Un'amica di vecchia data, incontrata casualmente un po' di mesi fa, in un momento di rara contentezza, quasi di grazia, mi aveva ironicamente apostrofata con questa frase: "meno male che hai le orecchie!" e poi davanti al mio sguardo perplesso aveva aggiunto come spiegazione: "Ti servono a fermare il sorriso".
Da allora mi sono ricordata spesso, non solo di quel mio lampo di inedita felicità, ma anche di questa descrizione precisa e complice.
Oggi, dopo tanto tempo, questa frase mi è salita prepotente alle labbra di fronte al sorriso "da un orecchio all'altro" di Lamin, uno dei tanti minori non accompagnati consegnatici dal mare preso finalmente in carico (ma sarebbe più corretto dire "cura") in una struttura genovese per richiedenti asilo, dopo mesi di angoscianti perizie. Non era per l'assegno che stringeva delicatamente tra le dita come fosse una farfalla più che una borsa di studio - comprendendone credo sia il prezzo che il valore.
E forse non era neppure la conversione di quella somma in progetti futuri. Non era, credo, il traguardo e neppure il percorso a farlo sorridere, Certamente non quello indicibile lasciatosi alle spalle, ma neppure forse quello tutto in divenire e quasi insperabile, davanti a sé.
Era il clima di festa, seppure discretissima, a farlo smodatamente sorridere, l'avere accanto le persone di cui ha imparato a fidarsi, conosciute dopo il faticoso approdo in Italia, ed altre nuove arrivate lì per lui, per premiarlo della sua resistenza e della sua tenacia.
Io l'avevo già visto quel suo sorriso, forse ancora più sfacciato, meno trattenuto dalla timidezza, quando gli era arrivata la lettera che preannunciava questo nostro incontro: «La Fondazione Erri De Luca ha scelto, in virtù dei suoi talenti e della sua volontà di proseguire gli studi, e in considerazione delle sue doti umane, Lamin, nato in Gambia, dimorante in Genova, come destinatario della borsa di studio per migrante, bandita annualmente, per incoraggiare gli studi e i desideri di chi sceglie di crescere in Italia.
La borsa è un segno di gratitudine per la ricchezza che la sua vita porta al nostro paese, centro del Mediterraneo e della feconda mescolanza delle sue culture».
E Lamin la ricchezza della sua vita l'ha difesa caparbiamente: sopravvivendo, orfano e bambino, ad ogni tipo di violenza in Gambia e poi nelle prigioni libiche, resistendo alla traversata di deserti e mari, scampando alle torture e alle malattie.
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Porta nel suo corpo esile i segni visibili della sua resistenza e nello sguardo la gratitudine dei sopravvissuti. Lamin questa sua ricchezza conquistata a fatica sa offrirla con generosità disarmante.
Come Mary, l'altra minore non accompagnata, premiata venerdì da Erri De Luca, con uguale borsa di studio, per i suoi talenti, le sue doti e la sua volontà. Anche lei ha pagato altissimo il prezzo della sua ricchezza.
Eppure anche lei, oggi, ci offre un sorriso incontenibile e limpido. Ha appena superato l'esame di terza media, vorrebbe fare l'interprete per aiutare gli altri minori e canta continuamente, senza quasi neanche accorgersene, restituendo così a chi le è vicino, con voce incantevole, la sua gioia contagiosa.
Cinque anni fa Abdulaye un ragazzino di 15 anni - che avevamo incontrato a Lampedusa insieme a molti altri minorenni non accompagnati richiedenti asilo, rinchiusi nel centro di Contrada Imbriacola - aveva consegnato alle operatrici di Terre des Hommes una lunga lettera nella quale tra le altre cose si leggeva questo straordinario augurio: «Conservate la vostra dignità, il vostro valore, la vostra devozione, la vostra tolleranza il vostro amore, la vostra memoria intellettuale e infine la vostra lotta senza paura per il benessere dei minori nella vita di tutti i giorni, che i minori sono fieri di voi e vi resteranno sempre vicini ».
Oggi, mentre vedo i sorrisi irresistibili di Lamin e Mary, dei loro educatori e del Poeta che consegna loro le borse di studio, sono certa che l'auspicio contenuto in quella lettera si stia realizzando.
articolo precedentemente pubblicato da Repubblica - Genova