«Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita»(Paul Nizan, Aden Arabie, 1931)
Così descrive la sua tarda adolescenza Paul Nizan.
L’adolescenza, illimitatamente più tarda ed estesa oggi, forse il momento più critico dello sviluppo umano, fase di passaggio contraddittoria dove tutto sembra ormai essere stato deciso (poiché ciò che accadrà in futuro ha le basi nelle fasi di sviluppo precedenti) e dove tutto sembra poter ancora accadere.
Momento di massimo sviluppo corporeo e di maggiore indefinitezza identitaria , che gli adolescenti stessi descrivono spesso come un “essere in mezzo al guado”, ovvero la posizione più scomoda e pericolosa immaginabile : protesi nel futuro ma ancora legati al passato, e con il rischio e la percezione reale di poter cadere nel vuoto.
E questa paura e questo vuoto è da riempire con ciò che si trova sul mercato del consumismo sfrenato, tecnologico e relazionale. Anoressia e bulimia, conformismo e originalità, sesso o sessuofobia, promiscuità o isolamento: qualsiasi parossismo può tornare utile per riempire il vuoto tra il non più e il non ancora.
E’ forse per questi eccessi che l’adolescenza viene spesso fraintesa come patologia o reciprocamente diviene impossibile da definire nei suoi risvolti patologici. Chi si salva dall’adolescenza oggi sarà in realtà perduto domani: chi non trasgredisce trasgredirà all’infinito nella post adolescenza e nell’età adulta. Gli adolescenti che ce l’hanno fatta a uscirne sembrano suggerirci che l’importante è venirne fuori senza troppi danni. Lo dicono a noi adulti che le ammaccature della nostra adolescenza le abbiamo rimosse negli angoli più in ombra della nostra mente come si trattasse di un parto doloroso. Preserviamo ciò’ che rimane della nostra adolescenza gelosamente, come ultima risorsa ancora utile per i cambiamenti futuri, antidoto contro il conformismo della maturità’ omologata e rassicurante che ripone le proprie speranze proprio in quell’adolescenza trascorsa , privata oggi di ogni potere di parola (dal discorso politico e pubblico) e futuro. Gli adolescenti, con la loro vitalità e disinteresse per il futuro (troppo incerto e angosciante!) sembrano sbeffeggiarsi delle nostre (false?) certezze. La sicurezza economica per loro non è di alcuna rassicurazione, ma è solo un mezzo per consentire gli eccessi di cui si ha bisogno, magari per sdrammatizzare l’ impotenza e il divenire adulti: perché’ il divenire adulti non è per loro affatto rassicurante. Genitori separati, disoccupazione diffusa, conflitti e guerre sempre più’ cruente e spettacolarizzate dai media non sono un orizzonte rassicurante in cui potersi collocare. Come Miguel Benasayag l’ha ben definita, questa, a ragione, può’ essere considerata come “l’epoca delle passioni tristi”.
Adolescenti e media
Essere è esser connessi: sono connesso dunque sono, questo il nuovo credo relazionale degli adolescenti. E più il mezzo (il social) e’ immediato e istantaneo più io sento di esserci: una trasformazione antropologica di cui è prematuro oltreché impossibile valutare l’impatto e le conseguenze sulla sfera cognitiva. Tutto viene consumato nel qui ed ora della comunicazione, ogni appuntamento e impegno preso può essere riconsiderato, tutto diviene fluido e rivedibile e non a caso qualcuno, a ragione, ha definito l’attuale come “adolescenza liquida” (A. Casoni 2008). La sostanza dei legami e’ fatta di una precarietà sconosciuta alle generazioni precedenti: tutto e’ reversibile nel mondo che ha bandito ogni rassicurante certezza; la sperimentazione e’ continua ma la percezione è del rischio di rimanere sotto le macerie di un edificio costruito sulla sabbia.
L’identità, alla luce di questa mobilità psichica continua e destrutturante, sembra essere sempre più un’orpello pesante e indesiderato: cosa farsene di un’ancora quando il proprio destino percepito è di un movimento continuo? In realtà questi adolescenti sembrano cavarsela nella modernità’ meglio degli adulti, nostalgici di un mondo che non c’e’ più e in affanno continuo con l’ innovazione tecnologica cui non riescono spesso a star dietro. Loro, gli adolescenti, privi di zavorre, sono più predisposti alla mimesi che le mutazioni tecnologiche continue implicano. Cambiare e adeguare di continuo se stessi e la propria immagine è qualcosa di vertiginoso ed emozionante e agli adolescenti d’oggi piace provare emozioni forti che contrastino il vissuto angosciante dell’assenza di ogni certezza legata al futuro. E’ un modo adattivo per imparare a gestire l’angoscia di tempi angoscianti. Il cambiamento quindi è il nuovo credo e la storia il nemico da abbattere: ciò che è nuovo è di per se buono e ciò che ha una storia è da rifiutare perché vecchio, anacronistico, inservibile.
