I genitori devono o meno compensare con soldi i figli adolescenti affinché facciano qualcosa che loro vogliono?
Una domanda non facile e controversa, alla quale cerca di rispondere Carl Pickhardt, psicologo e autore di testi sulla genitorialità. Certamente, spiega Pickhardt, ogni genitore idealmente vorrebbe che i figli adolescenti facessero volontariamente quello che è stato loro chiesto, senza essere retribuiti, come quando erano piccoli e li compiacevano con piacere o, almeno, come se ancora sentissero che l’autorità degli adulti dovesse essere rispettata.
Tuttavia, l'adolescenza è un processo molto egocentrico di cambiamento e sviluppo nel quale le priorità del “piacevole” tendono a modificarsi. in questa periodo, il compiacere se stessi e i compagni tendono a essere prioritari rispetto alla soddisfazione dei genitori. "Preferirei piuttosto fare quello che conta per me e per i miei amici!" potrebbe rispondere la maggior parte dei ragazzi a un'ingiunzione dei genitori.
Inoltre, l'adolescente non vive più nell'”età del comando”, quella in cui un figlio crede nell'illusione del controllo dei genitori, rappresentata da un'espressione come: "Sono i miei genitori a decidere cosa devo e non devo fare".
Un adolescente non è più un bambino, insiste lo psicologo. Ora il giovane vive nell'età del consenso: "I miei genitori non possono costringermi o fermarmi, non senza il mio consenso". Chiedendo più potere di scelta personale, quando si tratta di compiacere la volontà altrui, il ragazzo adesso può resistere attivamente facendo domande e argomentando, oppure può resistere passivamente utilizzando dimenticanze e ritardi.
In questa fase può essere più difficile per i genitori ottenere che il loro ragazzo adolescente faccia una certa cosa, almeno che la faccia immediatamente, come accadeva un tempo.
Questa perdita della usuale influenza genitoriale non è una cosa di cui lamentarsi, sottolinea Pickhardt, ma una realtà da affrontare, quando un figlio entra nell’adolescenza.
È semplicemente più difficile per i genitori ottenere quello che vogliono quando lo vogliono, dal loro ragazzo adolescente dalla mentalità indipendente (dai 9 ai 13 anni), rispetto a quanto non accadesse con il loro bambino dipendente, più facilmente accondiscendente (fino a circa 7-8 anni).
Adesso, devono riuscire a convincerlo per avere il suo consenso. "Dobbiamo spiegare bene quello che intendiamo e talvolta usare i mezzi di persuasione per ottenere ciò che chiediamo e la cooperazione che vogliamo".
I soldi contano di più
Arrivata l’adolescenza, i genitori non possono non notare un altro cambiamento nel loro ragazzo. "Se pensi che un bambino sia costoso, aspetta di vedere quando sarà un adolescente!" L'adolescenza fa aumentare il bisogno di denaro e di quanto il denaro può procurare.
Ora il desiderio di beni materiali cresce man mano che il gusto per le cose disponibili al mondo si espande, rivolto alla tecnologia, alla moda, all’intrattenimento o alla spese in comune con i compagni.
In un'età che ama di più la libertà, il denaro crea più opzioni per stare al passo con gli altri, per conformarsi e per garantirsi l’appartenenza sociale. Il denaro conta ben di più per l'adolescente di quanto non accadesse per il bambino.
Il denaro può non essere in grado di fornire beni duraturi, ma di sicuro può offrire un godimento momentaneo sicuro.
Soldi in cambio di motivazione ?
Quindi, a questo punto, è naturale che i genitori prendano in considerazione il potere persuasivo del denaro.
Dovrebbero offrirne o negarlo per averla vinta? In che misura dovrebbero arrivare a monetizzare la collaborazione del loro ragazzo? In che misura i genitori dovrebbero usare i soldi per incoraggiare il comportamento che vogliono dal loro figlio?
Lo psicologo a questo punto prende in considerazione alcune categorie comuni di genitori che pagano il figlio adolescente per quanto vogliono da lui: per svolgere le faccende domestiche, per incoraggiare il suo impegno scolastico e per influenzare il suo rispetto delle regole.
Pagare per i lavori di casa
Una ragione per questo pagamento può essere quella di insegnare a un giovane che occorre lavorare per avere denaro.
"Così funziona il mondo" spiegano i genitori. "Questo è il motivo per cui noi lavoriamo e per cui ti offriamo lavori domestici, affinché anche tu possa abituarti a lavorare per i soldi. Le faccende domestiche sono lavori che ti verranno pagati." Questi genitori trattano i lavori in casa come esperienze di guadagno "in famiglia".
Per gli altri genitori, tuttavia, in questo modo si ostacola la collaborazione libera, l’aiuto spontaneo e la partecipazione volontaria al "funzionamento" della famiglia, dal quale tutti dipendono.
Tale investimento gratuito, a loro giudizio, crea anche un senso di appartenenza alla famiglia, perché ognuno vi trova una parte attiva da svolgere. La responsabilità viene condivisa. Per la collaborazione ai bisogni minimi della vita familiare, nessuno viene pagato, ma tutti ne traggono beneficio. Questi genitori considerano le faccende domestiche come un impegno dovuto per tutti i membri della famiglia, figli compresi.
