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Il taglio di quest’opera è scientifico e il linguaggio che ho utilizzato è proprio di un’impostazione più psicologica che psichiatrica. Cosa che mi è congeniale giacché rappresenta, assieme alla mia formazione, le mie convinzioni.

Questo lavoro è il completamento di un modello teorico e pratico, sviluppato all’inizio per la comprensione ed esplicazione del disagio e della devianza adolescenziale e del suo trattamento. Con esso si conclude un ciclo di studi e ricerche sull’adolescenza, durato praticamente tutta una vita professionale, che si è concretizzato nella la pubblicazione di diversi articoli su riviste scientifiche di prestigio nazionali ed internazionali e numerosi libri, singoli e collettanei. Un ciclo che si è fondato, è stato guidato e sostenuto da alcune esperienze umane e professionali.

La prima esperienza, quella che resta per me la “testata d’angolo” sulla quale ho edificato il resto del mio lavoro, è riferita agli anni della mia giovinezza, soprattutto al periodo universitario: l’attività ed il forte coinvolgimento nel volontariato svolto in una grande associazione educativa. Qui ho aiutato a crescere centinaia di adolescenti e giovani. È stato per me come aver ricevuto una specie di imprinting ed una formazione all’ascolto, all’attenzione, all’incontro.

Ho imparato ad essere per tanti ragazzi in difficoltà, più che un “amico adulto”, un “fratello maggiore”.

La seconda esperienza che per me è stata formazione e guida è l’incontro ed il lungo rapporto, durato quasi vent’anni, con lo psichiatra viennese Viktor Emil Frankl, fondatore della logoterapia e della concezione antropologica, previa alla psicoterapia, nota come analisi esistenziale. Da Frankl non ho imparato a fare ma ad essere uno psicoterapeuta: ho compreso cos’è l’attenzione all’individuo, che è unico ed irripetibile, ho imparato a stare accanto alla sofferenza, perché anche nelle situazioni peggiori c’è sempre la possibilità di realizzare qualcosa di grande, di dare alla propria vita un significato ed una pienezza esistenziale, nonostante tutto.

A qualcuno forse potrà apparire strano che una concezione esistenziale si possa coniugare con la mia attenzione alla complessità ed all’ambiente; al contrario, ritengo che fra di esse ci sia un intimo e forte rapporto. Il mettere al centro della propria attenzione l’altro, la persona, significa agire per lei e nelle sue condizioni di vita.

Non bisogna dimenticare poi che Frankl stesso, dopo l’espulsione dalla Società di Psicologia Individuale adleriana, fu l’ideatore ed animatore negli anni ’30 dello scorso secolo dei Centri di Consulenza per giovani (Jugendberatung) in condizione di disagio psicologico o con manifestazioni apertamente psicopatologiche. In tali Centri, che funzionarono dapprima a Vienna e quindi in altre sei città europee, vi prestarono la loro opera a titolo totalmente gratuito grandi psicoterapeuti come gli adleriani Erwin Wexberg e Rudolf Dreikurs ed il fondatore della pedagogia psicoanalitica August Aichhorn.

Questa sensibilità all’ambiente, da parte degli psichiatri e psicologi appartenenti alla corrente fenomenologico-esistenziale, del resto, è evidente proprio in colui che considero il massimo esponente di questa corrente qui in Italia: Franco Basaglia, del quale certo non si può dire che abbia dimenticato i contesti di vita del cosiddetto “malato mentale”.

La terza esperienza, per me fondamentale, sono stati i tanti anni dedicati alla ricerca psicosociale sull’adolescenza svolta sul campo, avendo da guida maestri come il compianto Giancarlo Milanesi, Robert Agnew della Emory University di Atlanta, e i tanti amici e colleghi nei diversi Istituti universitari e nelle Fondazioni dove ho lavorato. Da tutti questi, non solo ho imparato a fare ricerca, ma soprattutto ho appreso uno stile ed una professionalità: la modestia e l’umiltà, la costante messa in discussione di ciò che si scopre senza mai tirare le somme del proprio lavoro, la curiosità e il rigore scientifico. Tenendo bene a mente che il fine non è mai la scienza per la scienza, ma l’utilità che può avere sotto un profilo concreto, preventivo, educativo o trattamentale che sia, ciò che si scopre.

