La perdita di un lavoro – o anche solo la paura che il licenziamento possa arrivare da un momento all’altro – può essere un evento catastrofico, non solo per il lavoratore che viene lasciato a casa ma anche per i membri della sua famiglia. Quando le paure economiche crescono, gli adolescenti sperimentano un clima di tensione e di ansia in una fase della vita in cui la stabilità è un fattore critico.
Chiaramente, il percorso migliore per puntare alla stabilità economica per questi ragazzi, che appartengono in genere alle classi sociali più povere, è quello di ottenere una laurea. Ma una nuova ricerca rivela una triste ironia: i disagi e l’insicurezza causati dai licenziamenti, si trasformano in un minor numero di ragazzi provenienti da famiglie povere che si iscrivono all’università.
"La perdita di posti di lavoro può sia peggiorare la salute mentale di un adolescente, sia abbassare il suo rendimento scolastico, "ostacolando la loro capacità di affrontare un percorso universitario", come scrive un gruppo di ricerca guidato da Elizabeth Ananat della Duke University, sulla rivista Science.
"La distruzione di posti di lavoro, porta all’esclusione di molti giovani dall’università".
Utilizzando i dati provenienti da tutti i 50 stati americani, che coprono gli anni dal 1995 fino al 2011, i ricercatori hanno confrontato le perdite di posti di lavoro a livello statale con il divario di iscrizione universitaria tra ricchi e poveri.
In particolare, hanno esaminato come i licenziamenti su larga scala che si svolgono in un determinato stato durante gli anni dell’adolescenza (dai 12 a 17 anni) impatti sui livelli di iscrizione al college quando i ragazzi raggiungono i 19 anni.
I risultati sono stati sorprendenti. "Un livello generale, all’interno di uno stato, di perdita di posti di lavoro del 7 per cento durante l’adolescenza, porta a una diminuzione del 20 per cento della probabilità che i giovani più poveri frequentino l’università. Questo calo è stato ancora più marcato per gli afroamericani".
È interessante notare, sottolineano i ricercatori, che questa tendenza "non varia in relazione al livello delle tasse universitarie nei vari Stati, e nemmeno in rapporto alla possibilità di avere aiuti finanziari". Questo suggerisce che tale situazione non è provocata (almeno, non esclusivamente) dal fatto che le famiglie non abbiano i fondi per pagare le tasse.
Piuttosto, sostengono i ricercatori, gli adolescenti che soffrono di questo tipo di trauma familiare – così come quelli che lo vedono accadere intorno a loro, e temono possa verificarsi anche all’interno della loro famiglia – sono ad alto rischio di problemi di salute mentale, come la depressione e l'ansia.
"I tentativi di suicidio aumentano di 2,33 punti percentuali tra i giovani neri in risposta alle perdite di posti di lavoro, a livello nazionale" spiegano i ricercatori.
Questo valore è "troppo elevato per essere dovuto solo ai giovani che sperimentano la perdita di posti di lavoro all'interno della propria famiglia", e suggerisce che la potenzialità realistico di disoccupazione dei genitori sia sufficiente per indurre pensieri suicidari.
Inutile dire che i ragazzi che soffrono di questi traumi emotivi spesso vedono il loro rendimento scolastico peggiorare.
Ad esempio, "troviamo che le perdite di posti di lavoro all’1 per cento della popolazione in età lavorativa, all’interno di uno Stato, nell’anno precedente, porta a una diminuzione dei risultati in matematica per i ragazzi coinvolti, nel corso della terza media" scrivono i ricercatori.
La professoressa Ananat ei suoi colleghi sostengono che i risultati della loro ricerca suggeriscono una forte necessità di programmi nuovi e migliori di riqualificazione, affinché "i lavoratori acquisiscano nuove professionalità e ritrovino in fretta occupazione".
Questi programmi non hanno avuto molto successo negli Stati Uniti; i ricercatori suggeriscono di adottare un modello utilizzato in Danimarca, caratterizzato da un programma con "intense attività volte ad accrescere le competenze dei lavoratori", il quale può produrre risultati migliori.
"Un tale approccio può assistere non solo direttamente coloro che hanno perso posti di lavoro: ne potrebbe anche beneficiare la comunità in senso più ampio" abbassando i tassi di disagio relativi a problemi di salute mentale tra gli adolescenti e aiutando i ragazzi delle famiglie a basso reddito a entrare all’università.
La situazione statunitense rispecchia per molti versi anche quella di paesi come il nostro. Qualcosa deve essere fatto per fermare questa spirale. La mobilità verso l'alto è sempre stata la promessa degli stati democratici; senza di essa, si rischia di fossilizzare il divario tra ricchi e poveri, una divisione che genera grande instabilità sociale e personale.