"Ho bisogno di un favore: puoi prendermi le pillole?" 'Puoi aiutarmi ad alzarmi?' "Puoi andare alla mia borsa e portarmi il flacone della medicina?"
Per più della metà dei suoi 16 anni, Debora, che frequenta la seconda superiore, ha risposto a richieste come queste per aiutare la nonna e la bisnonna a prendere i farmaci di cui avevano bisogno per curarsi.
"In sostanza, ho aiutato qualcuna di loro per la maggior parte della mia vita" racconta la ragazza.
Nonostante il ruolo essenziale che Debora e altri ragazzi come lei giocano nella vita degli adulti di cui si occupano, poco si sa su come imparano a gestire le cure che prestano, o quanto ne sappiano delle medicine che somministrano, che genere di soddifsazioni, frustrazioni e sfide incontrano giorno per giorno.
Per saperne di più, Julia Belkowitz, un medico-ricercatore e pediatra della Scuola di medicina dell’ università di Miami, e i suoi colleghi, hanno studiato 28 studenti delle scuole medie e superiori tra i 12 e i 19 anni. Il loro studio è il primo nel suo genere a dare uno sguardo completo a questa componente della popolazione. Hanno riportato i loro risultati in un articolo pubblicato dal Journal of Adolescence .
Attraverso una serie di focus group qualitativi, i ricercatori hanno indagato come i giovani gestiscano i farmaci.
Hanno utilizzato interviste semi-strutturate per valutare le loro responsabilità, le conoscenze sulle medicine, e altre cose riferite alle cure prestate ai parenti. I ragazzi facevano parte del Careing Youth Project dell'American Association of Caregiving Youth. La loro età media era di circa 15 anni e il 71% era di sesso femminile.
Per i medici, una maggiore consapevolezza sulla loro situazione è il primo passo da compiere.
"È importante per tutti i medici, indipendentemente dalla loro specializzazione, sapere che questa popolazione di giovani assistenti esiste; i medici dovrebbero tenerne conto quando stanno pianificando le cure dei loro pazienti" sostiene il dott. Belkowitz, professore associato di pediatria.
"Una delle cose che abbiamo scoperto in questo studio è che alcuni dei ragazzi hanno riferito che non solo si assumevano la responsabilità di gestire i farmaci a casa, ma in realtà erano anche quelli che ricevevano le istruzioni su come assumerli" spiega il dott. Belkowitz.
Questa scoperta sottolinea l'importanza di determinare chi sia responsabile della gestione dei farmaci.
"L'unico modo per farlo è chiedere".
Occorre procedere con attenzione, in ogni caso. "È importante sapere che alcuni genitori temono che se gli altri sapessero del ruolo che hanno i loro figli nelle cure mediche e in altre responsabilità assistenziali, le loro famiglie sarebbero considerare in modo anomalo e con sospetto, quindi queste conversazioni devono essere fatte in modo sensibile e non giudicante".
Diversi partecipanti allo studio hanno riferito di difficoltà nella comprensione delle istruzioni sull’assunzione dei farmaci, sia scritte che spiegate di persona da un operatore sanitario.
I dati dello studio indicano anche che i giovani caregiver interagiscono in modo sostanziale con i professionisti del settore medico, offrendo ai medici l'opportunità di sostenerli e di riconoscere il loro contributo al benessere del paziente.
"Ai tempi in cui mia nonna ancora camminava, il dottore si offrì di aiutarci con l'installazione di corrimano nel caso in cui ne avessimo avuto bisogno" racconta Debora. "E i sanitari ci hanno anche detto che avrebbero persino installato una sedia nella nostra doccia in modo che la nonna potesse sedersi e lavarsi".
"Una volta che i ragazzi sono stati identificati come assistenti dei familiari anziani o malati, dobbiamo chiedere loro come lo stanno facendo" continua il dottor Belkowitz. "Bisogna informarsi sull’impegno che stanno affrontando e sul tipo di supporto di cui hanno bisogno per non restare indietro a scuola, all’interno del loro ambiente familiare, in quanto, di fatto, reali caregiver dei malati”.
"Sappiamo dalla letteratura scientifica che il caregiving può avere un impatto significativo sulla salute mentale e sulle prestazioni scolastiche dei giovani, e abbiamo anche sentito molte storie di ragazzi che hanno subito ferite fisiche.
Ovviamente, dovremmo usare gli strumenti di screening disponibili e le indicazioni delle linee guida per il supporto, al fine di identificare i ragazzi che potrebbero soffrire di condizioni come ansia o depressione".
Un giovane su cinque ha affermato che il suo impegno nell’assistenza ai familiari gli ha fatto perdere un'attività scolastica o un'attività post-scolastica; il 15 per cento ha dichiarato che ha impedito loro di svolgere attività scolastiche e l'8 per cento ha dichiarato di non aver potuto svolgere i compiti a casa, secondo un sondaggio nazionale. I giovani hanno dichiarato di aver fatto assenze dalla scuola, anche fino al 38 per cento delle lezioni".
