A Gennaio 2019 riparte l'avventura del master: "Minori e famiglie: accompagnare al futuro" che è pensato come percorso di studio, approfondimento e crescita, dedicato agli operatori che come assistenti sociali, educatori, psicologi, neuropsichiatri infantili e legali ecc., lavorano in servizi coinvolti o a supporto della tutela di minori e famiglie. Un'intervista a Stefano Cirillo, direttore scientifico del master e a Paolo Tartaglione, pedagogista e direttore didattico del master.
A Stefano Cirillo, direttore scientifico del master qualche domanda:
Tu sei uno dei pionieri che ha dato origine negli anni 80 a un movimento professionale e culturale di tutela delle famiglie e dei minori.
Sono cambiate molte cose e a volte le situazioni di cui ci occupiamo appaiono addirittura più complesse. Quali pensi possano essere oggi le nuove sfide e le finalità di servizi e professioni rivolti alla cura di minori e famiglie? Come si potrebbe essere "pionieri" anche oggi?
Alcune forme di violenza restano invariate, essendo strettamente connesse alla psicopatologia dell’adulto, come l’abuso sessuale, che non è correlato a condizioni sociali (se non in gravi situazioni di estremo isolamento che nei secoli hanno favorito l’incesto).
Altre sono maggiormente condizionate da fattori di tipo socioculturale: la povertà, la mancanza di istruzione, la perdita delle reti familiari e sociali connessa all’emigrazione vanno considerati stress maggiori che si scaricano sui genitori, i quali vengono minati nella loro capacità di rispondere adeguatamente ai bisogni dei bambini.
Certi casi di maltrattamento fisico feroce forse non li vediamo più, ma la trascuratezza resta il nemico numero uno da combattere, per i gravissimi danni che produce allo sviluppo del piccolo.
Forme più subdole di trascuratezza sono da ricercare nelle famiglie, anche non indigenti, in cui la scelta di avere un figlio risponde più che altro a un bisogno narcisistico e i genitori non sono pronti ad assumere responsabilità e sacrifici connessi alla genitorialità, lasciando i bambini e poi gli adolescenti in una sostanziale solitudine.
L’altro dramma è la violenza assistita: come mostra l’incremento dei casi di uxoricidio, impensabile due decenni fa, i figli sono profondamente a rischio, anche in situazioni meno estreme, di imboccare strade drammaticamente disadattive di identificazione con l’aggressione o di disperati tentativi di difendere la madre.
Anche a livello sociale viviamo un periodo di profondi mutamenti; chi sono oggi i "Cattivi genitori" e quale la nuova sfida nell'aiutarli?
La trascuratezza e il maltrattamento oggi sono la deriva di genitori sopraffatti da un compito di allevamento che non si sentono in grado di affrontare: per le difficili condizioni della propria esistenza, per le vicissitudini infantili vissute da bambini a loro volta trascurati e feriti, per la delusione che il vincolo coniugale non abbia saputo riscattare e riparare vecchie ferite.
Anche genitori meno compromessi, ma che la sera tornano dal lavoro carichi di stanchezza, finiscono per evitare di impegnarsi in battaglie educative che impongano la fatica di dire no o porre regole a misura di bambino e non di adulto. Oggi mancano anche momenti di divertimento e gioco condivisi tra genitori e figli.
Le sfide dunque non mancano: alla solitudine e alla sofferenza dei bambini si affiancano la solitudine e lo smarrimento degli adulti. Bisogna lavorare assieme sulle risorse che genitori e figli hanno, spesso nascoste e non valorizzate, celate dalle fatiche e dalle difficoltà del quotidiano.
Al di la della scarsità delle risorse investite sulla prevenzione, c’è la necessità di iniziative per accompagnare genitori e figli, in particolare nei momenti evolutivi complessi. Il bisogno di assistenza e cura crescente ci spingono alla creatività e all’impegno, senza cedere alla rassegnazione e allo scoraggiamento.
A Paolo Tartaglione, pedagogista e direttore didattico del master, qualche ulteriore domanda.
Qual sono i principi cardine di questa offerta formativa?
