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Il dato più impressionante, e non è che ne manchino nel Dossier statistico immigrazione per il 2016 da poco presentato da Idos nelle principali città italiane, è rappresentato dal numero dei migranti forzati, ovvero da tutte quelle persone che, non avendo altra scelta, sono state costrette a lasciare la loro casa e il loro paese. 

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Nel 2015 sono stati ben 65,3 milioni le persone in fuga. Mai cosi tante nel mondo.

Ogni minuto, ci svela il dossier, 24 persone sono costrette a lasciare la propria casa per sfuggire a una situazione insostenibile di bisogno o per evitare il pericolo di morte o di privazione della libertà.

Ascolti queste cifre e inconsciamente sospiri di sollievo perchè non sei uno di quei 24, non ora, non in questo minuto. Sospiri, un po' meschinamente, percependo seppure in maniera confusa, l'immeritata fortuna delle nostre esistenze.

È la magia dei numeri: se ridotti in piccolo, in misure alla portata di tutti, se collocati vicino, di fronte a noi, sono in grado di suscitare empatia. Questa magia ovviamente diviene più efficace se dietro il numero riusciamo a mettere a fuoco una storia ed un volto.


il bilancio dei decessi nel Mediteranneo per quanto enorme
non rende giustizia alle continue stragi
in mare delle ultime settimane


Come accade talvolta con alcune immagini riportate dai media. Penso al piccolo Aylan il bimbo siriano bello e perfetto fotografato su una spiaggia dove è approdato senza vita.

Si, perchè tra loro, tra i 24 fuggiaschi al minuto, c'è l'orribile conta dei morti. Quella non sta nelle statistiche, se non a spanne, sempre incolpevolmente indicata per difetto.

Il dossier infatti si riferisce ai primi mesi all'anno 2016 e il bilancio dei decessi nel Mediteranneo per quanto enorme (3168 creature che hanno perso la vita cercando di salvarla) non rende giustizia alle continue stragi in mare delle ultime settimane.

Solo l'altro mercoledì, il 2 novembre, sono affogate almeno 239 persone e tra loro pare tantissimi bambini.

E poi ci sono quelli che il mare pietosamente inghiotte senza lasciarne traccia neppure per un pianto o una statistica. Il cimitero di Lampedusa e di altre terre di approdo, danno riparo a molte salme senza nome.

Alcuni siciliani hanno persino deciso di accogliere questi sventurati sconosciuti nelle tombe di famiglia, per restituire loro una casa e un nome.

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Qualche sera fa, in un piccolo "accogliente" comune abbiamo fatto la conta aggiungendo alla cifra del dossier i bollettini di morte forniti dagli organi di informazione, seppure in notizie sempre più di nicchia, poche righe per non disturbare il lettore.

Saranno ormai almeno 5000 i morti affogati dall'inizio dell'anno. Sindaco e assessore si guardano e lo stesso pensiero allarmato li travolge: "Come se metà di noi, della nostra popolazione, scomparisse".

Loro, volti e storie dei vecchi e nuovi concittadini li conoscono bene. E mentre pronunciano questa frase, "la metà di noi...", le persone tra il pubblico si guardano l'uno con l'altro, come in una conta, in una lotteria: "Quale metà?" sembrano domandarsi: tu od io? Chi di noi avrà salvezza?

L'altro giorno un ragazzo richiedente asilo presentatosi in commissione per il riconoscimento del suo status di rifugiato, durante l'intervista nella quale ha dovuto raccontare ad un estraneo, in un'ora di tempo, tutta la sua vita costellata di violenze, minacce, privazioni, fughe, torture e perdite, alla domanda di rito: "Ha qualcosa da aggiungere?" ha candidamente risposto: "Si vorrei ringraziare l'Italia perchè mi ha salvato la vita, E se qualcuno ti salva vuol dire che ti ama".


mi mostra i segni delle ferite
sul suo corpo ustionato e tagliato
e domanda a voce alta: "Ti sembrano un romanzo questi?"


Leggo questa sua perentoria quanto ingenua affermazione scritta, giusto poche righe prima della decisione della commissione e sorrido amara.

Per lui, dopo l'approdo, è stato deciso che non fosse necessaria alcuna salvezza.

Secondo il relatore non ha diritto a nessuna forma di protezione, perchè ha esposto la sua storia "in maniera confusa e romanzata", non è "credibile".

Deve tornarsene da dove è scappato. Qualcuno direbbe a casa sua, se ancora ne avesse una. Mi mostra i segni delle ferite sul suo corpo ustionato e tagliato e domanda a voce alta: "Ti sembrano un romanzo questi?"

Gli chiedo se ha mostrato in commissione quelle ulcere molto credibili e per nulla confuse. "Nessuno mi ha mai chiesto se qualcuno mi ha fatto del male, tu sei la prima" Chi ti salva ti ama. E ora chi glielo spiega?



articolo precedentemente pubblicato da Repubblica - Genova


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