La buona notizia è che pochi giorni fa il giovane scrittore Gholam Najafi, che attualmente collabora con l’Università di Padova, è diventato cittadino italiano.
Considerato il fatto che è un uomo e ha 33 anni, ci si potrebbe chiedere che cosa c’entri questo con un blog intitolato “Prima le donne e i bambini”. Invece l’attinenza c’è.
Quando Gholam è partito dal suo paese, l’Afghanistan, di anni ne aveva 10. È arrivato in Italia a 16 aggrappato a un camion, dopo avere vissuto in Pakistan, Iran, Turchia e Grecia, e non è certo colpa sua se per diventare cittadino italiano gli ci sono voluti 17 anni.
Questa è una storia a lieto fine, ma in questi giorni mi domando cosa sarebbe stato di Gholam se l’obbligo di presentare un certificato di nascita, impossibile da osservare per chi nasce in un villaggio privo di anagrafe, gli fosse stato opposto non sulla questione cittadinanza ma subito, al primo arrivo. Per giustificare i suoi sedici anni. Come dire: se sei minorenne, dimostralo. È una inversione dell’onere della prova. Mentre attualmente, secondo la Legge 47/17 (“Legge Zampa”), chi si dichiara minorenne ed è privo di documenti viene creduto e trattato di conseguenza, un domani nella stessa situazione succederebbe il contrario. (Per la verità già adesso, con una delle norme più attente d’Europa ai diritti dei minorenni, ci sono ragazzini in prestito in strutture per adulti perché non si destinano risorse sufficienti all’accoglienza. Se la legge venisse cambiata, le cose non potrebbero che peggiorare).
Uno degli scopi della revisione in atto è introdurre nuove clausole anti-tranello. I sedicenti minorenni devono essere espressione della più vasta categoria dei “furbetti”. E non c’è dubbio che le false dichiarazioni siano possibili. «D’altra parte», rifletteva un amico che lavorava nel settore, «se avessi 19 anni, vivessi in guerra o in povertà estrema e sapessi che altrove potrei costruirmi un futuro se solo avessi due anni in meno, chi me lo farebbe fare di dire la verità?» Tanto per aprire un discorso sui giovani adulti, sull’indipendenza impossibile alle nostre latitudini anche per i giovani cittadini italiani, e quindi sulle disuguaglianze, sulla cecità con cui vengono legittimate.
Pretendere dai minorenni stranieri di esibire un documento d’identità al loro arrivo in Italia è una prospettiva surreale e neppure conforme alla normativa internazionale in tema di protezione dei bambini e degli adolescenti. Gholam, con le norme che sono state introdotte o si vogliono ulteriormente riformare, senza un certificato di nascita in tasca sarebbe stato considerato maggiorenne, quindi trattenuto con degli adulti, per 18 mesi, in un centro – sostanzialmente – di detenzione e poi rimpatriato.
Tutto questo, dopo che aveva vagato dall’età di 10 anni, conoscendo la fame, i lavori forzati, la detenzione, i maltrattamenti, la perdita di affetti cari. Se proviamo a immaginare lo stesso destino per una persona e non per un’orda di invasori, se li guardiamo, questi ragazzi, uno alla volta e li pensiamo nostri figli, nipoti, vicini cresciuti nel cortile di casa nostra… capiamo benissimo che quest’orientamento non è accoglienza. E ha davvero poco a che vedere con gli standard europei e italiani di tutela dell’infanzia – intesa 0-18 – che pure il nostro Stato si è impegnato a rispettare.
«Noi non ce la facciamo più», ripetono i sindaci e i presidenti di Regione. È una protesta che si leva da nord a sud, quale che sia la collocazione geografica e politica delle amministrazioni. E non è un reclamo trascurabile.
L’affanno deriva dal continuo incremento di arrivi sul territorio italiano. Sono sempre molto chiari i dati sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: nel giugno scorso sono entrati in Italia 1.960 minorenni stranieri soli, 1.947 nel mese di luglio, 2.561 in agosto. Circa due terzi di questi ragazzi sono arrivati per mare. Al 31 agosto 2023 erano in tutto 22.599, per l’87% maschi, per il 65% tra i 16 e i 17 anni di età.
L’Anci ne ha parlato con il Ministro dell’Interno Piantedosi proponendo di potenziare la rete di accoglienza diffusa in strutture di competenza comunale ma con finanziamenti statali. Attualmente, infatti, sono autorizzati 6.207 posti per oltre 22mila minori, va da sé che quasi 3 su 4 siano seguiti in modo improprio. E le strutture di prima accoglienza, quelle gestite dalle Prefetture, spesso non trovano gestori: i bandi vanno deserti, giacché gli standard richiesti e le risorse destinate non stanno insieme, a meno che si voglia ammettere lo sfruttamento degli operatori di settore.
Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci per l’immigrazione, parla di 120 Euro al giorno necessari per accogliere un minorenne. Anche se occorre valutare attentamente i bisogni di ciascuno, ha aggiunto a un convegno a tema promosso da Save the Children. “Un conto è il diciassettenne albanese che arriva a Firenze, storico punto di riferimento della comunità, che magari parla anche la lingua, un conto è il quattordicenne da Gambia, Nuova Guinea, Costa d’Avorio, Camerun, arrivato qui dopo il deserto, le botte, gli abusi, la schiavitù, aver visto la morte in faccia e affrontato il mare per poi essere scaricato a Pozzallo o Lampedusa e portato in pullman qui”.
Se accettiamo che gli adolescenti italiani siano traumatizzati per un quattro in matematica (e non è un discorso piantato per aria), questo excursus avrà pure diritto di essere considerato.
Per un approfondimento e un confronto segnalo almeno: le raccomandazioni formulate dalla Garante dell’infanzia Carla Garlatti dopo un percorso di ascolto di questi adolescenti e la Mappatura sullo stato attuale delle procedure di identificazione e accertamento dell’età a cura di Save the Children e UNHCR.
Guardo ancora i dati. Attualmente le nazionalità prevalenti sono l’Egitto (22%) e l’Ucraina (19%). Ma per i minorenni ucraini, come per le loro famiglie, l’accoglienza segue regole più favorevoli, che tengono conto della guerra. Un adolescente egiziano o siriano potrebbe dire che non ha sofferto di meno, che non ha bisogno di meno. Potrebbe dirlo un ragazzo afghano.
Con la consueta intensità, il giorno seguente all’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di Gholam Najafi, Elvira Zaccagnino scrive, sulla pagina Facebook della casa editrice la meridiana da lei diretta: «Gholam è arrivato analfabeta. Sapeva solo fare il pastore. Ora è scrittore e poeta. “Io ti conosco. Ho letto la tua storia e so quanto sei prezioso per noi”, ha detto ieri l’Ufficiale che ha celebrato il rito”. E prosegue: «Ieri a Lampedusa sono sbarcati centinaia e centinaia di migranti. Tantissimi sono minori non accompagnati. Ognuno di loro è prezioso per noi. Lo dice Gholam che ora è italiano. Lo diciamo noi. Non è un’invasione. È l’umanità che si fa strada».
testo precedentemente pubblicato da Azione nonviolenta