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Gli adolescenti senza fissa dimora, molti dei quali hanno subito violenze per mano di coloro cui erano stati affidati affinché prestassero loro cure e gentilezza, spesso si rifiutano di cercare calore e accudimento in luoghi protetti, troppo vincolati da regole e a contatto con un personale con cui non riescono a mettersi in relazione.

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Esistono però ora ricerche che confermano l'efficacia, per il recupero di questi ragazzi, di centri di accoglienza opportunamente studiati - porti sicuri con meno regole e con responsabili non troppo adulti non troppo anziani. Il coinvolgimento e le attività promosse da questi centripotrebbero cambiare il corso della vita di questi giovani, portandoli a posti di lavoro, a una vita sobria e a trovare un alloggio dove vvivere.

Gli studi effettuati hanno confermato quello che il capo-ricercatore Natasha Slesnick ha osservato nel corso di due decenni di lavoro con i giovani senza fissa dimora: centri di accoglienza adeguati alle loro esigenze e alla loro età hanno un grandissimo appeal anche per i ragazzi più difficili da raggiungere e coinvolgere.


molti ragazzi non vogliono andare nei ricoveri istituzionali
e si nascondono per strada


La professoressa Slesnick, docente di scienze umane presso la Ohio State University, ha ora i dati per dimostrare che esistono degli "hub" particolarmente efficaci nel raggiungere l’obiettivo di allontanare i giovani dal condurre una vita senza dimora, orientandoli a un'occupazione, all’avere un alloggio e una stabilità di comportamento.

"Molti ragazzi non vogliono andare nei ricoveri istituzionali e si nascondono per strada. Stanno evitando il sistema dei servizi perché sono stati maltrattati e traditi da tutti coloro che avrebbero dovuto amarli e prendersi cura di loro" spiega la professoressa Slesnick, che è anche fondatrice e direttore esecutivo della Ohio State Star House, un centro di accoglienza, non lontano dal campus, che si occupa di più di 800 giovani ogni anno.

"Hanno paura di essere depredati e vessati da persone più grandi di loro, nei dormitori e nei ricoveri istituzionali, e le formalità burocratiche per l'accoglienza a volte possono essere schiaccianti".

Per raccogliere dati necessari per lo studio, pubblicato nel numero di gennaio 2016 della rivista Prevention Science , i ricercatori hanno perlustrato boschi, edifici abbandonati, luoghi di confine e biblioteche di Columbus, Ohio, alla ricerca di adolescenti e giovani adulti senza fissa dimora e privi di rapporti con i servizi sociali.

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Lo studio ha incluso 79 giovani, a ognuno dei quali è stato assegnato un tutor il cui compito era quello di concentrarsi su esigenze e obiettivi individuali, contribuendo a mettere in collegamento ogni ragazzo con i servizi giusti per lui.

I tutor hanno cercato di legare la metà dei giovani ad un centro di accoglienza sperimentale e l'altra metà a un centro protetto per ragazzi in situazioni critiche, gestito dai servizi.

L'ottanta per cento di quelli invitati a visitare il centro di accoglienza si è presentato alle sue porte. Solo il 18 per cento di quelli del gruppo indirizzato al centro di crisi istituzionale ha in effetti cercato protezione e accoglienza lì. In effetti, il 31 per cento di quelli assegnati al gruppo di "protezione e crisi" alla fine è poi andato a visitare il centro di accoglienza sperimentale.

"Il modello del centro di accoglienza non è un sostitutivo di quello dei rifugi protetti, ma un'alternativa che offre speranza ai giovani senzatetto più difficili da raggiungere e coinvolgere", sostiene la professoressa Slesnick.


questi ragazzi sono una parte della popolazione
trascurata ed emarginata


"Ogni città ha bisogno di un centro di accoglienza di questo genere" ha sottolineato, aggiungendo che probabilmente ne esistono solo un paio di dozzine in tutto il paese.

