolescenti, i cui segnali andavano rendendosi sempre più evidenti nell’arco dell’ultimo decennio.
Possiamo individuare alcune traiettorie evidenti di questo cambiamento che emergeranno in maniera dettagliata nel corso del Rapporto:
Il calo delle segnalazioni dell’Autorità Giudiziaria Minorile ai Servizi Sociali della Giustizia Minorile (da 20.959 nel
{xtypo_dropcap}D{/xtypo_dropcap}iminuiscono gli ingressi in CPA (da 2908 nel
Quest’ultima misura è, invece, maggiormente applicata agli stranieri (31%), anche se nel tempo hanno trovato maggiore applicazione le misure meno afflittive, in particolare il collocamento in comunità (35%), diventata prevalente a partire dal 2011.
Diminuiscono gli ingressi in IPM (da 1.347 nel
Complessivamente si ridefinisce la proporzione tra ragazzi italiani e stranieri all’interno dei servizi della Giustizia Minorile a partire dai provvedimenti dell’ Autorità Giudiziaria verso un’ampliamento delle opportunità per i ragazzi stranieri.
{xtypo_dropcap}I{/xtypo_dropcap}l dato complessivo del calo delle presenze negli IPM pone con urgenza la necessità di una riflessione su questa struttura in ambito minorile. La situazione, infatti, in controtendenza con la situazione allarmante in cui versano gli istituti per adulti, non elude, anzi per certi versi evidenzia, la necessità di comprendere se questo tipo di struttura, per come è pensata oggi sia adeguata alla peculiarità della condizione minorile. Il messaggio alle camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla questione carceraria dell’8/11/2013 e la recente pubblicazione (11 ottobre 2013) del Comitato Nazionale per
Il collocamento in comunità ha raggiunto il valore più elevato nell’arco temporale dal 2008 al 2012 considerato in questo Rapporto (da
Le comunità educative, dislocate nel territorio nazionale in maniera non uniforme, rappresentano una risorsa preziosa, nella diversità degli approcci e delle metodologie d’intervento in uso. Si pone il problema di garantire che questo servizio, pur nelle differenze territoriali e ed operative, sia qualitativamente adeguato al difficile compito richiesto. Inoltre, come evidenziato in maniera più dettagliata all’interno dei report regionali, la richiesta di comunità è sempre più orientata verso comunità specializzate nell’accogliere ragazzi con problemi psichiatrici o di dipendenza.
Ma l’uso sempre più diffuso del collocamento in comunità fa pensare anche ad una inadeguatezza di strumenti a disposizione dell’Autorità Giudiziaria minorile, rispetto alla complessità delle forme di disagio a cui si trova a rispondere e quindi rinvia alla necessità sempre più ineludibile di un ordinamento penitenziario specifico per i minorenni che individui nuove e più articolate risposte nell’area penale esterna e un nuovo tipo di carcere per i pochi ragazzi che ad esso sono destinati.
Alla diminuzione dei soggetti segnalati si contrappone l’aumento del numero dei minori in carico agli USSM (da 17.814 nel
{xtypo_dropcap}Q{/xtypo_dropcap}uesto dato è dovuto anche all’aumento della durata degli interventi del
Come si è detto i tempi della presa in carico dei minori e dei giovani adulti si sono fatti più lunghi e i progetti più complessi. Indubbiamente questo è legato all’aumento dell’età dei minori in carico e anche alla compresenza di elementi di complessità (disturbi psichiatrici, uso di sostanze, etc.). Lavorare in area penale esterna, dando centralità al progetto educativo, cambia lo stile di lavoro e la positura mentale dell’operatore rispetto al lavoro nelle strutture detentive.
La complessità del lavoro in area penale esterna comporta una valutazione sulle priorità e questo può spiegare in aggiunta all’aumento dei tempi delle misure la riduzione delle prese in carico dei ragazzi che entrano nel circuito penale segnalati per la prima volta. Un dato che, seppur diseguale nel territorio nazionale, rappresenta un segnale d’allarme rispetto alla possibilità di una presa in carico tempestiva e capace di ri-orientare scelte di vita. Un altro elemento nella complessità della presa in carico immediata è dato dalla differenza di contesto tra USSM che operano in aree metropolitane e USSM che insistono in comunità territoriali di piccole dimensioni e dalla ridotta forza numerica degli organici di servizio sociale. La non tempestiva presa in carico è una rinuncia della Giustizia minorile, alla prevenzione immediata, una scelta dolorosa dettata prevalentemente dal carico di lavoro che richiama la necessità di un investimento maggiore in questa direzione. Gli assistenti sociali attivi sul territorio nazionale sono circa trecentocinquanta a fronte dei ventimila casi seguiti: una sproporzione incredibile che si commenta da sola.
(continua...)
Il rapporto si può acquistare qui
[1] Lidia Ravera, 9 ottobre2013 intervista all’ Upter
[2] a cura di Mastropasqua, , Leogrande, Zanghi, Totaro;, Pieroni , Gili; "LA RECIDIVA NEI PERCORSI PENALI DEI MINORI AUTORI DI REATO”Collana “I NUMERI pensati”, Gangemi Editore,