App, strumenti digitali, intelligenza artificiale predispongono oggi narrazioni e racconti, e li rendono sempre più simili tra loro e impersonali. Diventa quindi ancora più importante, educativamente, insegnare ai giovani come possono realizzare racconti di sé e del loro mondo con un’impronta originale: come possano esprimere la loro individualità anche attraverso i nuovi e mezzi e i nuovi “format”.
Tutti hanno delle storie da condividere e molti lo fanno, ma perché alcune lasciano il segno e altre scivolano via nel gran mare di quello che si vede, ascolta, legge e che subito si dimentica? Basta pensare alla quasi totalità delle “narrazioni” e dei video che oggi scorrono sui social e che sono solo un passatempo se non una perdita di tempo per chi li vede.
La risposta sta nel modo in cui queste storie vengono valorizzate, nel modo in cui si prendono i momenti personali e li si rendono significativi per gli altri.
Nel mondo iperconnesso di oggi, fatto di highlights, reel e immagini molto curate, sembra che le storie debbano essere straordinarie per avere importanza. Ma il vero potere della narrazione non risiede nella grandiosità, ma nel modo in cui le cose che si vogliono esprimere vengono condivise. Quanta emozione e immedesimazione riescono a generare.
Le storie colpiscono e rimangono quando trasformano un momento personale in qualcosa di universalmente forte e significativo.
La capacità di dare un senso, di creare un significato nel caos delle cose che accadano, è propriamente umana. Nell'era dell'intelligenza artificiale, in cui strumenti come ChatGPT possono creare narrazioni coerenti a partire da miliardi di dati, l'esperienza soggettiva è l’ultimo elemento di differenziazione.
Questo deve essere trasmesso ai più giovani, affinché non ne vengano annullati e perché se ne possano avvalere al meglio, quando occorre. L'intelligenza artificiale può costruire narrazioni, ma non può creare storie veramente umane. Le storie che toccano e uniscono le persone sono vissute, sentite e condivisibili da altri.
Il potere del racconto
In genere si insegna che le storie sono un modo per esprimersi o per raccontare la propria vita. E sebbene ciò sia vero, soprattutto su social come TikTok e Instagram, le storie più impattanti vanno oltre la semplice espressione di sé.
È fondamentale analizzarle con i ragazzi e mostrare che sono quelle che collegano le proprie esperienze con quelle degli altri, le narrazioni che si imprimono in chi le legge o ascolta, contribuendo a una comprensione condivisa di cosa significhi essere umani. Di precise esperienze, emozioni, immaginazioni che possono essere di tutti.
L'intelligenza artificiale può simulare la narrazione. Può generare velocemente testi e persino imitare le emozioni. Ma non può vivere un'esperienza. Non conosce il batticuore o i momenti improvvisi di gioia. Il potere della narrazione umana sta nel trovare un significato anche nelle cose apparentemente più banali, che è quanto ci interroga, quello che è bello e che conta di più.
La narrazione che si limita a raccontare eventi rischia di essere arida. La narrazione più profonda dà un senso agli eventi, trova un significato e lo condivide in un modo che gli altri possono sentire in modo forte. E solo un essere umano può farlo, di questo devo essere certi i ragazzi, per iniziare a farlo in prima persona.
Le storie più coinvolgenti
Le narrazioni più incisive non sono grandi avventure o racconti di momenti perfetti. Colpiscono perché contengono una verità che viene subito riconosciuta: trascendono chi le racconta e diventano di tutti.
Sono i momenti onesti e vulnerabili che permettono di vedere se stessi negli altri. Ecco perché restano in chi le ascolta o vede anche molto tempo dopo la fine della narrazione.
La ricerca ha dimostrato che la connessione, la creatività e l'empatia nascono quando si condivide qualcosa di sé con intenzione. Uno studio di lunga data sulla felicità ha scoperto che le relazioni significative sono il più forte predittore di salute e benessere. La narrazione autentica va oltre il semplice “trasferimento” di un contenuto: crea un ponte tra chi racconta e chi ascolta.
