A Oakland, dove vivo, i giovani si svegliano ogni giorno con la notizia che un'altra persona è stata uccisa, vittima della violenza delle armi. È un incubo senza fine. Questa violenza proviene dalla grande disponibilità delle armi da fuoco e viene “nascosta sotto il tappeto” da persone che temono un mondo senza armi.
Dimenticano com'era la società prima che tutti potessero avere facilmente accesso a pistole e fucili.
Se la risposta alla violenza fosse una violenza ancora più grande, le cose adesso sarebbero meglio di quanto non fossero un tempo. Ma non lo sono.
Da adolescente ho visto con i miei occhi persone cadere vittime per colpi di armi da fuoco. A volte queste morti da arma da fuoco erano auto-inflitte, erano suicidi. Altre volte venivano causate da qualcun altro, spesso a seguito di stupidi diverbi. Il comune denominatore era il pronto e facile accesso a questi strumenti di distruzione che si chiamano pistole.
Quest'anno abbiamo visto accadere qualcosa nel mondo che non accadeva da molto tempo: i giovani in tanti paesi, hanno reagito. Si sono alzati e hanno detto: "Basta, ora basta!".
Nessuno ha il desiderio di diventare un altro volto da commemorare su una maglietta. Nessuno ha il desiderio di essere un altro “RIP”. Nessuno ha il desiderio di lasciarsi alle spalle la famiglia, i ricordi, le altre persone cui vuole bene e il suo futuro.
Eppure a causa della violenza che deriva dalla possibilità di girare armati, ora abbiamo paura ad andare a scuola, al lavoro, all’aeroporto, in vacanza, perfino di starcene per strada.
La violenza delle armi non è solo nelle scuole, negli angoli delle strade o nei centri commerciali. È sulla superstrada quando cambi corsia, come è successo a Bianca Roberson. È nel quartiere quando indossi felpa e cappuccio sbagliati mentre te ne torni a casa dal negozio dove l’hai comptrata, come è accaduto a Trayvon Martin. Ti aspetta di notte nel cortile di casa di tua nonna, come è stato per Stephon Clark .
Puoi essere ovunque e, in qualsiasi momento, qualcuno potrebbe entrare, senza preavviso, e prenderti la tua vita. Perfino la polizia.
Io non l'ho sempre pensata così, non sono sempre stato contrario alle armi. Un tempo, in effetti, mi sentivo sollevato a pensare che l'unico modo per proteggermi fosse quello di averne una con me.
Ricordo quanto fosse facile nel mio quartiere averne una. Ricordo di aver stretto “il ferro” nella mia mano e di averlo infilato nei miei pantaloni. Ricordo come è cambiato il mio atteggiamento, dopo questo, quanto sarebbe stato facile pensare di tirarlo fuori e sparare. Essere in possesso di una pistola mi ha fatto qualcosa, mi ha cambiato.
Fortunatamente per me, nella mia scuola c’erano programmi che mi hanno portato dall'essere un adolescente mosso dalla paura, armato di pistola, innaturalmente felice, al diventare un appassionato educatore “tra pari”, con la missione di aiutare i compagni più giovani cui stava accadendo quello che era successo a me, e stavano crescendo con un'educazione sbagliata.
Voglio far sì che non vengano inghiottiti dai luoghi comuni che spingono alla paura, dall’idea che gira molto nella società, dai luoghi comuni peggiori, su quanto ci si deve aspettare di pericoloso nel quartiere. Questi sono fantasmi che possono solo aumentare la violenza che già esiste.
Ho imparato da quel programma che la violenza va e viene facendo un giro completo e tornando al punto di partenza. L'unico modo per porre fine a questo circolo vizioso è uscirne e insegnare agli altri a fare lo stesso.
Le regole che riguardano le armi, così come quelle della tecnologia, devono procedere ed evolvere con i tempi. Hanno bisogno di essere aggiornate anno dopo anno anno per stare al passo con le situazioni e le condizioni di vita del momento. Come paese, come stato, come esseri umani dobbiamo renderci conto che solo perché qualcosa è stato scritto, questo non significa che non necessiti di cambiamenti.
L'unico modo per aggiustare una qualsiasi cosa che non funziona è, anzitutto, rendersi conto che è rotta, quindi accettarlo e procedere a cambiarla. Questo deve iniziare a partire dai giovani, dagli adulti e dai legislatori. Abbiamo tutti la grande opportunità di intervenire e fare qualcosa, non possiamo perderla.
Testimonianza di Smooth Wickliff, attivista del programma “Teens on Target”