Per gentile concessione dell'autore, pubblichiamo l'introduzione del saggio "La famiglia flessibile" di Riccardo Bonato (Franco Angeli Editore).
La regolazione dei rapporti di lavoro nel nostro Paese è stata oggetto di importanti trasformazioni negli ultimi decenni, a partire dal “Pacchetto Treu” (L. 196/1997), proseguendo con la “Riforma Biagi” (L. 30/2003), la “Riforma Fornero” (L. 92/2012) e, da ultimo, il “Jobs Act” (L. 183/2014, con decreti attuativi). Queste riforme hanno avuto lo scopo di rendere più flessibile il mercato del lavoro italiano.
La retorica politica, con lo scopo di supportare i cambiamenti legislativi, ha attribuito, per oltre vent’anni, poteri taumaturgici alla flessibilità lavorativa: maggiore occupazione, capacità di aiutare i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro e maggiore produttività del sistema-Paese sono solo alcuni dei meno improbabili.
Le storie di vita dei lavoratori “flessibili” spesso raccontano qualcosa che raramente trova rappresentazione nei mass-media: professionalità altamente qualificate retribuite meno del limite di sopravvivenza; coppie a doppio reddito senza la possibilità di accesso al credito per l’acquisto della prima abitazione; lavoratrici costrette a posticipare la maternità per paura di perdere il posto di lavoro; uomini e donne senza un’identità lavorativa che possa dare loro dignità di fronte alla società.
La letteratura economica, sociale e giuridica – spesso con analisi necessariamente transdisciplinari – ha da tempo messo in luce anche le implicazioni meno accettabili della progressiva flessibilizzazione del mercato del lavoro.
Fornire un quadro sintetico delle ricerche critiche sul lavoro flessibile è uno degli scopi di questo libro. Sono numerosi, come vedremo, gli studi che spiegano perché la flessibilità non aiuta la produttività a crescere, anzi la deprime; perché i contratti flessibili non sono uno strumento di ingresso nel mondo del lavoro, ma uno strumento di progressiva riduzione delle tutele in ambito lavorativo; perché la flessibilità abbatte il potere contrattuale dei lavoratori e per questo abbassa, a parità di condizioni, le retribuzioni.
La ricerca sociologica ha avuto un ruolo di primo piano nel mettere in discussione il “taken for granted” dell’informazione di massa. A partire dalla fine degli anni ‘90 sono stati pubblicati studi che rilevano gli effetti della flessibilità lavorativa sull’individuo (Sennett 1999; Bauman 2000; Paugam 2000;) e sulle scelte famigliari (Esping Andersen 1995; Saraceno 1999; Fullin 2002;). L’uomo flessibile di Sennett (1999) e Modernità liquida di Bauman (2000) sono certamente, in questo panorama, le opere di riferimento.
Gli autori si dividono in due fronti riguardo agli effetti della flessibilità lavorativa sull’identità personale: da un lato, viene evidenziata una progressiva “corrosione della personalità” dovuta alla frammentazione dell’“esperienza lavorativa” che rende difficile la sua ricomposizione in un percorso professionale e identitario coerente (Sennett 1999); dall’altro lato, si sostiene che una crescente “fluidità” dell’identità individuale, dovuta alle trasformazioni professionali, rende l’individuo più adatto alla mutevolezza del contesto (Bauman 2000). Ci sono letture intermedie che individuano degli elementi di mediazione ritenuti essenziali per la sintesi delle due posizioni, quali il livello di gratificazione dell’individuo (Paugam 2000) o la percezione da parte del lavoratore della flessibilità come risorsa per il miglioramento (Fullin 2004).
Sono stati rilevati, altresì, degli effetti della flessibilità lavorativa sulle scelte famigliari e sul loro “timing” (Esping-Andersen 1995; Saraceno 1999; Fullin 2002), in particolar modo rispetto alle decisioni degli individui di formare una nuova famiglia e di mettere al mondo dei figli, nonché rispetto al modello famigliare da adottare (Salmieri 2006). Dato che la dimensione lavorativa influisce sull’identità dell’individuo e sulle sue scelte, è necessario ricercare dei possibili effetti anche da un punto di vista valoriale famigliare e di crescita dei figli: la famiglia è l’unità aggregativa più vicina all’individuo.
È su questo profilo della questione – ossia le conseguenze della flessibilità sulle dinamiche famigliari – che si innesta il contributo essenziale di questo studio. Sarà proposto un quadro di argomenti qualitativi e quantitativi per sostenere che, almeno in Italia, la flessibilità lavorativa può avere non solo effetti sulla persona del lavoratore flessibile e sulla sua famiglia, ma anche conseguenze di ordine transgenerazionale: l’impatto della flessibilità del lavoro sulla famiglia può produrre conseguenze a carico delle generazioni a seguire.