Poi i tanti anni di insegnamento, oramai più di trenta, in grandi strutture universitarie così come in piccoli Istituti dove ho sempre cercato di formare gli studenti al sapere e al saper-essere più che trapassare delle nozioni. In questi anni ho scoperto quanto sia vera l’affermazione di Arthur Schopenhauer: “insegnando impariamo”.

Il compito di insegnare mi ha costretto al continuo aggiornamento, alla critica costante, dagli studenti e dai tanti specializzandi ho ricevuto critiche e lodi, obiezioni che mi hanno fatto scorgere ciò che non ero riuscito a vedere o avevo superficialmente ignorato.

Infine, l’esperienza più importante, senza la quale forse questo libro, come altri, non avrebbe visto la luce: i tantissimi ragazzi che ho seguito nella mia attività psicoterapeutica. Agli psicoterapeuti è noto come la terapia con gli adolescenti sia una delle esperienze maggiormente stimolanti, ma nel contempo frustrante e ansiogena.

Io stesso mi sono potuto rendere conto che la formazione che avevo ricevuto non bastava perché nel lavoro con i ragazzi entrano in gioco tutta una serie di aspetti che vanno ben al di là della “terapia ortodossa”, svolta con bambini o con gli adulti, di qualunque approccio o scuola essa sia.

Gli adolescenti, soprattutto nella fase della prima e in parte della media adolescenza, non sono ben disposti e disponibili nei confronti della terapia. Mi sono misurato all’inizio dell’attività con quello che sembra essere uno scoglio che quasi tutti i terapeuti incontrano: la ritrosia, alle volte il rifiuto manifesto a coinvolgersi in un trattamento.

Ho capito come l’opposizione ostinata di alcuni ragazzi al ruolo di “pazientini” non fosse collegata semplicemente ad una diffidenza nei confronti dell’adulto, alla paura di far la figura degli “sfigati”, di essere presi in giro dai coetanei, di essere considerati dagli amici degli “strani”, alla perdita di qualche vantaggio secondario connesso al loro malessere, a qualche forma stravagante di resistenza.

Ma fosse da attribuirsi innanzitutto al rifiuto di vedersi costretti in una posizione, quella appunto del piccolo paziente, in virtù di problemi e dinamiche non solo personali ma che riguardano condizioni difficili più ampie che si situano in contesti quali la famiglia, la scuola, gli amici, in una architettura sistemica nella quale essi sono al centro. Ho preso consapevolezza di come il rapporto con i ragazzi costringa spesso ad abbandonare gli schemi, le procedure e le tecniche tradizionali. Ciò non vuol dire che si debba scivolare in una forma di trattamento guidato dal buon senso, che finisca con l’essere una chiacchierata alla buona tra amici, ma richieda ascolto, dialogo, disponibilità, andar oltre le regole e i metodi tradizionali: significhi in primo luogo lasciar sempre aperta la porta del proprio studio, per esprimere accoglienza e riguardo riassumibile in una breve, semplice frase: “io per te ci sono, puoi venire ogni volta che lo vorrai e se lo vorrai”. In una parola, ciò vuol dire fondare un modo di far terapia con gli adolescenti, dove il primo passo è comprendere ciò che si muove.

L’introduzione di un libro per me rappresenta una specie di benvenuto al lettore, durante il quale il padrone di casa si presenta, accoglie gli ospiti e descrive ciò che essi troveranno. È cioè un momento confidenziale, premuroso, privo di formalismi. Ora lascio quindi il confidenziale per passare al composto atteggiamento scientifico, che sembra si addica di più a quest’opera, e spero che non vi annoi troppo. Buona lettura e, a chi ne è costretto, buono studio.


Il libro si può acquistare qui

Giacinto Froggio
Psicologo e psicoterapeuta. Si occupa dall’inizio degli anni ’80 dello scorso secolo del disagio, della devianza e della psicopatologia dell’adolescenza. È Docente Stabilizzato presso l’Istituto Universitario “Progetto Uomo” Aggregato alla Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. Dal 2007 al 2018 è stato Docente Invitato presso il Consorzio Interuniversitario FO.R.T.UN.E, ed è attualmente Docente Invitato presso l’AIPRE (Associazione Italiana di Psicologia Preventiva) il CRP (Centro di Ricerca in Psicoterapia).

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