Mentre in molti paesi, compreso il nostro, è in corso un acceso dibattito sul divieto di utilizzo dei social media ai minori, sull’uso dei cellulari nelle scuole, sui limiti e divieti di accesso a siti pericolosi o pornografici da parte dei minorenni, una nuova ricerca ha esaminato la complessa interazione tra social media e salute mentale dei giovani.
Sebbene non si possano ignorare i potenziali danni, pericoli, la possibile influenza dei social media sugli adolescenti, gli autori sostengono che vietare l'uso dei social media non tiene conto dei più ampi e generali problemi sociali che contribuiscono alla malattia mentale e all'autolesionismo tra i giovani.
Gli autori sottolineano inoltre che il divieto sui social media potrebbe isolare i giovani dalle informazioni e dal supporto in materia di salute mentale, una preoccupazione condivisa dalle principali organizzazioni per la salute mentale, non solo in Australia.
I collegamenti con l'autolesionismo non sono chiari
L'aumento dei tassi di autolesionismo tra i giovani ha coinciso con l'avvento degli smartphone, con ampio dibattito sulla relazione tra l'emergere della "generazione ansiosa" e l'avvento dei social media.
Questo lo si dibatte un po’ ovunque anche in Europa e numerose ricerche sono state fatte e sono ancora in corso.
"Le innovazioni tecnologiche hanno storicamente influenzato le norme e le strutture sociali, quindi è fondamentale prendere sul serio queste preoccupazioni" hanno scritto la professoressa Helen Christensen dell'Australian National University e i suoi coautori.
"Tuttavia, l'argomentazione secondo cui i social media sarebbero la causa dell'aumento dei comportamenti autolesionistici tra i giovani è relativamente debole."
Gli autori sottolineano che la ricerca ha dimostrato solo una piccola associazione tra l'uso dei social media e la depressione e che l'aumento sproporzionato dell'autolesionismo tra le giovani donne rispetto ai giovani uomini non può essere spiegato solo dall'uso dei social media.
Guardando al contesto più ampio
Gli autori sostengono che concentrarsi esclusivamente sui social media come causa dei problemi di salute mentale dei giovani ignora i più ampi fattori sociali in gioco, come i conflitti globali, gli ostacoli socioeconomici, la violenza di genere e i cambiamenti climatici, tutti problemi che gravano pesantemente sui giovani.
Gli autori sottolineano anche i potenziali danni che un divieto sui social media potrebbe arrecare ai giovani vulnerabili che si affidano ai social media per supporto e risorse, come i giovani appartenenti alle minoranze di genere e i giovani che soffrono già di disturbi mentali.
"I divieti assoluti potrebbero ostacolare lo sviluppo dell'alfabetizzazione sanitaria e i comportamenti di ricerca di aiuto, soprattutto tra i soggetti maggiormente a rischio" hanno sottolineato gli autori.
"Le restrizioni di età potrebbero spingere i giovani a utilizzare piattaforme meno regolamentate, minando al contempo la responsabilità delle piattaforme esistenti di creare comunità online sicure".
Sono necessarie ulteriori ricerche
Gli autori sono convinti che siano necessarie ulteriori ricerche sull'impatto dei social media sui giovani, per comprendere meglio in che modo questi aiutino o danneggino la loro salute mentale.
"Dato che l'Australia sta introducendo politiche che limitano l'esposizione dei giovani ai social media, dobbiamo indagare gli effetti che queste politiche hanno o non hanno".
Ma gli autori sostengono che è improbabile che vietare i social media possa rappresentare la soluzione al problema molto complesso della salute mentale dei giovani.
"Sarebbe come fermare il flusso di sostanze chimiche tossiche in un fiume senza riuscire a chiudere la fabbrica che causa l'inquinamento" hanno scritto gli autori.
"Nel nostro tentativo di comprendere le cause dell'aumento dell'autolesionismo tra i giovani, i social media non possono diventare un capro espiatorio per fattori più ampi, di ordine sociale e anche economico, che causano problemi di salute mentale ".