"Never Mind" di E. St Aubyn, è il primo di 4 romanzi pubblicati in Italia in un unico tomo dal titolo I Melrose.
Si tratta di un romanzo in gran parte autobiografico e forse per questo l’autore riesce a scrivere così potentemente il vissuto del piccolo Patrick di fronte al trauma dell’abuso.
Patrick viene ripetutamente abusato dal padre nel corso degli anni, con conseguente lacerazione della sua delicata anima. Nessuno lo salverà e così si troverà solo, arrabbiato e ferito a continuare la propria sofferta esistenza.
Nel romanzo troviamo descritti con la forza di chi ha sperimentato sulla propria pelle, alcuni tipici meccanismi di difesa messi in campo dalla mente umana per provare a mettersi in salvo. La continuità dell’esistenza, il senso di stabilità del Sé, l’integrità psichica hanno subito un importante attacco a cui l’individuo risponde con l’uso di meccanismi di difesa:
- Dissociazione / Depersonalizzazione
- Onnipotenza
- Coazione a ripetere
“La cosa peggiore è quando al trauma viene opposto un diniego, ovvero l’affermazione che non è successo niente" (S. Ferenczi)
Secondo Bion, l’esperienza traumatica provoca un’esplosione della barriera di contatto che separa i pensieri consci da quelli inconsci, dissolvendo la separazione fra vita e morte, tra l’essere vivo e l’essere morto. L’esplosione provoca uno spazio mentale a cui non corrisponde alcuna immagine visiva, una sorta di immensità, uno spazio infinito, il nulla.
La mente è stata distrutta, non può costruire immagini e quindi dare significati, si riduce allo stato di assoluta impotenza. In tale stato le emozioni sono trascinate e disperse nell’immensità. La formazione di questo vuoto cosmico comporta l’annientamento del tempo, l’impossibilità di trasformare i dati sensoriali in immagini visive e in pensieri ordinati in una narrazione sequenziale.
Assoluta impotenza, come quella provata da Bion stesso nel ruolo di Comandate durante la seconda guerra mondiale: “Non era incubo, né veglia, né sonno… uno non pensava, uno non guardava: uno fissava”.
Dall’impotenza all’onnipotenza fredda e distanziante come fuga dalla realtà e dal terrore.
- “Signore! Signore! Perché non riesco a tossire?... “Che domanda! Che momento….” Gli guardai il petto… gli mancava tutta la parte sinistra del torace …” Quando vide le budella là dove avrebbe dovuto trovarsi la parte sinistra del torace … Bion cominciò a vomitare senza freno, senza potersi fermare. “Mettiti giù, accidenti a te!...
“Mamma….mamma…mamma” “Bè ringraziai Iddio per quella sua maledetta mamma. Ora per lo meno potevo stare un po’ in pace, e tener d’occhio il bombardamento.”
“Signore! Scriverà a mia madre, vero?”
“Desideravo che stesse zitto. Desideravo che morisse. Perché non può morire?”
“Sweeting, per piacere Sweeting… per piacere sta zitto!”
“ Scriverà davvero, signore, eh?...”
“E poi, credo, morì. O forse fui solo io” -
Per superare il trauma: Raccontare, sognare.
Sognare per sopravvivere!
Chagall: “…dipingo come addormentato, in sogno”.
Nei quadri di Chagall convivono i contrari, coesistono le contraddizioni, si contaminano le forme. Nella sua notte brillano il sole e la luna, la vacca è un agnello, il maschile è anche femminile, la sposa bifronte, gli amanti si separano restando uniti, gli occhi sono aperti e chiusi, ebraismo e cristianesimo si fondono, morti e vivi convivono in un’illimitata accoglienza dell’essere e del nulla.
Non avviene forse questo anche in Comunità?
Gli opposti possono incontrarsi nell’immaginazione creativa della mente gruppale, permettendo che le esperienze e le emozioni sottostanti possano essere tenute, pensate, narrate e digerite.
Così come l’immaginazione in Chagall, il sogno in Freud ed in tutto il pensiero psicoanalitico acquista una funzione salvifica, permettendo alle esperienze una possibilità di accostamento che porta alla loro trasformazione da pensieri indicibili e quindi impensabili a narrazioni possibili.
Il limite diviene possibilità nel momento in cui può essere condiviso e trovando spazio nell’area relazionale ed affettiva, viene superato e diventa sollecitazione a vivere in modo autentico sé stessi e la propria esistenza.
“Raccontare è umano e dà luogo all’umano, alla memoria, alla partecipazione, alla comprensione… raccontare è dare senso” (Virginia Woolf).
Bibliografia
Edward St Aubyn “I Melrose” Neri Pozza Editore
Virginia Woolf “Gita al Faro” Mondadori Editore
Virginia Woolf “Una stanza tutta per sè” Rizzoli Editore
Virginia Woolf “La signora Dalloway” Mondadori Editore
Sigmund Freud “Opere complete” Einaudi Editore
Bion “Il cambiamento catastrofico; La griglia; Caesura; Seminari brasiliani” Loescher Editore
Ferenczi “Opere” Raffaello Cortina Editore