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Cos’è davvero un “vertice”? È davvero così importante nel lavoro educativo solo un unico fattore o ce ne sono diversi che possono ricondurre ad un unico piano?

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Il vertice per il più delle volte è il fulcro, la parte principale di un qualcosa, di una piramide, ma nel lavoro educativo questo non è concepibile. Di certo, nel lavoro educativo trovo più funzionale parlare di multiverticità

Il lavoro educativo non si presta ad una logica piramidale dove inevitabilmente tutto è riconducibile ad un unico aspetto bensì si costruisce e costituisce di più fattori, elementi, punti cardine, i quali gli uni senza gli altri non permetterebbero una operatività funzionale dello stesso.

Ebbene, basti anzitutto pensare che non è casuale parlare interdisciplinarità, multidisciplinarità, complementarietà, tutti termini che riconducono ad un intreccio, ad una sinergia tra più parti che favoriscono poi la “messa in atto”. Parliamo di un paniere, di tante piccole parti che nel loro insieme donano dunque valore all’azione.

Ma quali sono questi vertici nel lavoro educativo?

Competenze, relazioni, professionalità, deontologia, comunicazione, programmazione, incontro (e si potrebbe continuare…) sono tutti elementi cardine di un lavoro educativo ben strutturato che presuppone e si presta ad un cambiamento, perché sì, non può esistere e non esiste un lavoro educativo senza progresso.

Si pensi agli obiettivi. Obiettivi che un educatore ogni giorno nella sua pratica si pone e si propone di raggiungere, sotto qualsiasi punto di vista, che sia da un punto di vista emotivo, relazionale, comunicativo, di socializzazione o altro.

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Senza obiettivi anche semplicemente la strada da percorrere correrebbe il rischio di divenire sfocata, conducendo alla perdita di un focus, di quello scopo fissato, del “perché lo sto facendo”.

Elementi cardini dunque, determinanti di quella definita “multiverticità”, non possono che rimandare a quella famosa “cassetta degli attrezzi” che ogni educatore possiede e porta con sé ogni giorno e all’interno della quale ogni secondo della propria vita professionale inserisce ciò che preferisco chiamare valori aggiunti.

Perché si, educare non significa solo guardare all’altro, ma anche conoscere sé stessi, mettendosi in gioco e soprattutto mettendosi in discussione, per poter crescere e migliorarsi e per permettere principalmente quella riflessione acuta e necessaria, a volte introspettiva, circa la strada percorsa ogni giorno, i passi condotti e i traguardi raggiunti; non inteso come punto di arresto, ma come spinta verso nuovi orizzonti.

Donatella De Marzo
Dopo aver conseguito la laurea in Scienze dell'Educazione e Formazione nella mia città di origine, presso l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, ho proseguito il mio percorso di studi con una laurea magistrale in Scienze Pedagogiche, anch’essa conseguita presso lo stesso istituto, approfondendo così le mie conoscenze circa il mondo educativo-pedagogico e parallelamente operando in più contesti educativi, prediligendo il target della prima infanzia. Attualmente, inoltre, sto proseguendo con la mia formazione nell’ambito delle Human Resources frequentando un master di I livello. Oltre all’impegno nel campo educativo, mi definisco un’amante della scrittura, dedizione legata alla credenza di valore nella parola e alla curiosità e riflessività che da sempre mi appartengono permettendo così di aprirmi sempre a nuove esperienze e sfide, educative e non solo.

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