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Avere una figlia adolescente oggi comporta in molti casi una complessità che era sconosciuta generazioni addietro, quando a creare problemi, tensioni, scontri erano in particolare i maschi. La difficile situazione odierna delle adolescenti viene spesso rappresentata nei media popolari, sia a livello di fiction che di cronaca.

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È una narrazione che si compone di litigi con i genitori, di uscite di casa furtive a tarda notte, di mancati rientri all’ora stabilita, di isolamento in camera e disperazione per l’ultima disavventura affettiva, di uso di sostanze in compagnia di amici e amiche, e così via.

Le adolescenti vivono una crescita cognitiva significativa durante questi anni cruciali, ma affrontare cambiamenti fisici e relazionali importanti, imprevisti a scuola, in casa e in altre situazioni informali, può giustamente scatenare intense e a volte incontrollate risposte emotive.

Ma cosa succederebbe si chiedono gli psicologi, se evitassimo le definizioni di instabilità, volubilità, eccitabilità e così via, come quando si considerano alcune ragazze adolescenti come "troppo emotive" o "altamente reattive emotivamente", pensando a questa condizione come uno stato temporaneo dell'essere piuttosto che un attributo fisso di alcune personalità?

Si scoprirebbe che dare potere alle ragazze adolescenti con un particolare intervento psicoeducativo potrebbe avere un impatto significativo sul loro equilibrio.

Karen Rudolph è professoressa di psicologia presso l'Università dell'Illinois Urbana-Champaign e ricercatrice presso il Beckman Institute for Advanced Science and Technology e il Center for Social & Behavioral Science dell'Illinois. Il suo ultimo studio ha cercato di verificare se un intervento di una sola sessione potesse migliorare le risposte emotive delle ragazze adolescenti agli eventi stressanti. Il testo che analizza questo “esperimento” è stato pubblicato dalla rivista Child Development.

"Volevamo capire il ruolo delle mentalità emotive, ovvero se le giovani credono che le emozioni siano innate e fisse o se queste possono essere più malleabili e modificabili" ha spiegato la professoressa Rudolph.

"Abbiamo esaminato il ruolo delle mentalità emotive durante l'adolescenza, quando si pensa che i ragazzi siano molto emotivi, ed eravamo curiosi di sapere se potessimo sostenere un potenziamento della mentalità e del controllo emotivo nelle ragazze".

Una cosiddetta "mentalità di crescita" in contrapposizione a una "mentalità fissa", non è un concetto nuovo ed è stata applicato in diversi contesti, tra cui quello dell'istruzione. Invece di etichettare un giovane come "poco intelligente", gli insegnanti possono promuovere in lui la convinzione che con l'apprendimento e lo studio continui si possono acquisire conoscenza, il che significa che l'intelligenza non è un attributo fisso, ma piuttosto qualcosa che può essere insegnato e appreso.

"Abbiamo adattato questo concetto per mostrare le differenze di mentalità in riferimento alle emozioni. Quindi abbiamo deciso di sviluppare un intervento che trasmettesse diverse idee importanti, una delle quali è che le emozioni negative sono naturali e normali, ma che il mettere in pratica certe strategie di regolazione delle emozioni può aiutare le ragazze adolescenti a sentire di poter esercitare un maggiore controllo sulle proprie emozioni".

Il gruppo di ricerca ha creato una lezione psicoeducativa auto-somministrata, chiamata “e-mind”, che mira a coltivare una mentalità di crescita in riferimento alle emozioni. Le ragazze hanno ricevuto informazioni sulla neuroplasticità del cervello umano, un concetto scientifico che suggerisce che il cervello è in continua evoluzione e che le persone possono contribuire a cambiarlo.

Le ragazze del gruppo “e-mind” sono state esposte all'idea che praticare strategie di regolazione sane, come riformulare le situazioni nella propria mente o cercare supporto dagli altri, può aiutare le persone in prospettiva, in parte cambiando le stesse connessioni nel cervello in via di sviluppo. Un gruppo di controllo ha ricevuto una lezione psicoeducativa che ha fornito un'istruzione generale sul cervello e le sue funzioni.

Per testare l'effetto dell'intervento, le ragazze sono state intervistate prima e dopo compiti come una presentazione orale stressante. Hanno anche ricevuto un questionario di follow-up due e quattro mesi dopo per valutare il grado in cui le lezioni erano rimaste impresse nella loro mente e messe in pratica.

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"Siamo stati lieti di vedere che dopo l'intervento, il gruppo “e-mind” era più propenso a riferire di aver gestito in modo proattivo le emozioni negative, attraverso processi come il riformulare le situazioni o cercare supporto da altre persone, ed era meno propenso a riferire di aver risposto involontariamente o istintivamente a situazioni stressanti.

Le ragazze in questo gruppo hanno riferito meno reazioni agli stressor che includevano ruminazioni, blocchi emotivi o il non sapere come gestire la pressione e la responsabilità di affrontare un compito".

Nel complesso, i risultati dello studio hanno suggerito che la lezione “e-mind” ha promosso una mentalità di crescita più forte e miglioramenti nella regolazione delle emozioni, nell'autoefficacia e nell'uso di strategie sia in laboratorio che nella vita di tutti i giorni, con risultati più costanti nelle ragazze che avevano alti livelli di “mentalità fissa” prima dell'intervento o che percepivano la lezione come molto facile da capire”.

"Ci sono stati alcuni ambiti in cui non abbiamo riscontrato grandi differenze tra il gruppo di controllo e il gruppo “e-mind”, e questo è altrettanto importante da analizzare e da comprendere" ha affermato la professoressa Rudolph.

Ad esempio, i partecipanti non hanno segnalato una differenza significativa nella loro esperienza di emozioni negative in relazione a una presentazione orale stressante. Inoltre, gli osservatori indipendenti non sono riusciti a vedere differenze di gruppo visibili nella presentazione orale tra i due gruppi, uno che aveva partecipato alla lezione e uno che non aveva partecipato.

"Ciò che questo ci dice è che forse la lezione li incoraggia a pensare e ad agire in modo diverso, ma potrebbe comunque volerci del tempo per riuscire a gestire meglio le emozioni".

Un altro elemento chiave della ricerca è stato l'utilizzo della risonanza magnetica funzionale presso la Beckman per monitorare diversi modelli di funzionalità cerebrale associati alla regolazione delle emozioni dopo l'intervento.

La professoressa Rudolph ha detto che finora hanno solo scalfito la superficie in termini di comprensione se l'intervento abbia influenzato il modo in cui diverse regioni del cervello sono state attivate quando le ragazze cercavano di regolare le emozioni negative. Tuttavia, alcuni primi risultati suggeriscono che il gruppo dei partecipanti all’intervento potrebbe mostrare una regolazione neurale più adattiva delle emozioni rispetto al gruppo di controllo .

"Non possiamo ancora dire se questo sarà un intervento praticabile e efficace per le ragazze ad alto rischio di disturbi emotivi, ma potrebbe essere un utile punto fermo della comunità, educativa o sanitaria, che può avere importanti benefici per le adolescenti" ha concluso la ricercatrice. "Dato il suo basso costo, questo intervento potrebbe un giorno essere integrato nei programmi scolastici o in altri programmi sanitari della comunità in generale".


Riferimento bibliografico

Karen D. Rudolph et alii.
Cultivating emotional resilience in adolescent girls:
Effects of a growth emotion mindset lesson
.
Child Development (2024).

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