Il desiderio di un’esperienza emozionalmente forte sarebbe alla base della decisione iniziale di un giovane di compiere un’azione illegale. In altre parole, i ragazzi autori di reato sarebbero spinti, in prima battuta, a compiere ad esempio un furto, più ancora che dal desiderio di possesso di un certo oggetto, dall’eccitazione prodotta dall’appropriarsene in quel modo.
È quanto emerge da una ricerca dell'Università di Portsmouth.
I ricercatori hanno confrontato informazioni e dati riferiti a giovani delinquenti (età media 20 anni) e quella di ladri residenti nella zona più anziani ed esperti (età media 39 anni) dopo che i partecipanti hanno completato un’attività di “ruberia virtuale”, nella quale viene utilizzato un ambiente simulato per scegliere e commettere un furto.
Durante la ricostruzione dell’illecito e della sua pianificazione, ai partecipanti è stato chiesto di "pensare ad alta voce", successivamente sono stati intervistati dai ricercatori.
In particolare è stato chiesto loro di parlare dei giorni e delle ore precedenti al furto per cercare di comprendere i processi che li hanno portati, in primo luogo, a essere coinvolti.
La dottoressa Claire Nee, docente di Psicologia Forense, che ha guidato la ricerca, ha dichiarato: "È importante capire in quali circostanze i giovani prendono quella decisione iniziale di commettere un crimine, perché così possiamo pensare a interventi efficaci di prevenzione della delinquenza.
Il ruolo delle emozioni nel guidare il desiderio di commettere un crimine è una zona molto trascurata e la nostra ricerca indica che potrebbe essere fondamentale per inibirlo sul nascere.
L'emozione guida la prima serie di crimini, ma la competenza e il guadagno finanziario prendono rapidamente il sopravvento, portando alla delinquenza abituale e alla recidiva.
"Quello che mi ha colpito davvero della ricerca è come i giovani delinquenti non riescano a identificare una chiara decisione iniziale di commettere un furto: fa parte del 'flusso' di quello che stanno facendo con i loro compagni adolescenti".
La ricerca mostra che i giovani autori di reato tendevano a arrivare alla decisione del crimine un po’ per conformità, piuttosto che, al contrario, giungere a un punto di svolta distintivo rispetto al gruppo di amici.
Spesso, infatti, commettere reati veniva considerato una parte integrante e quasi inevitabile del loro stile di vita.
Un giovane autore di furti ha dichiarato: "Dove sono cresciuto io è così, è il crimine, è normale che accada e di compierne". Un ladro adulto ha espresso sentimenti simili: "Sono nato per le strade... rubare è quello che fanno le persone dove sono cresciuto io, per cavarsela".
La ricerca ha scoperto uno schema comportamentale che mostra che l'iniziazione al furto è inizialmente legata al desiderio di emozioni e all'adrenalina prodotto dal commettere il reato, ma questa eccitazione diminuisce una volta che l’autore ha commesso ripetutamente quel crimine.
Dopo aver portato a termine un furto, in altre parole, i giovani autori di reato risultano presto motivati dall'esperienza di fare soldi rapidi e facili.
Un partecipante alla ricerca, ad esempio, ha dichiarato: "Avevo fatto così tanti soldi e pensavo, wow, questo è il risultato di soli dieci minuti di lavoro".
La Dott.ssa Nee, riflettendo sui risultati della sua ricerca, ha affermato che è affascinante esplorare le diverse fasi della “carriera” di un giovane autore di crimini, perché in questo modo si può vedere quello che li motiva all'inizio, cosa continua a motivarli e come si potrebbe intervenire, a livello di sistema giudiziario e di enti sociali, per fermare il ciclo dell’illegalità e della recidiva.