I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Filastrocca del matrimonio combinato
Si credeva, irriverente,
al cospetto della gente
di potersi innamorare
prima ancora di sposare!
Dove va la tradizione,
le sue leggi belle e buone?
E chi più di un genitore
sa educare con amore?
La bambina è ormai ragazza,
stia lontana dalla piazza!
E se il giudice ha rispetto,
le ripeta il mio concetto:
la famiglia ha la sua legge,
quella sola ti protegge.
Che diploma? Che lavoro?
Pensa invece al tuo decoro!
Filastrocca del bambino abusato
Vieni vieni bel bambino,
che t’insegno un bel giochino.
Vieni vieni bimbo bello,
ti ripeto il ritornello:
questo gioco è un gran segreto
che rimane solo nostro,
non sia mai qualcuno dica
ch’ero un uomo e sono un mostro.
Chiedo allora a Vostro Onore
di guardare con favore
questa causa troppo incerta
dove la sentenza è aperta.
Si può forse immaginare
che un sì caro paparino
possa giungere a rubare
la purezza di un bambino?
Resta il dubbio, questo è il fatto!
Resta incerto il mio misfatto.
E se il bimbo lo racconta
perché troppo è il suo dolore,
sarà forse la sua mamma
animata dal rancore?
Sarà troppa fantasia?
La reputazione è mia!
Sarà mai condizionato?
Dico dunque al magistrato:
si proceda con ragione
a una bella archiviazione.