Gli Operatori che lavorano nei Servizi rivolti a bambini, adolescenti e famiglie in difficoltà vivono in questi anni una forte sensazione di isolamento; si sentono schiacciati dalle emergenze, spendono la maggior parte delle proprie energie nel cercare di non far tracollare le situazioni che destano maggiore allarme; hanno pochissimo tempo per sollevare lo sguardo dal quotidiano e ripensare agli obiettivi del proprio intervento e agli strumenti utilizzati, che spesso si rinnovano poco negli anni. La Didattica del Master è pensata proprio per favorire riposizionamento, maggiore conoscenza e valorizzazione reciproca delle Professioni protagoniste dei Servizi di Tutela Minori (Assistenti Sociali, Educatori, Psicologi, Neuropsichiatri Infantili): la composizione mista dell’aula, attraverso le attivazioni nei workshop e il lavoro di supervisione in piccolo gruppo, permette di sperimentare le potenzialità di un reale intervento multidisciplinare.
Nello stesso tempo, la possibilità – introdotta in questa nuova edizione del master – di scegliere una parte delle lezioni, permette allo studente di personalizzare il percorso, e specializzarsi su un settore di intervento che sente particolarmente vicino alla propria professione.
Il ruolo dell'educatore è nevralgico nei contesti di tutela; ha numerosi interlocutori, minori, famiglia, scuola servizi... in che modo il master può essere utile a chi svolge la professione di educatore ?
La figura dell’educatore, come dici tu, è senz’altro decisiva nella realizzazione dei progetti di cambiamento rivolti a minori e famiglie; per dire la verità, però, il coinvolgimento degli educatori risente ancora di una idea stereotipata di intervento educativo, e tipicamente gli stessi educatori tendono a proporsi in una posizione che non ne valorizza in pieno le potenzialità. Il Master propone un pensiero educativo protagonista in tutte le fasi dell’intervento, come elemento imprescindibile per attuare un reale cambiamento. Nello stesso tempo, l’educatore, come e ancor più delle altre professioni si sentirà sollecitato a declinare il proprio intervento nella direzione di favorire la crescita di bambini e adolescenti, apprendendo strumenti pensati per interpretare la Tutela non solo come protezione dai pericoli nel breve periodo, ma soprattutto come sviluppo di competenze e capacità di auto-tutela.
Nel programma del master compare il termine di imprenditore sociale. Chi è un imprenditore sociale?
Il “nostro” mondo è storicamente piuttosto lento ad accogliere i cambiamenti, ad apprendere nuovi strumenti e ad adattare i propri ai nuovi bisogni. Tendiamo a riproporre un corredo di interventi piuttosto limitato, e non sempre siamo pronti ad accogliere con favore le nuove sperimentazioni. Invece il contesto in cui operiamo è in profonda, continua e velocissima trasformazione. Lo stesso rapporto tra Sociale e Società ha bisogno di essere profondamente rivisto, perché un paradigma, quello sancito dalla Convenzione Onu dell’89, è oggi messo in profonda discussione, e questo ci deve spingere a cercare di aprire un nuovo capitolo nella relazione con la Società, anziché chiuderci “in trincea” a combattere battaglie di retroguardia. La Società, il territorio, non sono solo terreno di pericoli per i nostri utenti, ma sono soprattutto luoghi dove cercare nuove opportunità, e un futuro all’altezza degli sforzi di cambiamento che chiediamo loro.
Imprenditore Sociale non è pertanto solo chi apre nuovi Servizi, ma anche chi è capace di sperimentare, innovare, rischiare, importare il meglio di ciò che incontra in “altri mondi”, mettersi in discussione, spingersi su terreni inesplorati, anziché chiedere ai propri utenti di adeguarsi a ciò che i Servizi hanno imparato a fare anni fa. La parola imprenditore nel “nostro mondo” è vista con sospetto perché associata all’idea di profitto. Ma l’origine della parola rimanda invece all’idea di “intraprendere “ (ad esempio un viaggio) e “apprendere, imparare”.
Mi sembra lo spirito perfetto per iscriversi al nostro Master!
Per informazioni e dettagli sul programma www.master-tutela-minori.it
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