Non sono molti i genitori e gli insegnanti che parlano spesso di etnia, genere e altri tratti identitari con i ragazzi, il che significa che stanno perdendo una grande opportunità per insegnare loro a diventare tolleranti rispetto alle differenze fin dalla loro più giovane età.
È questo uno dei principali risultati di un nuovo studio di Sesame Workshop , che ha intervistato oltre seimila genitori di bambini e preadolescenti dai tre ai dodici anni e un migliaio di insegnanti dalla scuola materna alla quinta elementare.
Gli esperti affermano che questa tendenza può avere serie implicazioni, perché quando gli adulti non parlano ai figli di questi argomenti, i ragazzi apprendono implicitamente che l'identità è un argomento tabù. Possono anche, di conseguenza, iniziare a credere agli stereotipi e ai pregiudizi con cui le questioni identitarie vengono spesso presentate nella vita di tutti i giorni.
"I bambini piccoli notano il colore della pelle, fanno caso ai gruppi etnici " spiega Christia Spears Brown, professoressa di psicologia sociale e dello sviluppo all'Università del Kentucky, autrice di diversi studi sullo sviluppo dell'identità.
"Viviamo in una società che è anche "segregata", caratterizzata da grandi separazioni... Sappiamo che i bambini se ne accorgono e, se i genitori non li aiutano ad avere una spiegazione che contrasti il pregiudizio, i bambini semplicemente lo assorbiranno come una differenza davvero significativa".
Qui di seguito alcuni dei principali risultati dello studio "Identity Matters":
- Solo il dieci percento dei genitori discute spesso delle differenze etniche con i propri figli.
- L’etnia cui appartiene un genitore influisce sulla frequenza con cui avvengono queste conversazioni. Il 22% dei genitori neri discute spesso di differenze etniche con i propri figli, rispetto al 6% dei genitori bianchi.
- Quasi il 35% di tutti i genitori intervistati ha dichiarato di non parlare mai ai propri figli delle differenze di classe sociale.
- Il cinquantasette per cento di tutti i genitori ha affermato di parlare raramente o mai di genere con i propri figli. È ancora meno probabile che queste conversazioni avvengano con i bambini più piccoli. Meno di un terzo dei genitori di bambini dai tre ai cinque anni ne discutono a volte o con frequenza.
Se i genitori non fanno conversazioni sull'identità con i loro figli, risulta anche improbabile che i ragazzi discutano di tali argomenti anche in classe. Sebbene la maggior parte degli insegnanti intervistati per il rapporto diSesame Workshop affermi di sentirsi a proprio agio nel parlare di questioni come il genere, l’etnia o i paesi di origine, meno della metà degli insegnanti ha dichiarato di ritenere opportuno farlo con i propri studenti.
La professoressa Brown sostiene che alcuni adulti forse evitano queste conversazioni perché pensano che, accendendo l’attenzione sulle differenze etniche, potrebbero fare dei figli dei razzisti o quantomeno introdurre in loro un pregiudizio razziale.
A molti adulti piace anche pensare che i bambini non notino queste differenze. La ricerca però mostra che non è così: le notano e formano pregiudizi in un'età sorprendentemente precoce.
Una ricerca ha scoperto che già a tre mesi di età un bambino inizia a mostrare una preferenza per i volti del proprio gruppo etnico. La Brown afferma che gli anni della scuola materna sono un momento particolarmente opportuno per "intercettare" la tendenza naturale a classificare oggetti e persone in base ai tratti distintivi, che raggiunge il culmine a quell'età. Promuovendo il dialogo e il confronto su questi argomenti, gli adulti “modificano quel processo di categorizzazione” e insegnano ai bambini che le differenze sono normali.
Gli autori dello studio di Sesame Workshop, danno alcuni consigli su come e quando avere queste conversazioni:
Iniziare e farlo in modo costante, parlando delle differenze già ai bambini quando sono molto piccoli, in momenti specificamente dedicati a questo durante il giorno, ad esempio sottolineando e spiegando la diversità illustrata nei libri per bambini.
Facendo osservare le diverse tonalità di pelle, le differenti acconciature e altre forme e varianti tra le persone, con l'obiettivo di "normalizzare" le differenze umane. Con i ragazzi più grandi, i genitori possono parlare di pregiudizi e stereotipi nella vita di tutti i giorni, ad esempio sottolineando come i negozi separino i giocattoli per maschi e femmine. Quando i bambini frequentano la scuola elementare, i genitori possono entrare nei "significati più profondi" delle disuguaglianze strutturali, motivo per cui, ad esempio, le persone di colore non sono rappresentate nei libri di testo di scienze sociali tanto quanto i bianchi.
Personalizzare il messaggio in base all'identità del bambino: i bambini neri e i bambini bianchi hanno bisogno di "conversazioni molto diverse sulle differenze etniche" si dice nello studio. Le conversazioni sulla razza dovrebbero aiutare i "bambini appartenenti a gruppi emarginati a far fronte ai pregiudizi" e aiutare i bambini di gruppi privilegiati a "smantellare questo privilegio".
Per i genitori bianchi, ciò potrebbe significare menzionare che nessuno li minaccia o potrebbe derubarli mentre sono in giro per negozi e spiegando che quando questo avviene, non è sempre opera di persone di altri gruppi etnici particolari. Per i genitori di alto livello socioeconomico, ciò potrebbe significare far rilevare i numerosi privilegi che i figli hanno, come la loro casa, la disponibilità di cibo e la facilità di accedere a beni non necessari.
Focalizzarsi sull'alfabetizzazione mediatica. Quando i bambini di età compresa tra quattro e cinque anni guardano la televisione e i genitori notano stereotipi o assenza di diversità, la Brown afferma che i genitori dovrebbero farlo notare. Potrebbe essere semplice, come sottolineare che: “Non ci sono bambini amici tra loro in questo show che siano di etnia diversa. È un peccato perché sappiamo bene che bambini di diversi gruppi etnici possono essere grandi amici gli uni con gli altri. È un peccato che i personaggi principali siano sempre e solo bianchi".
Accettare i momenti spiacevoli. A volte i ragazzi sollevano le questioni etniche in momenti adatti al dialogo, per esempio a tavola, durante la cena. Altre volte lo fanno di colpo, in una situazione più difficile, magari quando sono in fila con i genitori alla cassa del supermercato, o in una di quelle situazioni in cui il genitore sta cercando di affrontare qualcosa di poco piacevole della sua giornata senza avere crisi di nervi. Figuriamoci, pensando al caso del supermercato, se vuole affrontare una discussione sull’identità mentre si trova in mezzo a una folla di estranei. Tuttavia, sostiene la Brown, anche quei momenti imbarazzanti e scomodi dovrebbero essere accettati e “sfruttati”. Gli adulti dovrebbero ricordare che l'obiettivo in ogni situazione è sempre quello di evitare che un ragazzo possa credere che parlare delle diversità sia una cosa negativa.
"L'unico modo in cui possiamo migliorare l'atteggiamento dei giovani è attraverso una discussione onesta" conclude la professoressa. "Se non vogliamo insegnare ai ragazzi, fin da quando sono piccoli, che questi non sono argomenti tabù, non dobbiamo farli sentire tali nemmeno quando ci troviamo al supermercato".