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I percorsi di mediazione scolastica sono almeno due, a seconda delle domande esplicitate.
Qualora la richiesta sia maggiormente incentrata sulla necessità di apprendere come utilizzare le contraddizioni e le contrapposizioni per farle evolvere attraverso strategie di cooperazione, il percorso privilegiato è il gruppo ‘metalogo’, ovvero un gruppo nel quale i partecipanti apprendono a dare senso alla propria esperienza relazionale, lavorando direttamente sui propri processi di senso.

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Qualora invece la richiesta si focalizzi sulla costruzione di setting di mediazione, funzionanti come veri e propri sportelli di ascolto a cui possono accedere tutti o parte dei sottosistemi relazionali dell’istituto scolastico, occorre pensare a formare veri propri mediatori interni all’istituto.
 

I gruppi “metalogo”.

Con gruppi “metalogo” si intendono designare gruppi di formazione del personale all’interno dei quali i partecipanti lavorano sui processi identitari di senso, al fine di rendere visibili a sé stessi (ed eventualmente agli altri) le modalità attraverso le quali ogni soggetto attribuisce senso al mondo o, meglio, al suo essere nel mondo (Busso, De Peri, Stradoni, 1993) (1). Lo scopo è quello di portare il soggetto ad esperire le connessioni tra linguaggio e conoscenza, e quindi tramite questa esperienza ad accedere alla conoscenza dei processi su cui poggia la propria identità. I gruppi “metalogo” sono soprattutto un modo di esperire la creazione soggettuale identitaria del senso, scoprendone le radici nell’apprendimento e realizzandolo in un contesto interattivo di costruzione condivisa del senso medesimo.” (Busso, Stradoni, 1994, p. 43) (2). In specifico, per quanto concerne la mediazione scolastica essi hanno i seguenti obiettivi: esperire l’utilità della contraddizione e della contrapposizione, utilizzandole per l’arricchimento personale; acquisire la capacità di mutare ottica: dall’ottica “o … o” all’ottica “e … e”, ovvero di acquisire la duttilità di modificare il proprio modo di fare correlazioni tra le distinzioni abituali della nostra esperienza personale e relazionale;diventare capaci di distinguere tra identità sociale e identità personale e adeguare le proprie strategie relazionali a questa distinzione, utilizzando la libertà che deriva dal distacco rispetto al proprio ruolo nelle relazioni sociali;acquisire la capacità di distinguere il mondo dei simboli e il mondo delle metafore, quando si ha a che fare con la propria identità. Se l’io è tutta la realtà della persona e non soltanto una parte esigua di un sistema molto più grande, che pensa, agisce e decide, se non è soltanto la metafora organizzativa della propria esperienza personale e relazionale, diviene difficile possedere la duttilità del dialogo, quando il dialogo si accompagna con la sofferenza.

Questi obiettivi vengono raggiunti attraverso il doppio ascolto, l’intersecazione delle proprie modalità di dare senso alla propria esperienza relazionale con quelle degli altri partecipanti al gruppo e le domande processuali (che portino alla luce la connessione tra sensazioni ed emozioni da un lato e le strategie di gestione delle relazioni dall’altro).

I setting di mediazione scolastica.

Il percorso che porta alla costruzione dei setting di mediazione scolastica comprende alcune fasi: la fase di sensibilizzazione (la negoziazione: per impegnarsi nel personale riconoscimento del diritto dell’altro alla sua diversità); la formazione alla mediazione (che inizia dal reclutamento dei mediatori allievi per propria scelta personale), formazione diretta a insegnanti e allievi, scelti per volontarietà, e per rappresentatività, in quanto devono godere di un buon ascendente sui loro pari, individuabile attraverso l’assegnazione e gestione di compiti di problem solving di gruppo, proposti durante la fase di sensibilizzazione; la legittimizzazione dei prescelti, terminata la formazione occorre pensare ad un momento dedicato all’ufficializzazione del ruolo di mediatore scolastico, esplicitando le regole di accesso al setting, la caratteristica di confidenzialità e le regole di scelta del mediatore in relazione a criteri di estraneità rispetto al sottosistema relazionale delle controparti; la supervisione.

Il programma di formazione deve comprendere momenti di teoria, alternati da momenti esperienziali, dove i partecipanti potranno provare, dal vivo, la conduzione di incontri di mediazione e affrontare le difficoltà tipiche della mediazione scolastica.

A partire dalla conoscenza teorica delle metodologie di mediazione, la formazione punterà su: l’acquisizione pratica di abilità adeguate, prima fra tutte la capacità di ascolto sia dei contenuti che di ciò che va al di là di essi; l’arricchimento delle abilità comunicative sia a livello verbale che non verbale; l’apprendimento di una buona capacità di osservazione e valutazione delle caratteristiche del conflitto, delle risorse a disposizione e delle possibilità di evoluzione verso un accordo; l’acquisizione di tecniche di mediazione efficaci per le varie fasi del processo di mediazione (l’ascolto delle parti con l’esplicitazione dei rispettivi punti di vista), la crisi, (ovvero la discussione e il confronto tra le parti in una cornice che metta in primo piano i comuni vantaggi), la catarsi (come riscoperta dei canali di dialogo con l’altro e dell’altro come soggetto interlocutore - Morineau, 1999) (3); le capacità comunicative di chiarezza nell’esporre, nel sintetizzare e nell’evidenziare ciò che unisce e il lato positivo delle diversità; le capacità di non lasciarsi coinvolgere dal conflitto, ma di conquistarsi una posizione di equidistanza attraverso la creazione di un buon rapporto di fiducia con le controparti; di non dare consigli o soluzioni personali; di mantenere il segreto professionale e di riconoscere se il compito è proporzionale alle proprie abilità.