Altri genitori legano le faccende domestiche all'erogazione della “paghetta”. "Quando avrai completato il lavoro domestico che dovresti fare, solo allora la otterrai". Questi genitori utilizzano la “sospensione” della paghetta come leva per ottenere l’impegno nelle faccende domestiche.
Altri genitori ancora non pensano che gli adolescenti debbano essere pagati per i lavori di casa, perché questo renderebbe il farli o meno una scelta. "Non sono un'opzione. Sono la tua parte di responsabilità nella famiglia. Devono essere svolti anche da te. Controlleremo che lo siano". Questi genitori considerano le faccende domestiche come un fatto inevitabile e necessario della vita familiare.
Pagare per l’impegno a scuola
"Il tuo compito principale è quello di impegnarti seriamente a scuola. Come incoraggiamento, ti pagheremo per determinati livelli di rendimento". Così, per esempio, i genitori offrono una certa somma per ogni voto di un certo livello sulla pagella. In questo caso, il pagamento viene utilizzato come incentivo per un impegno continuativo nel rendimento scolastico.
Pagare per i voti può creare due tipi di problemi: problemi di “minaccia” e problemi di motivazione.
Come può una somma di denaro per un 10 costituire una minaccia e non una ricompensa?
Un adolescente oppositivo può vederla in questo modo: "Mi stai dicendo che se non prendo 10, non avrò soldi! Beh, non mi interessa quanto non verrò pagato; i miei voti non dipendono da te!" E ora un problema di prestazioni scolastiche si è stato trasformato in un problema di potere, per cui l'adolescente dalla mentalità indipendente può risentirsi e fare resistenza.
Da quello che ho visto, racconta lo psicologo, questo tipo di incentivi tende a funzionare meglio per i bambini che non per gli adolescenti.
Inoltre, pagando per i voti, i genitori fanno dell’impegno scolastico una questione di motivazione estrinseca (impegnarsi per i premi esterni garantiti dai genitori), quando lo sviluppo della motivazione intrinseca (impegnarsi per i benefici “interni”, che hanno un valore personale) è ciò che conta davvero. Meglio spiegare al giovane che l’impegno scolastico e il risultato sono davvero nel suo interesse.
"Quando guardi la tua pagella, speriamo che tu possa vedere nei voti ottenuti una premio concreto dei tuoi sforzi e delle tue capacità. Speriamo che mentre di impegni in una prova per te stesso, tu possa sentirti bene con te stesso per quello che avrai ottenuto. E speriamo anche che in questo processo tu possa sentire svilupparsi in te quelle potenti abitudini al lavoro e all’autodisciplina che ti saranno utili in futuro. "
Questo è il motivo per cui obiettivo di tutti i genitori è far sì che un giovane alla fine delle medie si faccia carico da solo della responsabilità di fare i compiti che gli sono stati assegnati. In questo modo, passando alle superiori, il ragazzo avrà sviluppato sufficiente autodisciplina e motivazione interna per farli in modo affidabile senza il loro sostegno.
Pagare per il rispetto delle regole
"Ti pagherò affinché rispetti l’ora di rientro alla sera e perché tu tenga le tue cose in ordine, in modo da evitare di stare continuamente a controllarti".
Quando i genitori arrivano al punto di offrire regolarmente denaro per ottenere l'ordinario rispetto delle consuetudini familiari, di solito hanno ridotto il valore della loro relazione in proporzione alla spesa. "È semplicemente più facile pagarlo che lamentarsi o discutere" spiegano.
Questa può essere un china scivolosa quando "fare per" e "pagare per" vengono sovrapposti. Con l'aumento dell'ascendente finanziario derivante dal fornire denaro, l'ascendente relazionale basato sulla volontà di cooperare risulterà ridotto. Nel peggiore dei casi, l'acquisizione dei comportamenti desiderati sembrerà corruzione o qualcosa di simile a un'estorsione:
"Lo farò solo se mi pagherai". Mi sembra meglio sia nel breve che nel lungo periodo mantenere queste interazioni di collaborazione su un piano di gratuità, afferma lo psicologo.
Cosa fare al contrario? Meglio semplicemente insistere per avere una relazione di reciprocità, e non una relazione a senso unico dei genitori verso i figli adolescenti. Piuttosto che impiegare il denaro come strumento di gestione della relazione, insistere per avere un adeguato scambio di benefici reciproci con i figli. Insistere, appunto, sulla reciprocità.
Per trattare con un fatto importante su cui vogliono l’obbedienza del figlio, i genitori possono dire qualcosa del genere: "Vogliamo una relazione a doppio senso con te, nella quale trarrai vantaggio da ciò che noi dovremo darti e da cui noi trarremo vantaggio da ciò che dovrai dare a noi. Proprio come tu hai bisogni e desideri nei nostri confronti, così noi abbiamo bisogni e desideri verso di te. Per fare qualcosa per te, abbiamo bisogno che tu faccia qualcosa per noi, come ad esempio seguire le nostre regole di base. E, a volte, questo vorrà dire che prima di fare qualcosa per te stesso, dovrai farla per noi. È una cosa semplice: collabora con noi e noi collaboreremo con te".
Quando si tratta di incoraggiare la partecipazione ai lavori domestici di routine, l’impegno scolastico e la conformità alle regole, offrire denaro come incentivo non è di solito la migliore opzione di genitorialità, almeno da quello che ho potuto osservare nella mia esperienza, conclude lo psicologo.