L’ipotesi qui formulata è la seguente: la flessibilità lavorativa influenza le tutele della genitorialità e la differente fruizione di queste ultime ha un impatto sulla famiglia, e sulla crescita del bambino. La ricerca quantitativa condotta in occasione di questo studio evidenzia un indicatore che rivela l’esistenza di un impatto transgenerazionale della flessibilità lavorativa: sembra esistere una relazione fra le differenti tipologie contrattuali con cui è assunta la figura di riferimento del bambino (tipicamente la madre) e lo sviluppo del linguaggio dell’infante. Tale relazione sembra essere mediata proprio dalla fruizione delle tutele della genitorialità, nel caso i permessi di allattamento. Poco più del 25% delle lavoratrici flessibili, infatti, utilizzano i permessi di allattamento contro il 60% circa delle lavoratrici con un contratto stabile. Questo fattore ha un impatto evidente (e drammatico) sullo sviluppo del linguaggio del bambino: la mancata fruizione del permesso di allattamento da parte della figura di riferimento aumenta notevolmente (48% circa) la probabilità che il figlio appartenga al gruppo dei bambini nei quali si rileva un rallentamento nello sviluppo linguistico.
I dati derivanti dalla ricerca – riferiti in particolare a bambini fra 0 e 3 anni – sembrano supportare a livello empirico la tesi di un effetto transgenerazionale causato dalla flessibilità e mediato dalle diverse tutele della genitorialità.
Questa conclusione è stata raggiunta nell’ambito di un’ampia ricerca sul campo finalizzata alla verifica di alcune ipotesi relative all’impatto dei contratti flessibili sull’individuo e sulla famiglia, nonché al rapporto famiglia/lavoro/servizi all’infanzia nell’ambito dei nidi e delle scuole del Comune di Milano.
L’esposizione degli argomenti è di tipo transdisciplinare. Si incroceranno elementi di analisi propri dell’economia, del diritto, della sociologia e della psicologia.
Nel primo capitolo sarà definito il significato di due concetti chiave per questo studio: “famiglia” e “flessibilità”. La denotazione del termine “famiglia”, infatti, è particolarmente necessaria per eliminare, sin dal principio, la possibilità di preconcetti ideologici relativi al tema. Qui la famiglia è vista come “seminarium civitatis”, cioè come nucleo trasmissivo intergenerazionale di capitale e, quindi, nella sua funzione riproduttiva, educativa, emotiva, affettiva, di protezione e di sostegno del “cucciolo di uomo”. Chiarire il senso di “flessibilità” lavorativa, invece, individua i confini e l’oggetto di quest’analisi.
Il secondo capitolo sarà dedicato a sfatare alcuni falsi miti sugli effetti della flessibilità. Sarà approfondito il rapporto tra flessibilità, produttività e retribuzioni dei lavoratori attraverso i contributi dei maggiori esponenti delle diverse scuole economiche, nonché l’efficacia della flessibilità come strumento d’ingresso nel mondo del lavoro.
Si darà conto degli studi sociologici riguardanti l’impatto della flessibilità lavorativa sull’individuo e sulla sua famiglia. Conoscere questi studi aiuterà a comprendere quanto la flessibilità influenzi il sistema di valori e di scelte dei lavoratori, non solo rispetto alla dimensione individuale lavorativa, ma anche a quella individuale personale e addirittura alla dimensione personale famigliare.
Nei capitoli quarto e quinto, si proporrà un’analisi della normativa giuslavoristica italiana e del sistema di welfare a tutela della genitorialità. Questo aiuterà il lettore a conoscere la regolazione dei principali istituti e sussidi offerti dall’ordinamento italiano, nonché a comprendere i motivi della differente efficacia di queste protezioni che contratti flessibili e contratti stabili comportano.
È utile ricordare che il diritto del lavoro ha funzione protettiva. Le norme a tutela della genitorialità hanno lo scopo di proteggere il momento riproduttivo: la nascita di un figlio rappresenta un valore per tutta la società. Come si osserverà nel capitolo sesto, la tutela della genitorialità, infatti, è volta a preservare le condizioni di vita che studi medici, psicologici e sociali hanno indicato come determinanti per il benessere famigliare e per lo sviluppo del bambino.
Nel settimo capitolo sarà presentata la ricerca sul campo, effettuata in occasione di questo studio, con lo scopo di verificare alcune ipotesi teoriche relative all’impatto dei contratti flessibili. La popolazione sulla quale è stato condotto questo studio è composta da 9.936 famiglie che hanno un bambino di età compresa fra 0 e 3 anni che frequenta un servizio dell’infanzia del Comune di Milano. Per meglio argomentare i risultati anche da un punto di vista statistico, la metodologia di analisi, con le elaborazioni numeriche utilizzate, è stata raccolta in una specifica appendice del presente libro.
In conclusione, questo studio fornisce argomenti per sostenere che accentuare la flessibilità dei rapporti di lavoro è una via irta di rischi e priva di sicurezze. La flessibilità non consente né di migliorare i livelli occupazionali, né di produrre incrementi di produttività. Più realisticamente, è funzionale all’abbassamento delle retribuzioni.
La mancanza di strumenti di sostegno e tutela dei lavoratori strutturalmente meno produttivi (come le lavoratrici madri) può produrre conseguenze deleterie non solo sul benessere e sulle scelte di vita delle famiglie di oggi, ma anche sulle generazioni future: lo sviluppo del bambino è connesso anche agli strumenti di tutela della maternità e della paternità garantiti ai suoi genitori.
Vent’anni di “riforme”, in Italia, hanno gravemente sottovalutato questi rischi, o forse non li hanno presi in alcuna considerazione.
L’effetto transgenerazionale della flessibilità del lavoro è ormai talmente forte che alcuni indicatori permettono di rilevarlo e di misurarlo.
Il libro sarà disponibile dal 1 settembre 2016, si potrà acquistare qui