Debora è riuscita a trovare un modo per gestire la cura dei suoi parenti in modo tale da non penalizzare la sua vita scolastica o sociale. "Ho imparato a organizzare la gestione del tempo" ha raccontato.
Se adeguatamente supportati, questi adolescenti possono trarre benefici in termini di orgoglio e autostima, e nello stringere una relazione personale più forte con il familiare di cui si occupano.
Per la maggior parte, nello studio, i destinatari più comuni delle cure sono risultati essere i nonni, seguiti dai genitori e dai fratelli. Altri parenti, come cugini e zie o zii, così come persone non imparentate, sono risultati comunque altri destinatari dell’assistenza sanitaria prestata dai ragazzi.
I disturbi neurologici sono risultati in cima alla lista delle malattie, seguiti da diabete, declino funzionale / perdita di mobilità, asma, perdita della vista.
"La cosa altrettanto importante di questo studio è che abbiamo potuto ascoltare direttamente il punto di vista dei giovani” ha spiegato il dott. Belkowitz. "Abbiamo appreso che questi ragazzi si assumono molteplici e importanti responsabilità, spesso senza alcuna istruzione formale concernente il loro ruolo".
Debora ha imparato cosa fare direttamente “sul posto di lavoro”. Sua nonna le ha mostrato di quali medicine avesse bisogno quando doveva gestire il suo morbo di Parkinson. La sua bisnonna, diagnosticata con il morbo di Alzheimer, ha fatto lo stesso, fino alla morte.
Si stima che negli Stati Uniti circa 1,4 milioni di bambini e adolescenti tra gli 8 e i 18 anni aiutino i familiari a prendere le loro medicine e a svolgere le necessarie attività della vita quotidiana, secondo un sondaggio ormai vecchio, del 2005.
Da allora, gli esperti ritengono che il numero dei “badanti giovanili” sia aumentato a causa dell'invecchiamento della popolazione, dell’aumento delle cure domiciliari e di altri fattori.
I ricercatori hanno rilevato che gli adolescenti sono tipicamente esperti di tecnologia e, quelli con maggiori mezzi, sono forti utilizzatori degli smartphone. Elaborare strategie per utilizzare questa tecnologia potrebbe essere di grande beneficio per gli adolescenti che si trovano a gestire la somministrazione di farmaci.
Questo è precisamente il consiglio che Debora ha dato agli altri ragazzi nella sua situazione.
"Avere dei promemoria sul telefono cinque minuti prima che sia il momento di dare la medicina. In questo modo ci si può preparare, prendendo ad esempio una tazza d'acqua; in altri casi i malati devono assumere il farmaco a stomaco pieno, quindi occorre predisporre uno spuntino veloce o cucinare qualcosa".
Rimangono molte domande senza risposta, tra cui quale sia la fascia d’età prevalente tra i giovani che prestano assistenza. La ricerca futura potrebbe ampliare la fascia di età per includere i bambini di età inferiore ai 12 anni. In aggiunta, il dott. Belkowitz ha dichiarato: "Stiamo attualmente esaminando il punto di vista degli operatori sanitari pediatrici su questo tema e sul potenziale impatto della povertà sul ruolo dei giovani come assistenti sanitari. "
Nel frattempo, la nonna di Debora ha raggiunto uno stadio avanzato del Parkinson. "Mia nonna è ora a riposo a letto, non può camminare, parlare o sedersi per un lungo periodo di tempo” ha detto la ragazza.
"Ha dei giorni buoni e altri cattivi, a volte davvero non riesco a capirla - e devo avvicinarmi molto per comprendere quello che sta dicendo. Altri giorni sono davvero dei bei giorni, lei parla in continuazione e ride".
Un altro consiglio dato da questa ragazza, basato sull'esperienza, è di dire ai cari malati che si sarà sempre lì con loro per sostenerli, di ricordare costantemente alla persona di cui ci si sta prendendo cura che la si ama e che lo si sta facendo per questo, e che questo impegno non dà fastidio.
Ha raccontato che sua nonna una volta si è scusata "per essere una seccatura".
"È stato un momento davvero difficile per me” ha detto confessato, perché non voglio che lei pensi questo. Lo faccio per lei, perché voglio che ci si prenda cura di lei. Essere sempre lì è la cosa più importante. Le fa sapere che sono disposta a fare tutto il necessario perché, pur nella sua condizione, si trovi al meglio".
Quello dei giovani che prestano assistenza ai familiari è un tema che andrebbe indagato anche nel nostro paese, per dare sostegno e formazione ai ragazzi e per valorizzare la loro esperienza. Molte ricerche indicano infatti che, oltre a potenziali effetti negativi, psicologici e non, che vanno prevenuti, attività di volontariato, solidarietà e assistenza producono autostima e benessere psicologico nei ragazzi.