“… In queste pagine l’educatore si identifica profondamente con la condizione psicologica dell’adolescente, la mette in parole, la fa diventare una vicenda cui il lettore può partecipare. Non è un testo scritto con il gergo criptato che si usa spesso tra gli operatori dell’educazione. Un tentativo, a mio giudizio riuscito in modo strabiliante, di “mettere in bella” la brutta, il libro di bordo, la comunicazione per il giudice, la relazione per i servizi sociali.
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Abbiamo bisogno di costruire oggetti belli come questo per adornare il percorso di crescita degli adolescenti, che vivono troppo spesso in mondi culturalmente brutti. Non è solo il problema del degrado del contesto ma quello della bruttezza della relazione con gli adulti. Con questo libro si fa il tentativo di mettere vicino agli adolescenti un oggeto bello. […]
Questo libro riesce a evocare l’importanza della riflessione condivisa. Tutto quello che pensano educatori e ragazzi nasce dall’appartenere a un “luogo” in cui governa la riflessione condivisa, che permette di regalare senso a quello che accade, a gesto spessi insensati, mettendo in comune il dolore.
A me non viene in mente un testo che abbia la stessa bellezza, la stessa qualità ed efficacia nel trasmettere un sapere importante. Che cosa avviene, quali sono le decisioni che vengono prese lungo l’itinerario che va dall’arco alla freccia puntata verso il bersaglio della crescita, dell’identità? Mi sembra un libro autentico, un’operazione sobria, fatta senza retorica.
Il mondo educativo di Milano sarà grato agli autori che mostrano in queste pagine non tanto un modello educativo ma lo spessore di un modello relazionale”.