Relazioni sociali, espansività, curiosità nei confronti degli altri e la capacità di non cedere a impulsi all’isolamento, sono tutti fattori importanti per un giovane che voglia raggiungere l’autonomia, trovando una propria strada per l’indipendenza personale e l’affermazione professionale.
È una convinzione di senso comune che trova conferma anche in una recente ricerca condotta dall'Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze del King's College di Londra, in collaborazione con l'Università di Greenwich.
Gli studiosi sono arrivati alla conclusione che esiste un impatto socioeconomico diretto della solitudine nella prima adolescenza.
La ricerca, pubblicata su Social Science and Medicine, ha rilevato che i giovani adulti solitari sono più propensi a essere al di fuori da percorsi di istruzione, lavoro o formazione ( i cosiddetti NEET) e si considerano meno capaci di trovare lavoro e si collocano a un livello più basso nella scala economica rispetto ai loro coetanei meno solitari.
Utilizzando i dati dello studio longitudinale sui gemelli a rischio ambientale (E-Risk), i ricercatori hanno seguito il progresso di 2.232 giovani nati in Inghilterra e Galles nel 1994-1995. I partecipanti sono stati valutati a 12, 18 e 26 anni in riferimento ai livelli di solitudine, ed è stato inoltre preso in considerazione il loro status sociale.
Lo stato occupazionale e la capacità di trovare lavoro dei partecipanti sono stati valutati all'età di 18 anni.
I ricercatori hanno scoperto che i giovani adulti che avevano sperimentato la solitudine in giovane età hanno incontrato difficoltà nella giovane età adulta, anche se in quel momento non erano più soli.
Gli autori dello studio suggeriscono che questo dimostri che la solitudine influisce sulle prospettive economiche a lungo termine di una persona e indica che affrontare la solitudine nella prima adolescenza potrebbe portare benefici economici attraverso un aumento delle capacità di inserimento professionale e di produttività.
Bridget Bryan, studentessa di dottorato presso il King's College e autrice principale dello studio, ha affermato che, mentre ci sono chiari e provati effetti della solitudine sulla salute mentale fin dalla giovane età, il nuovo studio dimostra che la solitudine influisce negativamente anche sulle prospettive lavorative di una persona.
“Abbiamo dimostrato che, fin dalla giovane età, la solitudine può avere effetti negativi sulla capacità di una persona di competere sul mercato del lavoro. Questo non solo danneggia le possibilità di un giovane nella vita ma ha anche costi diretti sull'economia di una società".
Ricerche precedenti in questo campo hanno suggerito una relazione bidirezionale tra solitudine e status sociale. Utilizzando dati raccolti nel tempo, questa ricerca ha mostrato che sentirsi soli influenzava negativamente lo status sociale di una persona nel tempo, ma lo status sociale non influenzava la futura solitudine.
Louise Arseneault, professoressa di Psicologia dello Sviluppo presso il King's College e una delle autrici senior dello studio, ha sottolineato che la ricerca è una delle pochissime che riportano e valutano l'impatto della solitudine e le sue conseguenze anche anni dopo che un giovane l’ha vissuta.
“Se vogliamo creare strategie di prevenzione efficaci, dobbiamo continuare a raccogliere dati per svelare gli esiti a lungo termine della solitudine in varie fasi della vita."
"I nostri ricercatori sostengono che i loro risultati sottolineino l'importanza di affrontare efficacemente la solitudine per aiutare sia l'individuo che la società".
"Anche se non dovremmo mai dimenticare che la solitudine colpisce persone di tutte le età, la nostra ricerca suggerisce che ridurre la solitudine negli adolescenti e nei giovani potrebbe portare benefici sia per le loro prospettive di impiego che per l'economia di un paese nel suo complesso."