Quanti genitori avranno sentito il loro ragazzo o la loro ragazza adolescente lamentarsi di qualche parte del loro corpo. Il naso, le gambe, gli occhi, i capelli o l’intera figura. Le ragioni dell'insoddisfazione corporea sono infinite, numerose almeno quanto le parti del nostro corpo e i desideri e le aspettative su di loro.
Pochissime persone, tantopiù se giovani, sono pienamente e definitivamente felici del proprio corpo, e quando è così, dicono gli psicologi, ci può essere anche qualcosa di sospetto in questo.
Il grado di insoddisfazione, e soprattutto di sofferenza legata a questa insoddisfazione, varia da persona a persona. A volte è moderato e accettabile, altre può essere estremamente violento e insopportabile. Se i piccoli complessi sono comuni e in fondo anche positivi, i più gravi possono diventare patologici perché ossessivi, angoscianti, anche invalidanti nella quotidianità.
In medicina si parla di “dismorfofobia”: quando l'impressione o la convinzione, esagerata o falsa, di avere difetti fisici diventa invadente e molto dolorosa.
Fortunatamente, spiegano i terapeuti, queste ossessioni sono modificabili. Trovare una relazione più pacifica con il proprio corpo è del tutto possibile.
Soggettività per eccellenza
La rappresentazione che abbiamo del nostro corpo non è affatto quella di un oggetto ordinario, spiega la psicologia. Nasce da un insieme complesso e intimo della nostra percezione visiva, che è necessariamente distorta perché non è esterna a noi stessi, alle nostre percezioni sensoriali, alla nostra immaginazione conscia e inconscia, e anche a ciò che proiettiamo negli occhi degli altri, perché il nostro corpo è permanentemente esposto.
Molte emozioni possono essere associate a questa rappresentazione, complessa e sottile, e possono anche variare notevolmente nel tempo. Tali emozioni possono essere positive (soddisfazione, orgoglio, piacere, ecc.), ma anche – spesso – negative nei confronti di se stessi, con un conseguente disagio che può arrivare fino al disgusto molto forte, quando si è al cospetto degli altri, con più o meno forte imbarazzo o vera vergogna.
Il giudizio sul proprio corpo non è mai oggettivo o basato su criteri puramente estetici. Si nutre di tutte le emozioni intime, della storia personale, e della stima che si ha per se stessi e che si è ricevuta, o meno, dagli altri. Anche l'ambiente sociale e culturale gioca un ruolo importante, soprattutto oggi, quando l'immagine e l'aspetto fisico sono tanto valorizzati.
Quei difetti che gli altri non vedono
Tra i motivi più comuni di insoddisfazione anche nei giovani ci sono, ovviamente, il peso, l’aspetto e l’insieme della propria figura. Sentirsi "troppo" grassi è una sensazione comune che molti hanno incontrato una volta o l’altra. Più eccezionalmente, alcuni giovani si trovano troppo magri, o almeno non abbastanza muscolosi, una lamentela sempre più comune tra ragazzi e giovani adulti al giorno d’oggi.
Tutti i gradi di preoccupazione sono possibili. Si può valutare che l'insoddisfazione diventa anormale quando perdura nel tempo, quando disturba la mente e fa emergere una sensazione dolorosa, e quando altera certi comportamenti: non potersi vestire come si vorrebbe, non poter svolgere attività desiderate (piscina, sport, ecc.) e porta a modificare in modo drastico la propria alimentazione.
I casi estremi – persone con anoressia nervosa o altri disturbi alimentari – sono generati da un disturbo dell'immagine corporea; Comportamenti restrittivi esagerati o diete drastiche ripetute sono conseguenze di questo tipo di preoccupazione fisica.
Altri complessi fisici e oggetti di dismorfofobia comune riguardano l'aspetto di una parte del corpo (soprattutto naso, orecchie, fronte, cosce o glutei), considerata brutta o anormale. La pelle è una preoccupazione molto importante per molti giovani, soprattutto per le ragazze. È, ad esempio, l'impressione di avere un colore o una superficie della pelle antiestetici, o brufoli o altri arrossamenti molto fastidiosi. In ogni caso, alla fine, poco importa se c'è o meno un vero difetto fisico sottostante. Un'eccessiva preoccupazione si traduce in un intenso disagio e nel concentrarsi spesso sul proprio presunto problema.
Se un giovane trascorre molto tempo a considerare il proprio aspetto, a scrutare la sua immagine allo specchio, a confrontarsi con gli altri o a fare domande ai suoi cari su cosa pensano di lui, è certo esagerato. Lo stesso vale se si trascorre molto tempo cercando di nascondere o correggere presunti difetti artificialmente o se si evitano situazioni che danno fastidio, come farsi fotografare, indossare abiti succinti o semplicemente esporsi agli altri.
Rimpicciolire invece di ingrandire
Gli psicologi, per affrontare e ridurre questo tipo di sofferenza, e per produrre cambiamenti migliorativi a lungo termine, consigliano di indagare anzitutto le cause che sono alla radice dei propri complessi. Portano a cercare di lavorare in particolare sui ricordi dolorosi, sulla propria autostima o sul proprio perfezionismo.
