L’esercizio e il far pratica consistono in uno sforzo ripetuto per mantenere o rafforzare un’abilità o uno stato di cose, un impegno che può risultare noioso e insostenibile a un adolescente.
In un'età in cui attività nuove, diversificate, entusiasmanti, suscitano interesse, ripetere esercizi abituali può sembrare una perdita di tempo prezioso. Alcuni ragazzi non riconoscono l’importanza dell’esercitarsi, del far pratica.
I lati positivi dell’esercizio
I genitori devono produrre una risposta positiva a questa perplessità e resistenza al far pratica, perché questa si rivela un'abilità di vita molto preziosa.
È essenziale per costruire routine come supporto agli impegni, come il saper programmare e organizzare i compiti scolastici; per concentrare l'energia necessaria al prestare attenzione; per padroneggiare una determinata abilità.
Allenarsi ripetendo un certo comportamento può promuovere l'autocorrezione, migliorare le prestazioni in un gioco di competizione, sostenere cambiamenti nella situazione familiare, accrescere la propria resistenza per affrontare situazioni impegnative, ma migliorare l'autodisciplina e la volontà di lavorare.
Gli esperti di sviluppo adolescenziale sottolineano che diventare bravi in una certa cosa facendo pratica può giovare a un adolescente in molti modi, migliorando il benessere personale sia sotto l’aspetto fisico che mentale.
Far pratica è più facile quando si riferisce a qualcosa di interessante o divertente da fare, quando è collegata a qualche incentivo, e talvolta quando la si fa in compagnia. Ad esempio nel caso in cui, volendo raggiungere una migliore condizione fisica, il giovane sceglie di andare a regolari sessioni di fitness perché la pratica di allenarsi in un gruppo sembra più congeniale a raggiungere il risultato che farlo da solo.
Far pratica del cambiare i comportamenti
Esiste poi un far pratica come approssimazione o simulazione, quando si agisce così come si vorrebbe in una situazione reale.
Ottenere un eloquio più fluente esercitandosi a parlare, indipendenti praticando più responsabilità, più sinceri praticando la verità, degni di maggiore fiducia esercitandosi a rispettare gli impegni.
E poi ovviamente lo sport, la socializzazione attraverso l’adesione a gruppi, organizzazioni, il volontariato.
Con la pratica, gli adolescenti possono imparare a darsi una struttura e a rinnovarla continuamente. La pratica, in questo modo, assume un forte valore formativo e educativo.
Quando la pratica può nuocere
La pratica può essere tuttavia un’arma a doppio taglio. Può creare abitudini auto-migliorative che sono benefiche, ma può anche generare abitudini controproducenti e dannose. Quando ad esempio il ragazzo può voler provare qualcosa di non salutare con i compagni dicendosi che lo farà una volta e basta, giusto per “provarci”. Scelte analoghe in occasioni sociali successive possono gettare le basi per un uso regolare. La ripetizione è a suo modo seduttiva.
La pratica può creare abitudini, modi di agire che sospendono il proprio potere decisionale, automatismi da cui si dipende regolarmente senza pensare. Questi possono rivelarsi sia un bene che un male. Nel bene, la ripetizione può creare regimi sani e routine efficienti su cui fare affidamento; nel male, la ripetizione può supportare compulsioni malsane e dipendenze distruttive che possono essere molto difficili da interrompere.
In quanto elemento costitutivo delle abitudini, la pratica può essere produttiva o problematica. Spesso è più facile entrare che uscire da una cattiva abitudine, ma di solito vale la pena investire in buone abitudini perché possono prendersi cura di noi.
In definitiva, la pratica aiuta perché crea abitudini, agire costantemente in un certo modo rende più facile e più probabile che si agisca di nuovo in quel modo. Stabilisce modelli di comportamento personale che vengono seguiti automaticamente, alcuni positivi e altri no.
Su questo deve agire la responsabilità educativa dei genitori. Quando si tratta di sviluppo, mantenimento e miglioramento delle abilità, la pratica è lo strumento migliore. All’opposto, un adulto deve saper intervenire quando avverte che il figlio ha un'abitudine dannosa, la quale rappresenta il lato oscuro e distruttivo dell’esercizio e della ripetizione.