Molti adolescenti a un certo punto della loro vita si trovano a dover convivere in modo più complicato con la propria timidezza. In alcuni di loro, questa diventa tanto forte da raggiungere il livello della fobia sociale o del disturbo d'ansia sociale.
Per questo gruppo di ragazzi la timidezza diventa dolorosamente debilitante. Può limitare la loro capacità di fare amicizia, inibire la loro disponibilità a nuove esperienze e compromettere il loro rendimento scolastico.
Il nome clinico di questa caratteristica caratteriale, spiegano gli esperti, è fobia sociale, anche se la maggior parte delle persone la comprende meglio come ansia sociale. Secondo studi effettuati, la prevalenza del disturbo d’ansia sociale è poco più del 9%, con un’età media di esordio che cade tra la prima e la metà dell’adolescenza, ma alcuni esperti ritengono che l’età di esordio possa essere anche più precoce, già a sette anni.
Come si fa a sapere se un bambino è semplicemente timido o se sta succedendo qualcosa di più problematico che potrebbe richiedere un intervento specialistico?
Senza elencare i criteri diagnostici completi per il disturbo d’ansia sociale, le sue parti fondamentali sono legate a una marcata paura o ansia nei confronti di una o più situazioni sociali in cui l’individuo è esposto al possibile esame da parte degli altri.
Gli esempi includono situazioni sociali (ad esempio, avere una conversazione, incontrare nuove persone); essere osservato (ad esempio, mangiare o bere); o esibirsi di fronte ad altri (ad esempio partecipando a una lettura in classe o facendo una presentazione davanti ai compagni).
La paura generata da queste situazioni può essere molto intensa. I bambini più piccoli possono piangere, aggrapparsi ai genitori o paralizzarsi. Gli adolescenti creano una sorta di pubblico immaginario che li blocca. C'è spesso la paura di mostrare ansia e quindi di essere rifiutati, imbarazzati o valutati negativamente dagli altri.
In quasi tutte le situazioni, il ragazzo ci prova a evitare la situazione temuta. Ciò è comprensibile (chi non vorrebbe evitare qualcosa di dolorosamente sconvolgente?) e auto-rinforzante, poiché conferma che l’unica via d’uscita dall’ansia è il continuo evitamento.
Pertanto, non a caso, il trattamento di prima linea è esattamente l’opposto: affrontare lo stimolo temuto. Il modo in cui ciò viene fatto può essere più complicato e problematico.
Costringere un ragazzo a una situazione temuta può diventare traumatico, quindi sarà importante preparare il terreno perché avvenga con successo, fissando piccoli obiettivi incrementali o creando un piano d’azione con un esperto. L'esposizione diretta sarebbe una forma di terapia cognitivo comportamentale (CBT), mentre l'acquisizione di informazioni su queste paure, spesso inconsce, verrebbe esplorata come terapia psicodinamica o psicoanalitica.
Gli esperti del tema sono particolarmente preoccupati per l’evitamento scolastico. Una volta che un bambino o un adolescente decide di non frequentare la scuola, e i genitori lo assecondano, ogni giorno successivo può diventare una sfida sempre più grande per superare il blocco.
Il ragazzo ha imparato che non andare a scuola è effettivamente una possibilità e che questa azione (o inazione) ridurrà la sua ansia. È invece importante lavorare a stretto contatto con la scuola per sostenere la sua frequenza regolare. Forse possono essere concesse pause più frequenti, o forse può andare da un consulente scolastico, se disponibile, quando si sentono sopraffatti. Queste misure aiutano a prepararlo a vincere i suoi timori, convalidando anche la sua esperienza soggettiva di un livello di ansia molto doloroso.
Gli studiosi stanno imparando sempre di più sull’ansia sociale e sui suoi meccanismi neurali. È stato indicato, in alcune ricerche, che gli individui con ansia sociale potrebbero avere un'amigdala ipersensibile (la parte del sistema limbico che elabora risposte emotive come paura, ansia e aggressività).
Un’altra ipotesi è che anche le regioni del cervello che elaborano il dolore fisico (la corteccia cingolata anteriore) potrebbero contribuire all’esperienza del “dolore sociale”.
Come per molti disturbi, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio l’ansia sociale. Nel frattempo, potrebbe essere confortante per un genitore sapere, sottolineano gli esperti, che questo disturbo è relativamente comune e generalmente curabile con i giusti strumenti e terapie.