La vita è piena di disillusioni. Le credenze che uno sviluppa da solo o che ha acquisito dagli altri diventano spesso fonte di grandi delusioni, dando anche la sensazione di un vero e proprio tradimento, quando alla fine risulta che non sono vere.
Pensate, osserva lo psicologo Carl Pickhardt, autore di numerosi saggi sugli adolescenti, a quello che succede ai bambini. A un certo punto scoprono che la fatina dei denti o Babbo Natale sono in realtà finzioni create dagli adulti, cui hanno dato piena fiducia e in cui credono ciecamente. Il bambino comprende che anche i genitori possono intenzionalmente dire bugie.
Esiste una disillusione più forte di tutte, relativa al potere dei genitori e alla promessa implicita che i bambini credono abbiano fatto loro: salvaguardare per sempre la loro sicurezza. Promessa che il bambino traduce in affermazioni implicite quali: "Saremo sempre lì quando ne avrai bisogno", "Ti proteggeremo sempre dal male ", "Ti faremo prendere le decisioni giuste", "Sapremo sempre cosa fare."
Ma il tempo e l'esperienza fatta con i genitori presto annullano queste aspettative. Il bambino fa via via scoperte che stridono con le sue convinzioni. "Non saranno sempre lì quando ne avrò bisogno. Dovrò cavarmela da solo". " Non mi possono proteggere in ogni caso dal male. Mi accadranno cose brutte." "Non potranno prendere sempre la decisione giusta, e io a volte pagherò per i loro errori ".
"Loro non sempre sanno cosa fare. Devo capire e prepararmi da solo alla vita."
Una parte dolorosa della crescita di un bambino e poi di un ragazzo, riguarda proprio l’abbandonare la fiducia nel fatto che i genitori possano fornire sicurezza e protezione.
Consideriamo ora, prosegue il professor Pickhardt, una grande disillusione che arriva alla fine dell’adolescenza, relativa a questa certezza: "Quando avrò raggiunto l’indipendenza, sarò padrone della mia vita e potrò fare quello che voglio". Dopo tutto, non è forse questo l'obiettivo di tutto il turbolento percorso adolescenziale: essere in grado di gestire in autonomia la propria esistenza?
Ma adesso, dice lo psicologo, quando mi confronto con giovani adulti di venticinque anni, quello che sento da loro non è il grido di trionfo: "Finalmente libero!», ma, piuttosto, un gemito di disperazione: "Ora la mia vita è tutta sulle mie spalle!".
Che cosa è successo ?
Quando l'autorità dei genitori lascia finalmente andare i ragazzi e si fa da parte, "il sistema" prende il sopravvento. Quello che il giovane adulto scopre è che la protezione dei genitori metteva a disposizione una specie di rifugio in cui l'esposizione diretta alle esigenze più complesse e arbitrarie delle “autorità sociali” veniva mitigata.
Questa consapevolezza comporta un brusco risveglio. In confronto alle forze impersonali dell’adeguamento sociale e del rispetto sociale, gli atteggiamenti e i comportamenti dei genitori erano più protettivi, le loro esigenze e richieste erano minori. Le regole imposte dai genitori erano più indulgenti.
Ora devono pagare conti e bollette, mantenere un lavoro, devono fare la propria strada nel mondo rivedendo del tutto alcune idee su quelle libertà fondamentali che da adolescenti attendevano di poter avere. Il giovane adulto scopre ora che erano un ideale irrealizzabile, quasi truffaldino.
Quando si tratta di libertà di azione, adesso deve ammettere: "Io non sono libero di fare tutto quello che voglio." Quando si tratta di libertà individuale, "Io non sono libero di essere totalmente me stesso." Quando si tratta di libertà di parola, "Non sono libero di dire completamente quello che penso”. In merito alla libertà del proprio futuro,"Non sono libero di realizzare tutto quello che voglio”. Per quanto riguarda la libertà di trovare un lavoro interessante e significativo," Io non sono libero di iniziare professionalmente con un impiego che mi dia un sacco di soldi e che sia davvero appagante per la mia personalità".
Per cavarsela deve tener duro e procedere; per adattarsi a volte dovrà accettare cose che non gli piacciono; per comunicare e stare in relazione con gli altri, a volte dovrà tenere la bocca chiusa; per fare la propria strada, a volte dovrà prendere solo quello che può ottenere.
Come mi disse una volta un giovane, durante una seduta: "L'unica vera libertà adesso è quella di avere a che fare con tutte le difficoltà in cui mi imbatto".
Quel giovane malinconicamente ha concluso, in base all’esperienza che stava facendo: "Non sarò mai tanto libero da adulto quanto lo sono stato da adolescente. Allora, ho potuto ribellarmi, ho potuto mettere in discussione l'autorità, ho potuto ignorare alcune regole di casa mia, ho potuto starmene al di fuori dalla massa e non ho dovuto preoccuparmi di ritrovarmi solo. Molto di quello che volevo, l’avevo già ma in quel momento non lo sapevo. Potevo contare su genitori che mi sostenevano, avevano cura di me e mi proteggevano dalle responsabilità e dalle necessità degli adulti".
Si può capire la sua rabbia, conclude provocatoriamente il professor Pickhardt. Si sentiva tradito da quello che era stato portato a credere nel corso della sua adolescenza. Qualcuno gli aveva venduto un’illusione riguardo alle cose che avrebbero riempito la sua indipendenza, una volta che l’avesse raggiunta, e quel qualcuno si è rivelato poi essere lui stesso.