"Questi ragazzi sono una parte della popolazione trascurata ed emarginata, poche sono le risorse destinate al loro problema. Per la maggior parte di loro, un ricovero temporaneo o addirittura la possibilità un semplice pernottamento, non è certo qualcosa che possa risolvere il problema".

I centri di accoglienza non sono progettati per essere residenziali. Non hanno letti. Quello di Columbus però è aperto tutto il giorno e fornisce cibo, docce calde, vestiti, dentifricio e sapone.

I giovani si fermano per un pasto, per lavare i vestiti e per fare una visita. C'è una sala per le attività artistiche e un'altra con divani di fronte a un grande schermo tv. C'è una palestra per il basket e una stanza dove le ragazze che aspettano un bambino possono sottoporsi a un controllo medico.

La professoressa Slesnick spera che le nuove evidenze messe in luce dalla ricerca possano convincere le autorità locali, statali e federali a investire più risorse in questi centri di accoglienza piuttosto che basarsi così pesantemente sui tradizionali luoghi di ricovero, in modo da aiutare anche quei giovani che difficilmente si presenteranno alla loro porte per chiedere sostegno.

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Nel complesso, i ragazzi senza casa e i giovani adulti, i quali sono stati senza dimora, per strada, per almeno tre mesi prima dello studio, sentivano una grande necessità di essere supportati e consigliati.

Sia che avessero fatto visita al centro di accoglienza sperimentale o al dormitorio, erano tutti decisi a incontrare almeno una volta quegli uomini e quelle donne che si proponevano di aiutarli.

Quelli assegnati al gruppo del centro di accoglienza hanno incontrato gli operatori una media di 17 volte in sei mesi. Quelli del gruppo del ricovero li hanno incontrati una media di 12 volte.

"Per alcuni di loro, avere un tutor non giudicante che li supportava è stata un’esperienza nuova, non avevano mai sperimentato prima qualcosa di simile nel rapporto con educatori e adulti. Hanno “abboccato” dice sorridendo la dottoressa Slesnick.

Entrambi i gruppi hanno fatto riscontrare miglioramenti nei valori rilevati in riferimento ai comportamenti, allo stato di salute e ai consumi, tra cui alcol, droghe e depressione. Ma il gruppo del centro di accoglienza sperimentale ha mostrato, nel corso dell'esperienza, grandi miglioramenti in diverse aree di comportamento e ha avuto più contatti con gli operatori e con le agenzie che forniscono aiuto.


i giovani senza dimora sono ad alto rischio di vittimizzazione e di suicidio
spesso hanno problemi di salute mentale e di abuso di droghe e alcol


Tre mesi dopo l'inizio dello studio, i membri del gruppo del centro di accoglienza hanno riferito di circa 15 contatti nel mese precedente, a fronte di 10 contatti per il gruppo del ricovero istituzionale.

Le stime nazionali (Usa) del numero di giovani senza fissa dimora variano ampiamente, da 500.000 a 2 milioni. Parte di questa imprecisione è dovuta al fatto che molti di loro non sono in rapporto con i servizi sociali che potrebbero aiutarli e, in questa situazione, ottenere dati certi è praticamente impossibile.

I giovani senza dimora sono ad alto rischio di vittimizzazione e di suicidio. Spesso hanno problemi di salute mentale e di abuso di droghe e alcol. Ma possono avere anche loro una vita piena e produttiva se vengono date loro le giuste opportunità e l'assistenza di cui hanno bisogno, sostiene la professoressa Slesnick.

"Abbiamo bisogno che questi ragazzi si sentano sostenuti e riconosciuti. Abbiamo bisogno che questi ragazzi rimangano lontano dalle strade”.

Prossimamente la professoressa Slesnick studierà più di 700 giovani senzatetto a Columbus, in Texas e in Florida, per cercare di ottenere ancora maggiori riscontri sull’efficacia di questi centri di accoglienza nel recupero dei giovani senzatetto, con l’obiettivo di allontanarli per sempre dalla vita di strada, riportarli ad avere una dimora fissa e a una progettualità per il loro futuro.


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