In molte culture, la narrazione non è solo una forma di espressione, è un mezzo di sopravvivenza. Le storie vengono tramandate come lezioni di vita, strumenti di orientamento morale e anche come insegnamenti per trovare risorse concrete di sostentamento e protezione.
Tecnologie come l'intelligenza artificiale eccellono nell'elaborazione delle informazioni, ma non possono ricreare la sfumatura personale della vera narrazione umana. Le storie che contano di più portano il peso dell'esperienza soggettiva, quelle che rivelano il senso profondo dell’umanità di chi narra e di chi ascolta.
L'arte della narrazione profonda
Si può far immaginare a un giovane di immaginare di raccontare una storia come se stesse via via togliendo strati esterni per rivelare ciò che è più profondo e significativo.
All’esterno si troverà l'esperienza grezza. È il punto in cui inizia la narrazione. Qualcosa di vero e di oggettivo, un'esperienza personale ma ancora disordinata che ci si sente necessitati a condividere.
Il passo successivo è quello dell’elaborazione della narrazione. A questo livello si migliora, si perfeziona il racconto. Si sceglie, si toglie fino a trovare e mettere a fuoco il significato e si decide cosa lasciare. Si porta in questo modo la storia oltre il livello personale, fino a essere qualcosa di significativo e di prezioso anche per gli altri.
A questo punto si arriva a mettere in luce il tema universale che esprime la storia. È il cuore, l'emozione, la lezione o la verità che risuona in chiunque la ascolti.
Come dare valore alla propria esperienza
Occorre guidare i giovani, in questo esercizio di creare con intenzione, partendo da una storia che si sente di dover raccontare. Poi, si deve chiedere quale sia la lezione più profonda in quello che si intende raccontare.
La storia deve essere costruita non solo per trasmetterla ma anche per “donare” qualcosa di valore a chi la ascolta.
In essa deve essere messo a fuoco l'universale, perché le storie personali solo raramente riguardano una singola persona. Questa è una grande potenzialità. Contengono elementi e emozioni universali: paura, forza, amore, abbandono, solitudine, dolore, perdita, speranza, e così via.
Deve essere cercata l'emozione che sta dietro quello che si racconta. È quello che risuonerà in chi ascolta.
Le storie funzionano e sono forti quando chi le crea lo fa per dare qualcosa, non per impressionare.
I giovani sono sempre più spesso intrappolati nell’ambizione performativa dei social media. Le storie migliori mettono in connessione. Una narrazione deve essere come un dono.
Occorre chiedersi cosa si vuole che gli altri ne ricavino. È una sorta di servizio che si fa a chi ascolta. Quando questo accade, una narrazione diventa qualcosa che non è più solo del narratore.
Dare tono, elevare il proprio racconto
Elevare la propria storia non significa renderla più appariscente. Significa renderla migliore, trovare la verità fondamentale che contiene e porgerla agli altri per creare un contatto. Una storia forte, anche se molto personale, fa parte di una narrazione umana più ampia.
Le persone non comunicano storie elaborando dati, come fa l’intelligenza artificiale. Lo fanno perché le hanno vissute, sentendole, affrontando difficoltà e crescendo.
I ragazzi devono sentire di possedere questo “superpotere”, in un mondo guidato sempre più dall'intelligenza artificiale. Le loro saranno storie genuine, che contengono e portano all’esterno le loro esperienze, emozioni e verità personali. Sono fatte di quello che sono e rendono “alta” la loro voce, portandoli in una relazione significativa con gli altri.
Si può dire ai ragazzi, per iniziare: trovate un momento che sia stato forte, caotico e reale. Non “ripulitelo”. Sentitelo e basta. Togliete le parti esteriori per arrivare alla verità che contiene. Raccontate questa storia, miglioratela e guardatela diventare la storia che vive in quelli che la ascoltano, parte di una dimensione e di un’esperienza più grande e condivisa.