L’adolescente e il corpo
Il corpo e’ il mezzo su cui sperimentare il proprio potere, la propria potenza (ma anche la propria impotenza) ma anche il luogo su cui torna contraddittoriamente la storia rimossa: tatuato, taggato, trafitto da piercing, modificabile all’infinito, oggetto di investimenti narcisistici illimitati, su di esso si inscrive in modo irreversibile e tribale il destino indentitario del soggetto, il suo ideale dell’ Io generazionale: frasi incise permanentemente sulla pelle per il timore che il fluire continuo delle mutazioni le faccia dimenticare, ideali orientali di bellezza estetica attraenti perché lontani da canoni prossimi rifiutati come ordinari, ornamenti Maori rappresentanti di una virilità e determinazione sconosciuta e antidoti simbolici contro l’impotenza sociale: nella ricerca dell’originalità si cade spesso nell’omologazione rassicurante. Il corpo è spesso considerato un orpello pesante e ingombrante, luogo di ogni ambivalenza, corpo problematico e pieno di criticità perché in adolescenza segna in maniera irreversibile il passaggio alla fase adulta. Luogo di ogni vergogna, perché diviene sessuato, desiderante, pulsionale e intenzionato verso il corpo dell’altro: il corpo diviene l’interfaccia sociale e non solo più familiare. Il suo troppo repentino sviluppo, il suo complesso processo di mentalizzazione, crea imbarazzo nell’adolescente .Gustavo P. Charmet riporta la descrizione di alcuni adolescenti che parlano del proprio corpo come “una specie di animaletto che sono costretti a portare a spasso ogni tanto”.
L’adolescente e i genitori
Il sempre più rapido sviluppo ha avuto come corollario una sempre più’ marcata distanza tra le generazioni e ciò è causa di una comprensibile diffidenza e conseguente incomunicabilità’ . Il ruolo dei genitori è sempre più un “compito impossibile”.
Zygmunt Bauman afferma che:
“ciò’ che per una generazione può essere considerato il modo “normale” in cui ” vanno” o “vanno fatte” le cose , e in cui quindi “dovrebbero” andare o essere fatte, può essere considerato da un’altra una sorta di aberrazione : uno strappo alla norma, qualcosa di bizzarro o addirittura illecito e insensato, scorretto abominevole,detestabile e grottesco, che esige disperatamente di essere rettificato”.pag 14
Alla luce di queste affermazioni risulta chiaro che lo sviluppo delle relazioni intra-familiari è soggetto a una sostanziale incomprensione anche perché’ come afferma lo stesso Bauman le differenze nella percezione della realtà’ sono talmente complesse che oggi i giovani ” non sono più considerati dai rappresentanti delle generazioni precedenti ” aspiranti adulti” ne come ” esseri non completamente maturi che però si faranno” ,che prima o poi apriranno gli occhi per comprendere come và il mondo, ma le differenze tra le generazioni sono considerate definitive, “irrevocabili”.pag 15
Inoltre la crisi economica apre tra le vecchie e nuove generazioni un nuovo paradosso. Le vecchie generazioni, i nuovi attuali genitori hanno vissuto, a differenza delle generazioni dei propri padri (i nonni) un’epoca di relativo benessere e fiducia nel futuro dove tutto sembrava possibile (idea dello sviluppo illimitato) e hanno comunicato , magari inconsciamente, una aspettativa del tutto simile alle nuove generazioni. E’ ben chiaro che questa aspettativa pare dover oggi essere disattesa e le nuove generazioni di adolescenti non possono non constatare che le aspettative dei propri genitori (anche nei loro riguardi) risultano irrealistiche. E’ difficile per ora immaginare quale conseguenza ha questa dinamica sul principio di Autorità e Autorevolezza che media le rappresentazioni tra genitori e figli e sui processi educativi che i genitori dovrebbero presiedere con l’esempio delle loro scelte, etiche e morali.
Ma è proprio nel campo dell’educazione che per i genitori si prepara l’ennesima sconfitta con i propri figli adolescenti:
“L’educazione dei figli è certamente il campo in cui è più difficile accettare l’irriducibile discontinuità’ tra i nostri atti e il risultato. La neuropsichiatria infantile mostra ogni giorno che c’è un rapporto molto debole tra la volontà educativa dei genitori e il divenire del bambino. Tutto quello che posso fare è educare mio figlio in senso positivo, assumere il mio ruolo di istituzione, essere un punto di riferimento stabile. Questo sarà però soltanto un vettore tra quelli che produrranno la risultante.Ildivenire di mio figlio non sarà identico se non svolgo il mio lavoro di genitore, ma la mia presenza al suo fianco non è tuttavia sufficiente per farmi prevedere un risultato”. M Benasayag pag 73-74.
Oltre ogni pessimismo nichilistico non si può che credere e sperare che gli adolescenti di oggi saranno gli unici a poter vivere e interpretare il continuo cambiamento del mondo di domani. Gli unici a poter interiorizzare , nella struttura mentale, il cambiamento antropologico in corso, la vertiginosa mutazione continua. D’altronde mentre le società occidentali mostrano il loro anacronistico volto gerontocratico nei poteri reali e nelle scelte politiche ed economiche, l’innovazione tecnico-scientifica e culturale è nelle mani di uomini e donne poco più che adolescenti. Il futuro è quindi nelle loro mani.
Articolo pubblicato nel volume “Adolescenza e Pseudoadolescenza”, ediz. Franco Angeli
Bibliografia
- Paul Nizan ,Aden Arabie , Maspero Editeur , 1960
- Miguel Benasayag , Lepoca delle passioni tristi, Feltrinelli 2013
- Arturo Casoni(a cura di) Adolescenza Liquida, EDUP 2008
- Gustavo Pietropolli Charmet, Antonio Piotti , Uccidersi, Raffaello Cortina 2009
- Zygmund Bauman, Cose che abbiamo in comune, 44 lettere dal mondo liquido, Laterza 2013
- Miguel Benasayag, Contro il niente, l’ABC dell’impegno, Feltrinelli 2005