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La ricerca sul malessere mentale e sul rischio suicidario dei giovani si è concentrata principalmente sui fattori di pericolo a livello individuale – come diagnosi psichiatriche, impulsività, uso di sostanze e precedenti tentativi di suicidio. Ci sono poche indagini e informazioni verificate sui fattori di rischio a livello comunitario, compreso l’ambiente fisico e sociale in cui i ragazzi vivono.

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Il tentativo di suicidio è uno dei più significativi predittori di suicidio portato poi a termine, che sta diventando una delle principali cause di mortalità negli Stati Uniti, soprattutto tra i giovani adulti, dato che vale in molti altri paesi, compreso il nostro, dove un percentuale rilevante dei ricoveri ospedalieri dei giovani è a seguito di atti di autolesionismo e tentativi suicidari.

In un nuovo studio, i ricercatori della Chobanian & Avedisian School of Medicine dell’Università di Boston e dell’Howard University College of Medicine hanno determinato che esiste una complessa interazione tra fattori a livello individuale e comunitario che può aumentare o diminuire la vulnerabilità di un individuo al suicidio. Questo è uno dei pochi studi ad esaminare i fattori di rischio per il suicidio a livello di comunità e di quartiere.

"Mentre secondo il senso comune e quanto si crede in modo convenzionale il suicidio è una morte provocata da disperazione, spesso causata da circostanze avverse, il nostro studio mostra che potrebbe non essere così.

Ciò che determina il rischio di suicidio è probabilmente qualcosa di più di un rischio a livello individuale ed è più correlato a ciò che sta accadendo a livello comunitario e anche a livello sociale e politico" spiega uno degli autori, Temitope Ogundare, del dipartimento di psichiatria presso la facoltà di medicina della Boston University.

I ricercatori hanno esaminato il database del Dipartimento di emergenza dello Stato del Maryland, che contiene informazioni su tutte le visite al pronto soccorso che non hanno comportato ricoveri ospedalieri da gennaio 2018 a dicembre 2020. Hanno identificato chiunque avesse una diagnosi di tentato suicidio e hanno raccolto dati demografici e altre informazioni cliniche.

Hanno poi utilizzato un parametro chiamato Distressed Community Index (DCI), sviluppato dall’Economic Innovation Group, che utilizza sette parametri per quantificare il rischio socioeconomico.

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Sulla base del DCI, hanno disposto i quartieri degli individui che avevano tentato il suicidio in cinque livelli, da difficoltoso a prospero.

Utilizzando modelli statistici, hanno calcolato che il rischio di tentato suicidio era più alto nei quartieri più prosperi, con un rischio che aumentava man mano che gli individui salivano nella scala economica.

Siccome il tentato suicidio è il principale predittore dell’atto poi compiuto, non rilevarlo comporta un rischio elevato di non porre in atto una adeguata prevenzione.

Secondo i ricercatori, questo studio solleva importanti domande sui fattori di rischio a livello di comunità per i tentativi di suicidio, tra cui: stiamo sottovalutando e trattando meno di quanto si dovrebbe le condizioni di salute mentale e i disturbi da uso di sostanze nei quartieri in difficoltà? Le persone che tentano il suicidio in quartieri disagiati non vengono visitate o curate al pronto soccorso?

I ricercatori ritengono che questi risultati richiedano strategie universali di screening e prevenzione del suicidio. "Ciò che determina il rischio di suicidio è probabilmente più del rischio a livello individuale e legato maggiormente a ciò che sta accadendo a livello comunitario e anche a livello sociale e politico. Abbiamo bisogno di più ricerche che esaminino i fattori di rischio e di protezione per il suicidio a questi livelli", ha affermato Oluwasegun Akinyemi, MD, MSc, primo autore dello studio e ricercatore senior presso la Howard University School of Medicine.


Riferimento bibliografico

Oluwasegun Akinyemi et alii. 
The association between community-level economic deprivation and incidences
of emergency department visits on account of attempted suicides in Maryland
.
Frontiers in Public Health (2024).

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