Cambiamenti più concreti e vicini nel tempo, concentrandosi sulle preoccupazioni fisiche di cui si soffre, possono anche essere ottenuti a breve o medio termine.
Il primo passo essenziale è fare pace con il proprio corpo. Per fare questo, bisogna considerarlo nell’insieme, senza concentrarsi su una singola parte o un singolo aspetto. Piuttosto che ingrandire costantemente il difetto percepito, monitorarlo, confrontarlo o anche per evitare di vederlo, il consiglio è di "rimpicciolire" accettandosi completamente come si è.
Non si tratta di cercare di dimenticare completamente il dettaglio che disturba, il che non sarebbe realistico, ma di integrarlo in un tutto più grande, la propria stessa persona, con tutte le qualità che un giovane può attribuire a se stesso.
Un adolescente che soffre della propria immagine deve essere aiutato a riconsiderare il proprio corpo fino a sentirsi bene. A seconda di ciò che gli piace ed è in grado di fare (camminare, correre, ballare, fare yoga, ecc.), il suo corpo può diventare una fonte di piacere e fiducia in se stesso. Questa consapevolezza e questo incontro positivo possono gradualmente sostituire l'ossessione per i suoi presunti difetti.
Un esercizio che un genitore può consigliare è quello di guardarsi regolarmente allo specchio o in fotografia o in un video, cercando di avere una visione globale evitando di concentrarsi sulla parte che non piace. Questo esercizio, che all'inizio provoca ansia, diventerà gradualmente più facile. Allo stesso tempo, un ragazzo dovrebbe pensare a tutto quello che ama di se stesso e quello che gli altri sembrano apprezzare (l’altezza, il sorriso, i capelli, l’energia, ecc.).
L'idea alla base di questa attività è quella di associare la propria immagine a sentimenti più positivi per "occupare lo spazio" a scapito dei pensieri negativi che potrebbero attaccarsi ad essa senza mai lasciarla.
Il secondo tipo di esercizio da eseguire è di non nascondersi più. Questo, sottolineano i terapeuti, richiede ovviamente uno sforzo di volontà. È più probabile che la propria tendenza naturale nasconda la parte o le parti che danno fastidio, per non rischiare di attirare l'attenzione e quindi giudizi sui propri punti sensibili. Sul momento si può provare un senso di sollievo, ma più ci si nasconde, più si accentua il proprio imbarazzo o la propria vergogna a lungo termine.
Una ragazza o un ragazzo deve essere spronato ad avere il coraggio di mostrarsi come è, senza particolari ostentazioni ma anche senza un’artificiale dissimulazione. Questo ridurrà la sua ansia, con l’abitudine, e limiterà le sue ossessioni lasciando la sua mente libera per qualsiasi altro argomento di suo interesse.
Per ciascuna delle parti del corpo che danno fastidio, occorre individuare le strategie di occultamento che vengono usate ed eliminale gradualmente.
Più ci si espone volontariamente agli altri, più si sarà in grado di accettarsi per come si è, come una persona degna nel suo insieme.
Smettere di fare confronti e interpretazioni
È probabile che queste due tendenze dannose riemergano regolarmente, nella vita di tutti i giorni, durante i contatti sociali.
La prima è la classica tentazione di confrontarsi con gli altri, sugli argomenti che preoccupano e in genere a proprio danno. Questi confronti, spiegano i terapeuti, sono privi di senso perché non sono mai oggettivi, essendo i criteri estetici sempre discutibili. Soprattutto, non si sarà mai in grado di avere la stessa visione di se stessi che hanno gli altri, essendo la visuale radicalmente diversa.
Che si venga rassicurati o meno in quel momento, questi confronti contribuiscono solo a mantenere la propria ossessione fisica: la soddisfazione che si potrebbe trarne è necessariamente artificiosa e quindi destinata a finire presto.
La seconda tendenza da combattere è quella che spinge a pensare per gli altri, in relazione al proprio aspetto, attribuendo agli altri giudizi sui propri difetti. Qualsiasi silenzio, osservazione ambigua, domanda o sorriso viene interpretato negativamente se il proprio stato d'animo spinge a quello.
Tuttavia, questi giudizi affrettati non sono basati su alcuna certezza perché i propri interlocutori non diranno mai cosa pensano veramente su questi argomenti così intimi. Molto probabilmente, la loro attenzione e i loro pensieri sono più attratti dal proprio atteggiamento generale, dai propri discorsi e dalla propria disponibilità nei loro confronti piuttosto che dai dettagli che preoccupano tanto.
In definitiva, l'obiettivo a cui tendere è la riconciliazione di un giovane con tutta la sua persona, sulla base di veri valori di vita e di scambi sinceri con gli altri, senza eccessivi perfezionisti o pretese dispotiche su se stessi.
Questo diminuirà le sterili fissazioni che un adolescente potrebbe avere su aspetti fisici superficiali della sua persona, che tuttavia, se non gestite, possono procurare grande sofferenza interiore.