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Secondo il rapporto sul lavoro minorile e giustizia penale, realizzato da Save the children, una larga parte dei minori che al momento sta scontando una condanna penale, ha alle spalle mesi o anni di lavoro svolto sotto i 16 anni. Una quota significativa di essi ha lavorato addirittura a 11-12 anni e in condizioni di grave sfruttamento e pericolo, per tante ore di seguito e di notte, fuori della cerchia familiare. Ristorazione, vendita, edilizia, agricoltura e allevamento, meccanica alcuni dei principali settori di impiego di questi giovanissimi.

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Esperienze di lavoro minorile fra le più dure, sommerse e molto spesso collegate all’abbandono della scuola, quelle dell’universo degli adolescenti in carico alla giustizia minorile; un sottoinsieme dell’intero universo di lavoratori under 16 nel nostro paese che conta circa 260.000 ragazzi e ragazze fra 7 e 15 anni coinvolti in lavoro, pari al 7% della popolazione in questa fascia di età1, 1 minore su 20.

Questi alcuni dei dati preliminari di "Lavori Ingiusti”. Indagine sul lavoro minorile e il circuito della giustizia penale, realizzata da Save the Children, l’organizzazione internazionale indipendente dedicata dal 1919 a salvare i bambini e a promuovere i loro diritti, in collaborazione e con il finanziamento del Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile.

“Occupandosi di minori che vivono in situazioni di rischio, da anni Save the Children entra in contatto con bambini e adolescenti coinvolti nelle peggiori forme di lavoro minorile, tra cui, forme di sfruttamento. Si tratta di un fenomeno grave che, in una misura piuttosto rilevante, è presente anche in Italia e che quindi Save the Children ha deciso di indagare, contribuendo a colmare un  vuoto di dati in materia”, dichiara  Claudio Tesauro Presidente Save the Children Italia. “

L’indagine di Save the Children ha per la prima volta interpellato sul lavoro minorile la totalità dei ragazzi e ragazze che si trovano negli Istituti Penitenziari Minorili (IPM), nelle Comunità di Accoglienza Penale (CPA) e nelle Comunità Ministeriali oltre a un significativo numero di ragazzi in carico all’Ufficio di servizio sociale Minorile (USSM) 2.

733  le interviste realizzate tramite la somministrazione di questionari autocompilati, in cui è stato chiesto loro se abbiano avuto esperienze di lavoro minorile e che significato danno oggi al lavoro, nell’ottica di un suo utilizzo  a scopo rieducativo e di reinserimento sociale, a cui si sono aggiunti  5 focus group con circa 50 operatori della giustizia minorile, una consultazione di 9 minori con esperienze di lavoro minorile e attualmente nel circuito  della giustizia minorile e la raccolta di 6 storie  di ragazze e ragazzi nella stessa condizione. La rilevazione ha riguardato il loro coinvolgimento in lavoro da prima degli 11 ai 16 anni.

“Le risposte dei ragazzi descrivono esperienze e contesti di diffusa a-legalità, dove si è contratta l’idea di uguaglianza e dove si soffrono le discriminazioni non legate alle qualità personali. Molto frequente poi e forte è la relazione tra la dispersione scolastica e il lavoro precoce o ancora le connessioni tra la dispersione scolastica e la scelta di commettere atti illeciti. E’ cruciale intervenire per spezzare questo circolo vizioso e garantire percorsi lavorativi positivi, grazie ai quali i ragazzi possano trovare adeguata realizzazione economica e sociale”, continua Claudio Tesauro.

11 anni e un lavoro a tempo pieno
Secondo la nuova indagine di Save the Children si attesta al 66% la quota dei minori del circuito della giustizia minorile che ha svolto attività lavorative prima dei 16 anni.

Nel 73% dei casi sono giovani italiani mentre il 27% è costituito per lo più da ragazzi di origine straniera (in genere della Romania, Albania, Africa del nord).
Più del 60% degli intervistati ha svolto attività di lavoro tra i 14 e i 15 anni. Tuttavia, oltre il 40% ha avuto esperienze lavorative al di sotto dei 13 anni e circa l’11% ha svolto delle attività persino prima degli 11 anni.

Nel 66% dei casi i minori hanno lavorato da giovanissimi per fare fronte alle proprie spese personali, tuttavia più del 40% ha affermato di avere lavorato anche per aiutare la propria famiglia.

Ben il 60% dichiara di aver lavorato per altre persone mentre solo il 21% ha lavorato per i propri genitori e il 18% per dei familiari.

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Il forte rischio sfruttamento
Il prestare il proprio lavoro fuori della cerchia familiare differenzia questi ragazzi e ragazze rispetto al più ampio universo dei minori lavoratori e rappresenta un rilevante fattore di rischio sfruttamento.
La ristorazione (21%) - bar, ristoranti, alberghi, pasticcerie, panifici -, la vendita ( 17%) - negozi, mercati generali, vendita ambulante -, il lavoro in cantiere (11%) – come manovali, imbianchini, carpentieri -, il lavoro in campagna (10%) - nella coltivazione e raccolta e nell’allevamento e maneggio degli animali, sono le principali attività lavorative svolte dai ragazzi intervistati.

