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La timidezza, in alcuni casi estrema, di molti adolescenti può essere un pesante limite per il loro sviluppo e deve quindi essere considerata e affrontata dai genitori, anche perché in gran parte non è un tratto caratteriale ma risulta provocata evolutivamente dalla crescita.

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A volte la timidezza dei giovani viene sottovalutata dagli adulti, perché nell’insieme delle emozioni negative e nella difficoltà dell’affrontarle può sembrare poca cosa.

Rispetto a stati d’animo e tratti caratteriali più pesanti e dolorosi come la solitudine, la diffidenza, la paura, la gelosia, la sofferenza, la rabbia, ad esempio, la timidezza sembra essere solo un piccolo disagio.  

In fondo, si pensa comunemente, la timidezza è solo la difficoltà e l'esitazione a esprimersi verbalmente e a interagire con gli altri, un'ansia sociale minore (rispetto a una fobia, per esempio). A volte può essere anche funzionale in quanto indica quello che non si vuole fare o le situazioni che non sono fatte per noi.

Tuttavia, avvertono gli esperti di psicologia dello sviluppo, nel contesto adolescenziale deve essere considerata con attenzione.

Mentre alcuni ragazzi accolgono con favore la crescente libertà di frequentazione sociale e di esperienza esterna alla famiglia che porta l'inizio dell'adolescenza, altri possono trovarla eccessiva e precoce. Invece di diventare più estroversi ed espansivi con questa opportunità, possono al contrario diventare più inibiti e chiusi in se stessi.

Rifugiandosi nella timidezza, evitano di interagire perché l'esposizione li fa sentire meno sicuri durante un'età di rapido cambiamento e più vulnerabili. La timidezza è infatti un'insicurezza di cui si è coscienti nelle situazioni sociali, che fa sentire a disagio nel parlare, interagire e unirsi agli altri.

Sentirsi timidi porta ad agire in modo timido, portando infine all'evitamento sociale. Nel peggiore dei casi, può dare inizio una forma prolungata di isolamento e solitudine.

La timidezza adolescenziale può generare impazienza nei genitori perché, con loro frustrazione, vedono il loro ragazzo o la loro ragazza comportarsi come il proprio peggior nemico. Li vedono rifuggire dalle interazioni sociali e dagli inviti che allo stesso tempo dicono di volere, comportandosi da solitari invece di essere espansivi, silenziosi invece che comunicativi.

Anche se un po' di timidezza è data dal temperamento, gli esperti sostengono che la maggior parte dei casi di timidezza dei giovani adolescenti sia causata dallo sviluppo. L’esitazione nasce dal fatto che agire in situazioni sociali diventa sempre più importante.

Tra la fine delle medie e l’inizio delle superiori si situa il periodo in cui un giovane inizia ad avere maggiore libertà di movimento, di relazionarsi e di costruire amicizie.

L'appartenenza e il riconoscimento sociale ora contano di più, il confronto nelle relazioni tra pari e la sfida per avere un ruolo sociale possono sembrare scoraggianti, quando l'interazione diventa più competitiva e aggressiva.

Nel peggiore dei casi, si verificano atti di aggressività sociale: prese in giro, esclusione, bullismo, pettegolezzi e alleanze “avversari”. In questo momento, rifuggire dalle relazioni sociali può essere una via d’uscita allettante.

La timidezza può essere protettiva. Tuttavia, quando annulla la comunicazione, evita l'interazione e impedisce la partecipazione, può limitare la crescita.

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Basta pensare a un contrasto e al modo diverso di comportarsi di due ragazzi: uno che agisce in modo assertivo e uno che si comporta in modo timido. Mentre lo studente assertivo riesce a parlare, relazionarsi, unirsi, interagire e partecipare; lo studente timido tace, si ritira, evita, si separa e si isola.

La timidezza dello stile di vita può avere un costo quando condanna qualcuno all'isolamento sociale.

Un genitore dovrebbe quindi aiutare un figlio a superare la timidezza, senza sottovalutarne le conseguenze. Sostenerlo nel trovare persone con interessi comuni. Condividere ciò che piace anche ad altri, rendere più facile entrare in rapporto.

Spingerlo a unirsi a un gruppo della comunità, a far volontariato oppure sport o attività artistiche. Portarlo a vedere positivamente la propria immagine. Fargli comprendere che tutti hanno un po’ di timidezza, fargli sentire la timidezza come parte della vita umana.

La timidezza andrebbe considerata come una sfida sociale. Riconoscere lo sforzo compiuto dai ragazzi. La “lotta” alla timidezza si misura dal tentativo, non dal risultato.

Un giovane va sostenuto nel volersi bene, facendo sì che non lasci che la timidezza lo tenga lontano dalla compagnia sociale che desidera.

Più un giovane cresce, più le occasioni di incontro sociale diventano impegnative e preziose. In queste occasioni formali e informali, quando la timidezza rende più difficile comunicare e interagire, a volte il consumo illecito di alcol può venire in soccorso, fornendo aiuto per sciogliere le inibizioni e rilassarsi.

La soluzione di un problema può creare un problema di un altro tipo: fare regolarmente affidamento sull'alcol (o su un'altra sostanza) per superare la riservatezza sociale.

Un genitore deve sostenere i figli a “combattere” con sobrietà la timidezza, in quanto l’esito è molto più sicuro e consolidato di quanto non accada avvalendosi del supporto delle sostanze. La timidezza, infatti, è una forma di vulnerabilità certo non delle più gravi ma, se sottovalutata, può portare a comportamenti autolesionistici che possono avere pesanti conseguenze nello sviluppo della personalità.


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