A volte gli adolescenti aumentano la loro infelicità continuando a ripensare a qualcosa di negativo che è capitato loro: un insuccesso scolastico, un dissapore con gli amici, una brutta figura, uno scacco amoroso, e facendolo cosi “intrappolano” all’interno della loro stessa testa.
Questo può essere un comportamento non solo estenuante ma anche dannoso per la loro salute mentale.
Il pensiero eccessivo è una trappola comune in cui cadere ma esistono modi per rompere questa abitudine, e gli adulti che si occupano dei giovani, genitori o educatori, dovrebbero insegnare loro a metterli in pratica.
Il pensiero eccessivo è strettamente connesso all'infelicità.
La psicologa ha collegato la ruminazione, il termine clinico per il pensare troppo, alla depressione. A differenza della preoccupazione o addirittura della paura, che possono portare una persona verso un'azione produttiva, il pensiero eccessivo è circolare, un ciclo infinito di rimuginio su ciò che è già accaduto, dai passi falsi a livello sociale, alle sconfitte, alle scelte che hanno cambiato la vita.
È importante, sottolineano i terapeuti, comprendere a fondo la distinzione tra pensare troppo e preoccuparsi. Preoccuparsi è utile quando può portare a un'azione che in qualche modo ridurrà un rischio. Un ragazzo preoccupato per una proposta di riduzione delle attività extrascolastiche nella sua scuola, ad esempio, potrebbe sentirsi motivato a parlarne in una riunione con gli insegnanti.
Ma se un adolescente si sta ripetendo i pensieri più e più volte una volta che ha fatto le cose sotto il suo controllo e scopre che sta amplificando l'ansia senza che ciò porti a un'azione utile, allora questo comportamento può essere un indice di ruminazione.
Se un ragazzo confida a un genitore che, ad esempio, di notte pensa a se stesso invece di dormire, questi dovrebbe cogliere l’occasione per spiegargli che è il momento di considerare alcuni cambiamenti nel suo atteggiamento. Lo stesso vale per l'irritabilità, conseguenza di quando il rimuginio porta a un secondo livello di stress che rende difficile una relazione equilibrata con gli altri.
Esistono diverse strategie per uscire da un ciclo di pensieri eccessivi e per superare questa abitudine.
Una di queste consiste nella pratica dell'auto-compassione o del trattarsi con la stessa empatia che la maggior parte delle persone offre naturalmente a un’altra in difficoltà. È un valido modo per sconfiggere la rimuginazione.
In sostanza consiste nel riconoscere ciò che si sente, senza respingerlo, senza renderlo più grande o più piccolo, spiegano gli psicologi. Consiste nel nominare le emozioni specifiche che si provano, come sentirsi ansiosi o imbarazzati o in colpa. Quando si riflette sui propri sentimenti, occorre ricordare che il modo in cui ci si sente è umano e che tutte le persone provano lo stesso tipo di sentimenti.
Rimuginare significa essere bloccati nella propria testa e, aiutando a mettersi in relazione con gli altri, l'autocompassione aiuta a uscirne.
Le persone sono spesso riluttanti a trattarsi in modo empatico. Di conseguenza, la terapia suggerisce di fare una pausa di auto-compassione quando si prova dolore o si vivono sconvolgimenti emotivi, fermandosi per un minimo di due minuti, parlando a se stessi con parole gentili, mettendo le mani sul cuore e ricordando che anche se ci si sente soli, non lo si è davvero.
La distrazione poi è un ottimo modo per tornare in carreggiata quando ci si ritrova a pensare troppo. Lo si può fare strimpellando una nuova canzone su uno strumento, cucinando una nuova ricetta, o qualcos’altro del genere. È bene provare qualcosa di nuovo quando si sta cercando di distrarsi, poiché richiederà più concentrazione e terrà fuori dalla propria testa.
Se ci si applica a qualcosa di cui si è esperti, lo si può fare continuando, allo stesso tempo, a rimuginare. Ma se lo si fa mentre si guarda magari un video, allora questo potrebbe essere una buona distrazione cognitiva.
Il concetto di tempo di preoccupazione è uno strumento utilizzato nella terapia cognitivo comportamentale per aiutare le persone a gestire il pensiero eccessivo. Per metterlo in pratica, bisogna “mettere da parte” 10-20 minuti al giorno. Sarà il tempo in cui si dice a se stessi di lasciare andare la propria mente e pensare a qualunque cosa stia facendo pensare troppo. Il trucco è quindi fare del proprio meglio per limitare la rimuginazione al tempo che si è “messo da parte” per lei.
In qualsiasi altro momento della giornata in cui si comincia a pensarci, bisogna gentilmente ricordare a se stessi che si avrà dopo, per questo, del tempo.
Sebbene questa tecnica possa sembrare eccessivamente semplicistica, sembra che aiuti, secondo i terapeuti che la consigliano. Non si sta dicendo alla propria mente che basta allontanare i pensieri negativi, ma solo che lo si farà più tardi.
La ruminazione, secondo molti terapeuti, è uno dei motivi più comuni per cui le persone decidono di andare da loro.
Una strategia ulteriore è quella di identificare ciò che è sotto il proprio controllo, quali sono i propri valori e le azioni che meglio si allineano a questo. E poi è coltivare l'accettazione del fatto che non si può sapere con certezza quale sarebbe stata un'azione o una scelta migliore di quelle fatte e che fanno soffrire. Questo per riuscire a fare i conti con il proprio passato.
Accettare la mancanza di controllo è difficile, in particolare, ad esempio, per i genitori che hanno dovuto prendere decisioni importanti in circostanze tutt'altro che ideali durante la pandemia. Nessuno può dire a se stesso di aver preso tutte le informazioni possibili e di aver fatto l’ipotesi migliore, prima di decidere, specialmente in relazione ai propri figli. Non si sa, infatti, quale sarebbe potuta essere la cosa migliore da fare.
Questa accettazione può essere una lezione significativa.
La maggior parte dei terapeuti, pensando ai propri pazienti, sarebbe d’accordo nel dire che in generale le persone aspettano molto, troppo a lungo, pima di andare da loro, soffrendo in solitudine con i loro problemi. Se si sta pensando di andare in terapia, è un buon segno che si dovrebbe farlo.
Le persone tendono a pensare alla terapia come a un impegno a lungo termine ma, per alcune scuole di psicoterapia, non deve essere un processo lungo mesi o anni. Esiste addirittura un tipo di terapia chiamata terapia cognitivo comportamentale a sessione singola, che si basa su poche sessioni. Le persone possono utilizzarle per fare un piano per affrontare il pensiero eccessivo e considerare di tornare dopo un mese per parlare di come funziona il piano o di come deve essere modificato. Questo modo di “tastare il terreno” può essere qualcosa da prendere in considerazione.
Le strategie cui si è accennato sopra valgono sia per i giovani come per gli adulti, ovviamente. Un vantaggio nell'usare queste strategie per combattere il pensiero eccessivo, per un genitore che si trovi anch’egli a soffrirne, è che un figlio può vedere suo padre o sua madre affrontare alcune situazioni ed emozioni difficili. E questo lo aiuterà a sviluppare quelle abilità essenziali, seguendone l’esempio.