Seguono, poi, tutti i lavori presso le officine meccaniche e i distributori di benzina (9%), le attività artigianali (5%), il lavoro in fabbrica (3%), le consegne a domicilio (2%) e solo una percentuale residuale svolge le proprie attività lavorative in casa per aiutare la famiglia nel proprio lavoro o nella cura di fratelli più piccoli o parenti in difficoltà.

Il 71% dei ragazzi dichiara di aver lavorato quasi tutti i giorni – dunque in modo continuativo e  il 43% per più di 7 ore di seguito al giorno; il 52% ha lavorato di sera o di notte.

“Si tratta di un dato molto grave e allarmante che mette in luce il circolo vizioso che parte dall’abbandono scolastico, passa per lo sfruttamento lavorativo fino a ad arrivare al coinvolgimento nelle reti della criminalità.  ”, spiega Raffaela Milano Direttore Programmi Italia-Europa Save the Children Italia.

Inoltre, la maggior parte dei minori intervistati afferma di avere iniziato le proprie azioni illecite tra i 12 e i 15 anni, parallelamente all’acutizzarsi di problemi a scuola, culminati spesso in bocciature e abbandoni. Per quanto riguarda i reati commessi, si tratta per lo più di reati contro il patrimonio (54,5%, per esempio furto e rapina), seguono quelli contro la persona (12,7%, per esempio lesioni volontarie), contro l’incolumità (9%) e le istituzioni (6%).

“Sarebbe arbitrario stabilire un nesso automatico fra lavoro precoce e comportamenti devianti tuttavia sono gli stessi ragazzi e gli operatori coinvolti nelle consultazioni e focus group a raccontare come ci si possa ritrovare sommersi  dalla situazione”, spiega ancora Raffaela Milano. “Si comincia con le difficoltà a scuola e la frequenza discontinua che, a sua volta, genera scarsi risultati e la spinta ad abbandonare lo studio e iniziare a lavorare. Un lavoro che però il più delle volte si rivela illegale, saltuario, sottopagato, non qualificante e, nelle forme peggiori, duro fino alla violenza e allo sfruttamento. Un’esperienza da cui i ragazzi potrebbero decidere di <<liberarsi>> scegliendo la strada dell’illegalità e delle attività illecite”.

Per contro un lavoro rispettoso e stabile potrebbe contribuire al percorso di reinserimento sociale e a evitare forme di recidiva di un giovane che abbia commesso reati: la pensa così, nonostante le difficili esperienze pregresse, l’89% degli intervistati da Save the Children.

E difatti, , come riferiscono soprattutto gli operatori,  lo strumento “lavoro” se utilizzato all’interno del progetto educativo elaborato per il minore del circuito penale, può essere una possibilità virtuosa per favorire lo sviluppo della personalità del minore, i processi di responsabilizzazione, le sue capacità relazionali. “Perchè ciò avvenga occorre promuovere  e garantire le  risorse necessarie per attivare in modo sistematico e continuativo le opportunità formative e di inserimento lavorativo per tutti i minori che sono all’interno del circuito penale” , spiega ancora il Direttore dei Programmi Italia Europa di Save the Children Italia.

Dal punto di vista della prevenzione, appare fondamentale il ruolo della scuola che – dalla lettura delle esperienze dei ragazzi del circuito penale – in molti casi non ha rappresentato un fattore di protezione ma è più spesso percepita come un percorso ad ostacoli, e non come un’opportunità: secondo Save the Children è necessario rafforzare gli interventi di contrasto alla dispersione scolastica, così come prevedere interventi di sostegno formativo per i ragazzi che hanno prematuramente abbandonato gli studi.  E tra le raccomandazioni ribadite da Save the Children nel corso della conferenza stampa  l’adozione tempestiva di un Piano Nazionale sul Lavoro Minorile che preveda da un lato la creazione di un sistema di monitoraggio regolare del fenomeno e dall’altro le azioni da svolgere per intervenire efficacemente sulla prevenzione e sul contrasto del lavoro illegale, e in particolare delle peggiori forme di lavoro minorile.

Fonte: Save the children

Scarica il rapporto

1  Fonte: Save the Children e Associazionie Bruno Trentin, “Game Over. Indagine sul lavoro minorile in Italia”, a cura di K. Scannavini, e A.Teselli, Ediesse, Roma 2014.
2 Negli IPM si trovano ragazzi e ragazze che stanno scontando una pena o in custodia cautelare; nei CPA minori in stato di arresto, fermo ed accompagnamento fino all’udienza di convalida che deve avvenire al massimo entro 96 ore; le Comunità Ministeriali assicurano l’esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria nei confronti di minorenni autori di reato; gli uffici del servizio sociale minorile (U.S.S.M.) forniscono assistenza ai minorenni autori di reato in ogni stato e grado del procedimento penale e forniscono ai magistrati informazioni utili alla comprensione della personalità e condizione del minore. I questionari dell’indagine sono stati somministrati a tutti i minori presenti nelle due settimane di rilevazione all'interno delle strutture residenziali (IPM, CPA, Comunità ministeriali) per un totale di 431 questionari, mentre rispetto ai minori presi in carico dall'Ufficio di servizio sociale (USSM), si è deciso di raccogliere le interviste di tutti quei minori  venuti a contatto con gli operatori nelle 2 settimane di rilevazione, cioè 302. Al 31 marzo 2014 erano presenti nei CPA, IPM e Comunità ministeriali 439 minori.


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