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Quali fattori contribuiscono alla violenza di gruppo? Cosa contribuisce alla rabbia, all'odio e all'ostilità associati alle bande di adolescenti? Spesso è un compito difficile per psicologi, educatori e adulti in generale, identificare come gli atteggiamenti e le caratteristiche dei singoli interagiscono con quelli del gruppo fino a sfociare in comportamenti violenti.

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Gli esperti della questione, tuttavia, sostengono che la ricerca ha iniziato a fornire risposte a questa difficoltà e strategie per ridurne l'impatto della violenza in modo proattivo.

La deprivazione familiare e la mancata soddisfazione dei bisogni umani fondamentali possono contribuire notevolmente alla partecipazione alla violenza di gruppo.

La de-individuazione e l’anonimato giocano poi un ruolo importante. La de-individuazione implica che in mezzo a una folla, un individuo sperimenta una diminuzione della propria identità, che contribuisce al seguire gli impulsi della folla.

L'anonimato, altresì, supporta l'inibizione dell'attenzione sulla propria identità, riducendo di conseguenza la preoccupazione per l'autovalutazione. L'impatto di questo effetto, tuttavia, precisano gli psicologi, sembra diminuire con un aumento del concetto di sé.

Ricerche recenti evidenziano l'influenza coesiva del narcisismo collettivo come un fattore significativo che può portare alla violenza di gruppo.

Il narcisismo collettivo implica la convinzione che il proprio gruppo sia eccezionale e di conseguenza meriti una qualche forma di trattamento speciale, una prospettiva che non è sufficientemente riconosciuta dagli altri. La diminuzione del senso di sé lascia il gruppo in allerta rispetto a situazioni che sembrano minacciare il suo status.

Il narcisismo collettivo è associato all'autocritica e alle emozioni negative, a una bassa connessione sociale e a una maggiore sensibilità agli stimoli negativi. Gli studiosi hanno anche sottolineato che tali individui tendono a sperimentare difficoltà nella regolazione emotiva – difficoltà nel calmarsi e nella regolazione delle emozioni negative.

Uno studio ha rilevato che il livello di soddisfazione all'interno del gruppo può essere un cuscinetto contro l'ostilità esterna al gruppo. Nello specifico, i ricercatori hanno scoperto che la soddisfazione all'interno del gruppo può essere associata a emotività positiva, pro-socialità e soddisfazione della vita e che l'autostima è positivamente correlata alla soddisfazione all'interno del gruppo.

Alcuni ricercatori hanno condotto diversi studi per valutare il ruolo della ricerca di sensazioni forti nella violenza. I loro studi hanno indicato che la ricerca di significato, per i partecipanti allo studio che avevano esperienze di violenza di gruppo, prevedeva la ricerca di sensazioni forti, che supportava a sua volta la volontà di sostenere la violenza. È importante, affermano gli esperti, sottolineare la conclusione di uno di questi studi: quando veniva presentata un'alternativa eccitante e pacifica, la propensione alla violenza del partecipante diminuiva.

L'identificazione di gruppo motiva il comportamento violento e il comportamento violento aumenta l'identificazione con i gruppi violenti. Esiste un ciclo di partecipazione degli individui alla violenza collettiva e tale identificazione sembra aiutare a rimuovere gli ostacoli psicologici alla violenza.

Uno studio che ha coinvolto oltre settecento adolescenti ha esplorato il ruolo della desensibilizzazione alla violenza come predittore di maggiore violenza. I ricercatori hanno scoperto che la desensibilizzazione emotiva alla violenza nella prima adolescenza ha contribuito a gravi violenze nella tarda adolescenza.

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Gli specialisti di gestione della rabbia osservano che molte persone inclini alla rabbia sperimentano inflessibilità cognitiva. Nello specifico, incontrano difficoltà nella loro capacità di adattarsi a eventi nuovi, mutevoli o non pianificati. Questa inflessibilità limita la loro capacità di identificare modi alternativi di reagire durante lo stato di eccitazione.

Uno studio su questa difficoltà ha rilevato che l'inflessibilità cognitiva è un fattore chiave associato ad atteggiamenti estremisti e una maggiore probabilità di radicalizzazione e relativa partecipazione alla violenza tra gruppi. Questi risultati si basavano sulle risposte dei partecipanti a uno scenario in cui era probabile che combattessero per il gruppo, persino che morissero per il gruppo.

Strategie per prevenire la violenza di gruppo

La ricerca sulla prevenzione della violenza di gruppo affronta un'ampia gamma di tali violenze riguardanti bande, gruppi politici e radicalizzazione. In generale, enfatizza l'aiutare le persone a sviluppare una maggiore resilienza per affrontare le sfide della vita e modi per avere un impatto positivo sul contesto sociale e ambientale.

L'insegnamento delle abilità nella regolazione emotiva e nella flessibilità cognitiva è forse il più potente deterrente contro la vulnerabilità alla violenza. Ciò potrebbe includere il miglioramento dell'intelligenza emotiva e sociale, la compassione, l'empatia e il pensiero critico.

Una ricerca sulla prevenzione della violenza collettiva porta a un elenco di programmi sviluppati da numerose comunità ed enti pubblici. Oltre ad affrontare le preoccupazioni individuali, questi programmi sottolineano l'entusiasmo delle comunità spingendo i giovani, i residenti del quartiere, le organizzazioni della comunità e le forze dell'ordine ad affrontare le cause alla base di tale violenza.

Alcuni sostengono che devono essere coinvolti anche i genitori. Inoltre, promuovono maggiori opportunità, per gli adolescenti, di stabilire relazioni con coetanei e adulti nella comunità che possono fornire supporto attraverso esempi di comportamento e guida.

Indipendentemente dal suo contesto specifico, la violenza collettiva è radicata in fattori inerenti agli individui che formano il gruppo, alla natura dei gruppi e all'interazione di entrambi.

Esistono strategie ben studiate che possono essere impiegate in modo proattivo per ridurre tale violenza. Tuttavia, affrontare questa sfida richiede un maggiore impegno finanziario, emotivo, sociale e politico per soddisfare i bisogni degli individui e delle comunità in cui vivono, concludono gli studiosi, rispetto a quelli che generalmente oggi si vedono in campo.


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