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“John Hughes non ha diretto la mia vita”, si lamenta Olive, la protagonista di Easy Girl interpretata da Emma Stone. Da una parte ci rammarichiamo tutti che un regista come lui, abile nel raccontare quell’età inquieta, difficile, e spietata che è l’adolescenza non abbia diretto nemmeno le nostre di vite, dall’altra dissentiamo. Hughes, nel portare sullo schermo i suoi personaggi, ha raccontato le vite di ciascuno di noi.

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Dopo la morte del produttore, sceneggiatore e regista, in tanti si sono cimentati in commedie giovanili che citassero i suoi film.

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Easy Girl riesce dove altre pellicole sono cadute: porta sullo schermo una gioventù fresca e varia, fuori dagli schemi e spoglia di giudizi altrui, nonostante il giudizio e la reputazione siano proprio al centro della vicenda. 

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Easy Girl non è un rifacimento della Lettera Scarlatta di Nathaniel Hawthorne, piuttosto un’occhiata indiscreta alle tematiche del romanzo – ipocrisia, umiliazione, conformismo, codardia sociale, bontà individuale- all’interno di un liceo californiano dove il libro in questione è inserito nel programma didattico.

Emma Stone, con difetto di pronuncia incluso (se ascoltata in lingua originale), ci presenta un personaggio intelligente, che quasi ci si chiede come facciano i suoi coetanei a non trovarla attraente. Olive è una ragazza come tante, passa metà del suo tempo a parlare di sesso e l'altra metà nella sua stanza a non farlo. Messa alle strette e desiderosa d'impressionare la sua amica più disinibita, confessa un finto rapporto sessuale, mentre la solita fondamentalista cattolica di turno capitata nei paraggi per caso, origlia e provvede poi a trasformare questo pettegolezzo in uno scandalo. Molto presto quindi Olive si guadagna un’A+ in prostituzione giovanile.

Nonostante una ragazza come lei avrebbe potuto intuire che le cose stavano per mettersi male, sceglie, con cognizione, di giocare al femminismo postmoderno. Usa la sua sessualità senza vergogna, vestendosi da spogliarellista di prima mattina e cucendo una “A” scarlatta su tutti i suoi mini bustini. E quando confessa a coloro di cui si fida di essere in realtà ancora vergine, non mostra alcuna vergogna.

Easy Girl riesce dove altre pellicole sono cadute: porta sullo schermo una gioventù fresca e varia, fuori dagli schemi e spoglia di giudizi altrui, nonostante il giudizio e la reputazione siano proprio al centro della vicenda. Oltre a battute divertenti e un racconto sopra le righe, emerge il quadro di una generazione tormentata, come quella di Hughes, piena di problemi e fissazioni, di schemi, d’incertezze sul posto che deve occupare nel microcosmo della scuola, prototipo del mondo che li aspetta là fuori, a cui è meglio non pensare ancora.

Easy Girl recupera quella freschezza tipica delle pellicole degli anni ’80, e ne fa il suo punto di forza, senza nasconderlo, ricrea e reinterpreta, elencandole, le scene cult del cinema di Hughes.

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 Il cast è pieno di giovani di talent, a cominciare proprio da Emma Stone, che si applica una grossa A rossa sul pezzo citando La lettera scarlatta - “E se proprio non volete leggere il libro, almeno guardate il film originale, non quella roba con Demi Moore”-. E poi Penn Badgley, direttamente dal set di “Gossip Girl” è il ragazzo dei sogni, Amanda Bynes nella parte “dell’odiosa” puritana che predica verginità e religione.  Easy Girlè, a modo suo, un piccolo gioiello, un film che ha un respiro ampio e più grande di lui, il cui più merito è quello di non vergognarsi di gridare al mondo che John Hughes è stato un grande autore mai abbastanza celebrato.

Marta Bosso
Laureata all’Accademia di Belle Arti nel corso di Scenografia. Cinefila ed accanita lettrice.

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