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Quando un giovane ha vissuto esperienze dolorose e faticose nell’infanzia, fatica a trovare il necessario equilibrio per entrare con la giusta energia nella fase adulta della sua vita. Le avversità dell’infanzia spesso portano a danni all'autostima, all’impressione di non essere abbastanza bravi per essere all’altezza delle prove che si devono affrontare.

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Man mano che un ragazzo cresce, una delle possibili risposte all’insicurezza prodotta dalle ferite all’autostima che ha subito nell’infanzia, risiede nel perfezionismo, che è il contrario dell’eccellere davvero in qualcosa.

Gli studiosi spiegano che il perfezionismo può essere definito come la tendenza a voler raggiungere obiettivi idealizzati che sono irrealisticamente ambiziosi. L’eccellenza, invece, può essere definita come l’impegno per raggiungere standard elevati ma concretizzabili in modo determinato ma anche con la necessaria flessibilità.

 Questi diversi approcci al perseguimento di obiettivi personali hanno effetti molto diversi sulla soddisfazione e su quello che ottiene un giovane nel suo percorso professionale e di vita.

Perfezionismo

I giovani perfezionisti pensano che impegnarsi tenacemente per ottenere risultati impeccabili li aiuterà ad andare avanti. Di conseguenza, sono spesso estremamente concentrati e coscienziosi nel loro lavoro.

Tendono però a dubitare di se stessi e delle proprie capacità, a sentirsi insoddisfatti degli sforzi compiuti e a reagire in modo eccessivo agli errori. La loro propensione a lavorare eccessivamente interferisce con le loro relazioni sociali, con il sonno, con l'esercizio fisico e con il fatto che possano svolgere attività ricreative soddisfacenti.

Il loro impegno instancabile e svolto senza reale gioia in realtà li predispone a prestazioni non buone, esaurimento, dipendenza dal lavoro e una serie di disadattamenti psicologici correlati allo stress, come depressione, ansia, abuso di alcol e persino tendenze suicidarie, nei casi più gravi.

I perfezionisti mancano di autocompassione e hanno difficoltà a tollerare le proprie imperfezioni. Diventano duramente autocritici quando non riescono a soddisfare i loro standard eccessivamente elevati. Possono anche mettere a dura prova le relazioni affettive quando proiettano le loro ambizioni perfezionistiche sugli altri.

È la paura a guidare in gran parte il loro comportamento. Temono di non essere all'altezza delle loro aspettative, di commettere errori e di essere giudicati negativamente dagli altri.

Queste paure spesso portano a procrastinare, a rifare costantemente il lavoro nel tentativo di farlo meglio, a non consegnarlo perché temono che non sia abbastanza buono o a cercare eccessivamente l'approvazione degli altri.

Le radici del perfezionismo possono spesso essere ricondotte all'infanzia, spiegano gli psicologi. I perfezionisti potrebbero aver avuto genitori molto critici o rifiutanti che li facevano sentire inadeguati, o che subordinavano il loro amore alle prestazioni. Genitori che potrebbero aver trasmesso ai figli l'ansia di commettere errori.

Le modalità di pensiero “perfezionista” si sviluppano tipicamente durante l'infanzia. Credere il proprio valore corrisponda a quello che si ottiene nel proprio lavoro, pensare di poter essere amati da altri solo se ci si comporterà in modo impeccabile.

L’esperienza di commettere errori viene quasi vissuta come una tragedia, fa sentire dei perdenti: i fallimenti diventano la prova di essere delle pessime persone.

Cos’è invece l’eccellenza

Le persone che aspirano all'eccellenza possono essere ambiziose quanto i perfezionisti nel perseguire elevati standard personali, spiegano gli esperti. Ma sono motivate e perseguono i loro obiettivi in modo diverso. Sono sostenute dall'amore sicuro e incondizionato, dalla pazienza, dalla gentilezza e dalla contentezza di crescere personalmente e professionalmente.

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Accettano le loro imperfezioni e si concedono di commettere errori mentre si sforzano di imparare e crescere anche grazie agli sbagli.

A differenza dei perfezionisti, si accontentano di sforzi eccellenti, senza impegnarsi all'infinito per essere impeccabili. Il loro obiettivo realistico è essere una persona competente, non una persona perfetta.

Questo li aiuta, poiché sono meno stressati porta effettivamente a ottenere risultati migliori rispetto ai perfezionisti nel breve termine, e a fare più progressi verso i loro obiettivi personali e la crescita personale nel lungo termine.

Non sorprende quindi che coloro che puntano all'eccellenza siano più soddisfatti della vita, meno depressi e con altri tratti psicologici, e abbiano meno probabilità di sentirsi degli impostori rispetto ai perfezionisti.

Molti ricercatori hanno quindi concluso che il perfezionismo non è né necessario né utile per le persone che desiderano ottenere buoni risultati e raggiungere una valida crescita personale.

Gli studiosi sostengono che per trasformare il perfezionismo in eccellenza bisogna anzitutto esercitarsi a "fallire". La preoccupazione di commettere errori, spiegano, è al centro del perfezionismo.

In una ricerca sul tema, ai partecipanti è stato chiesto di esercitarsi a commettere errori per un periodo di due settimane in compiti online in cui di fatto commettevano continuamente degli sbagli. Attraverso una pratica ripetuta, si sono resi conto che gli errori non erano così tremendi come avevano pensato. Con il tempo, hanno abbassato i loro livelli di perfezionismo, si è ridotta la preoccupazione di commettere errori, la depressione e l’ansia sociale .

Consigliano poi di coltivare l'autocompassione, esercitandosi a essere gentili verso se stessi dopo aver sbagliato. Invece di criticarsi duramente per i risultati imperfetti, meglio prendersi un momento per rifiatare e concedersi comprensione. Facendolo spesso la gentilezza verso se stessi può diventare un'abitudine.

Non fa male, poi, coltivare il senso dell'umorismo. Un eccesso di serietà è un segno distintivo dei disturbi mentali. È bene che un giovane perfezionista arrivi a comprendere che tutti a volte fanno cose ridicole.

Il valore, deve essere fatto capire loro, non deriva dalle performance. Queste non aggiungono o tolgono valore interiore per quello che si è come persone. La crescita personale e il successo aiutano a godere del proprio valore e a migliorare la soddisfazione di vita: è quindi bene avere degli obiettivi, ma questi devono essere raggiungibili. Si può certo godere di propri progressi ma il proprio valore deve essere separato dai risultati che si raggiungono.

Per vivere così quello che si ottiene dal proprio impegno, devono essere limitate l’influenza e la pressione dei social media, che propongono spesso dei modelli irrealistici.

E non devono essere trascurati sonno, attività ricreative, esercizio regolare, in modo che i propri impegni non facciano perdere l'equilibrio.

Evitando sensi di colpa per i fallimenti, o la vergogna, da persone imperfette, i giovani adulti possono imparare a migliorare e a crescere nelle tante dimensioni di cui è fatta la vita adulta.


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