“I pesci rossi nella palla di vetro nuotavano con uno slancio,
un gusto di inflessioni del loro corpo sodo,
una varietà d’accostamenti a pinne tese,
come se venissero liberi per un grande spazio.
Erano prigionieri.
Ma s’erano portati dietro in prigione l’infinito.”
Emilio Cecchi
“Mi sento come in una bolla, il mondo appare lontano”.
Con queste parole l’educatore di una Comunità per minori descrive il proprio sentire nell’attuale complessa situazione sociale, professionale e personale caratterizzata dall’Emergenza Covid19.
La Comunità continua il suo percorso: i bimbi vengono svegliati al mattino, aiutati nell'igiene personale e nella preparazione della colazione; segue il momento dell'apprendimento, non più a scuola ma nella stanza dei compiti e poi gioco, pranzo, pomeriggi nel giardino della struttura, docce, cena e accompagnamenti attenti al sonno ristoratore.
Questo si sussegue ogni giorno e la Comunità si riempe delle voci ora festanti ora disperate dei bambini che comunque continuano, nello spazio relazionale co-costruito insieme al gruppo educativo, a significare i drammatici eventi della loro giovane esistenza.
Come pesciolini rossi, bimbi ed educatori, nuotano lontano da un mondo lacerato, brancolante, traumatizzato dalla potenza lucida del virus.
Nel mondo là fuori, oltre “la palla di vetro”, ci si distanzia, ci si isola frastornati dal silenzio delle città deserte e turbati dal vuoto lasciato dall'improvvisa assenza degli impegni professionali. Il contatto è stato vietato, le carezze demonizzate e perfino il sorriso non può essere donato per la presenza delle mascherine.
“Il potente è caduto, giace a terra. Per amore della vita la forza deve cedere. Dovrà essere ridotto il raggio della vita esteriore. Molta più intimità, fuochi solitari, caverne, grandi foreste oscure, piccoli insediamenti di pochi individui, fiumi dal pigro corso, silenti notti invernali ed estive, poche navi e pochi carri, e tener nascosto in casa ciò che è raro e prezioso. Da lontano i viandanti si mettono in cammino su strade solitarie e vedono le cose più varie. La fretta diventa impossibile, cresce la pazienza. Tace il frastuono del giorno secolare, e all’interno divampa il fuoco che scalda. Attorno al fuoco siedono le ombre di un tempo, si lamentano sommesse e danno notizie del passato. (…) Tra noi arde un antico fuoco segreto che manda poca luce e grande calore. Il fuoco ancestrale, che ha vinto ogni necessità, deve tornare ad ardere, poiché la notte del mondo è lunga e fredda, e grande è la necessità. Il fuoco ben custodito riunisce quelli che sono lontani e quelli che sono infreddoliti, quelli che non possono vedersi né toccarsi, esso vince la sofferenza e spezza la necessità.” (Carl Gustav Jung)
Il Covid19 con la sua mortale virulenza ha mostrato la fragilità delle società umane, creando una devastante ferita narcisistica. La sofferenza patita ha inflitto all'Umano l'esperienza del trauma.
L'esperienza traumatica provoca un’esplosione della barriera di contatto che separa i pensieri consci da quelli inconsci, dissolvendo la separazione fra vita e morte, tra l’essere vivo e l’essere morto. L’esplosione provoca uno spazio mentale a cui non corrisponde alcuna immagine visiva, una sorta di immensità, uno spazio infinito, il nulla. La formazione di questo vuoto cosmico comporta l’annientamento del tempo, l’impossibilità di trasformare i dati sensoriali in immagini visive e in pensieri ordinati, in una narrazione sequenziale.
Tutto questo appare lontano dalla “palla di vetro”: in Comunità le attività proseguono incessantemente, la forza esistenziale dei bambini esige e chiama la cura vitale del gruppo educativo.
L'educatore nell'entrare in comunità, lascia alle spalle un territorio profondamente diverso da quello che sta per incontrare; come Alice del paese delle meraviglie, entra dentro uno specchio, varca una soglia e lascia dietro di sé il silenzio, il vuoto, la paura per entrare in un mondo vivace, pieno, significante. Faticoso è il continuo passaggio da una dimensione all'altra, la mente si confonde e chiede contenimento; ma la comunità è un involucro, è una fitta rete che tiene e che nell'incontro con l'Altro trova la propria essenza e la propria funzione educativa, sociale, umana.
“-Ce la caveremo, vero, papà?- <Sì. Ce la caveremo.> -E non ci succederà niente di male.-
<Esatto.> -Perché noi portiamo il fuoco.- <Sì. Perché noi portiamo il fuoco.>” (The Road C. McCarthy)
In Comunità l'autenticità delle relazioni permettono la co-costruzione di narrazioni che riguardano i singoli e il collettivo; in comunità si mette la parola, si creano storie che come calde coperte riscaldano. “Portare il fuoco” significa portare la Legge della Parola dopo aver sentito il rumore del silenzio, il boato del vuoto, la disperazione dell’assenza.
Come nel libro/film "La strada", in Comunità si realizza un viaggio verso il mare dell’esistenza perché il figlio lo chiede, ne ha diritto, perché è “l’ultimo degli dei”, è “una luce” e“... finché esiste il bambino esiste la possibilità di Dio”, esiste una speranza, un desiderio, esiste la parola.
Bibliografia
- Emilio Cecchi, Pesci rossi, Ed. Elliot
- W. Bion, Cogitation Pensieri, Armando Editore
- Anna Ferruta, Giovanni Foresti, Enrico Pedriali, Marta Vigorelli, Le Comunità Terapeutiche Tra mito e realtà, Raffaello Cortina Editore
- C. G. Jung, Libro Rosso, Bollati Boiringhieri
- Cormac McCarthy, La Strada, Einaudi, 2007