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La supervisione è necessaria per completare gli apprendimenti del momento formativo, per dare fiducia e autostima ai mediatori, per allenarli ad apprendere dalle difficoltà che di volta in volta incontrano. Abitualmente il periodo di rodaggio prevede momenti di supervisione per ogni incontro di mediazione che i mediatori principianti si trovano ad affrontare. Successivamente la supervisione acquista il carattere di formazione che affina le capacità già acquisite e le rende efficaci anche nelle situazioni ad elevata criticità. 

Un intervento di mediazione non si limita al tentativo di conciliazione di un conflitto, ma è in grado di produrre un nuovo senso, una ri-definizione dei legami, di rinforzare le risorse esistenti, ma, soprattutto, di restituire autonomia, conoscenze e competenze relazionali trasversali. Queste diventano modello di relazione con l’Altro da Sé, fruibile in altri periodi e contesti di vita. L’esperienza della Mediazione Scolastica si inserisce, quindi, in un più ampio progetto formativo di socializzazione e di valorizzazione reciproca in cui il conflitto diventa fattore di crescita. Tramite la formazione alla mediazione scolastica, sempre implicita in ogni intervento, sembra possibile esercitarsi a generare idee per uscire da una relazione conflittuale, imparare ad applicare le possibili soluzioni ad un problema, tenere in considerazione emozioni e sentimenti propri e altrui, sviluppare abilità sociali fondate sulla solidarietà e la cooperazione: obiettivi fondamentali che, una volta conseguiti, costituiscono una ricchezza per la persona che li acquisisce come strumenti propri di rapportarsi agli altri.

Le esperienze avviate nell’ambito della mediazione scolastica sistemica mostrano anche quello che in termini relazionali sistemici viene chiamato il “vantaggio secondario”: la Mediazione Scolastica facilita il miglioramento dell'immagine di sé, e questo, a sua volta, comporta delle conseguenze positive anche sulle abilità più strettamente legate alla didattica. L’autostima e l'immagine di sé sono fattori determinanti nella motivazione allo studio e nell'auto-efficacia, e influenzano, positivamente o negativamente, a seconda del loro livello, non solo le dinamiche relazionali del gruppo, ma anche i risultati scolastici, in termini di conoscenza e profitto.

Un intervento, dunque, affinché sia efficace, non può e non deve limitarsi ad un singolo caso, piuttosto deve facilitare il cambiamento dell’intero sistema. Questo è possibile solo se include la relazione del gruppo-classe con gli insegnanti, che non sono meri distributori di contenuti ma entrano “in relazione con”, conformemente alle proprie emozioni e caratteristiche personali. Proprio per questo motivo è fondamentale che gli insegnanti siano sempre consapevoli delle proprie connotazioni emotive e sappiano gestire la relazione con la classe in modo costruttivo, imparando a "leggere" i comportamenti paradossali di uno studente nella giusta ottica, considerando i conflitti quasi come un "canale privilegiato" per accedere all'interiorità dei ragazzi e attribuendo ad essi un valore del tutto positivo. Infatti, se si parte dall'ipotesi che un comportamento conflittuale possa essere interpretato come uno specchio del profondo, ne deriva conseguentemente che gestire positivamente un conflitto possa diventare un modo per "riequilibrare" anche le contraddizioni profonde degli studenti stessi e quindi aiutarli nella loro crescita psicologica. Ovviamente nessuno può chiedere agli insegnanti, spesso già frustrati dal loro stesso senso di impotenza di fronte a certe dinamiche relazionali, di improvvisarsi psicologi, perché sarebbe un errore gravissimo rendere "clinico" un setting che per sua natura non ricopre tale funzione, ma proprio per imparare ad accettare e ad affrontare la conflittualità all'interno della scuola è importante condividere l'esperienza con un operatore che svolga il compito di intervenire nella gestione dei conflitti, quale appunto un Mediatore scolastico.

Qui la prima parte

1. Busso P., F. De Peri, P. Stradoni, Il “metalogo”: lingua, linguaggi, e conoscenza, Metalogo, Milano, 1993.
2. Busso P., P. Stradoni, “Gruppi metalogo e accesso al senso dell’identità personale”, Animazione Sociale, n. 8/9, 1994, pp. 40-46.
3. Morineau J., “Dare ascolto al disordine. Il significato profondo della mediazione sociale”, Seminario Logos, Genova, 12/3/1999.

Articoli:

  • AA. VV., Rivista di Mediazione Familiare Sistemica, n. 1, 2001.
  • AA. VV., Rivista di Mediazione Familiare Sistemica, n. 3/4, 2005/2006.
  • Busso P. “Mediazione dei conflitti: percorsi e tecniche” in Animazione sociale n. 10, ott. 2002.
  • Busso P. “La sfida ecologica del conflitto” in Maieutica n. 9-10-11 (giugno 1998 - dicembre 1998 - giugno 1999).
  • Prosperi G., Analisi di un’esperienza di mediazione scolastica.
  • Stradoni P. “Il metalogo…” in Maieutica n. 9-10-11 (cit.).

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