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Esiste la violenza scherzosa che un bambino può vedere in un cartone animato e quella ben più pericolosa a cui ormai può assistere senza più filtri, a qualunque ora della giornata, su molti canali televisivi o nel corso dei telegiornali, senza che nemmeno i genitori più attenti possano evitarlo, se non spegnendo il televisore. Nonostante decenni di ricerche gli studiosi stanno ancora cercando di stabilire come l'esposizione alla violenza in giovane età possa plasmare il cervello di un ragazzo, indipendentemente dalla forma che assume tale violenza.

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Un recente studio si aggiunge ai tanti già realizzati, esponendo dati sulle conseguenze a lungo termine dell'esposizione infantile precoce a contenuti mediatici violenti. La ricerca individua collegamenti forti con il comportamento antisociale nella media adolescenza, in particolare nei maschi.

"Sebbene le prove passate che mostravano collegamenti causali tra l’emulazione di comportamenti violenti che portano a un risultato positivo per chi li esercita avessero un impatto immediato sul comportamento aggressivo nei bambini di 4 anni, pochi studi hanno indagato i rischi a lungo termine con il comportamento antisociale degli adolescenti.

“Abbiamo studiato tali rischi nella media adolescenza" ha spiegato l'autrice principale e ricercatrice del CHU Sainte-Justine Linda Pagani. "È stato ideale studiare questa questione con ragazzi della classe media con sviluppo tipico perché, come popolazione, hanno le minori possibilità di avere comportamenti antisociali, di compiere aggressioni e di recare danno agli altri".

Pubblicato nell'ultimo numero dell'International Journal of Environmental Research and Public Health, l'articolo sottolinea la necessità che sia i genitori i responsabili facciano di più per limitare l’esposizione a contenuti violenti dei più piccoli.

Metodologia – e risultati

I ricercatori hanno utilizzato i dati del Quebec Longitudinal Study of Child Development (QLSCD), che ha coinvolto 963 ragazze e 982 ragazzi nati alla fine degli anni '90. In quello studio, i genitori hanno segnalato la frequenza dell'esposizione dei loro figli a contenuti televisivi violenti all'età di tre anni e mezzo e quattro anni e mezzo.

Più di un decennio dopo, quando i ragazzi avevano compiuto 15 anni, i partecipanti hanno riferito di aver manifestato comportamenti indicativi di aggressività e tendenze antisociali, come aggressività proattiva, aggressività fisica e comportamento deviante.

I ricercatori hanno poi utilizzato modelli statistici per esaminare le connessioni tra l'esposizione precoce e i comportamenti successivi, tenendo conto delle variabili confusive, come le dinamiche familiari preesistenti e i fattori socioeconomici.

Il gruppo di ricerca ha scoperto una significativa disparità di genere. In particolare, hanno riscontrato che i ragazzi che guardavano spesso programmi televisivi violenti nella prima infanzia sembravano essere inclini a comportamenti aggressivi e antisociali da adolescenti. I comportamenti includevano: aumento dell'aggressività proattiva, aggressioni fisiche e tendenze antisociali generali.

È interessante notare, sottolineano gli autori, che lo studio non è riuscito a trovare un collegamento simile tra le partecipanti di sesso femminile.

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Esplorazione dei rischi evolutivi e a lungo termine

A 15 anni, solo per i ragazzi, la visione di programmi televisivi violenti in età prescolare faceva prevedere un aumento del comportamento antisociale. L'esposizione a contenuti violenti nella prima infanzia poteva portare a comportamenti aggressivi successivi come colpire o picchiare un'altra persona, con l'intenzione di ottenere qualcosa, rubare, con o senza una ragione apparente.

I possibili comportamenti includevano anche minacce, insulti e coinvolgimento in risse tra bande. L'uso di armi è un altro degli esiti comportamentali possibili per l'esposizione alla violenza televisiva infantile, secondo lo studio. Non sono stati riscontrati invece effetti per le ragazze.

Gli autori dello studio attribuiscono questa disparità (in parte) a fattori sociali e biologici di genere. I ragazzi sono più propensi a dedicarsi all'intrattenimento ricco di azione e a identificarsi con personaggi maschili che agiscono come eroi "aggressivi". L'esposizione ripetuta in una fase così critica dello sviluppo cognitivo e sociale sembra influenzare il modo in cui i bambini percepiscono la risoluzione dei conflitti. Sembra anche normalizzare il comportamento aggressivo, limitando al contempo la loro empatia per le vittime di violenza.

La ricerca, spiegano gli studiosi, è in linea con la teoria dell'apprendimento sociale di Albert Bandura, psicologo che evidenziò come l'apprendimento non implichi esclusivamente il contatto diretto con gli oggetti, ma avvenga anche attraverso esperienze indirette, sviluppate con l'osservazione.

I media violenti solitamente ritraggono l'aggressività come eroica, o quantomeno come strumento efficace. E, alla fine, i bambini che consumano queste visioni e giocano a questi giochi possono evocare "copioni" aggressivi per affrontare la maggior parte delle situazioni sociali in cui si trovano. Questo, a sua volta, può renderli inclini a comportamenti delinquenziali o ostili in adolescenza.

Gli effetti a catena di questa esposizione, infatti, possono estendersi oltre l'infanzia, avvertono i ricercatori. Gli adolescenti aggressivi e antisociali possono essere a maggior rischio di difficoltà scolastiche, isolamento sociale e persino problemi legali. Da adulti, possono avere problemi di abuso di sostanze, disturbi dell'umore e difficoltà a mantenere sane relazioni interpersonali.

"Il nostro studio fornisce prove convincenti del fatto che l'esposizione precoce alla violenza mediatica può avere conseguenze gravi e durature, in particolare per i maschi” concludono i ricercatori. “Ciò sottolinea l'urgente necessità di iniziative di sanità pubblica che mirino a campagne per informare genitori e comunità sui rischi a lungo termine e consentire loro di fare scelte consapevoli sull'esposizione dei bambini piccoli a certi contenuti sullo schermo".

"Un cambiamento comportamentale apparentemente minimo nella prima infanzia può influenzare il processo decisionale e le dinamiche relazionali nel corso della vita. Genitori e comunità possono svolgere un ruolo cruciale nel limitare i problemi futuri, evitando accuratamente l'esposizione dei bambini piccoli a contenuti mediatici violenti".


Riferimento bibliografico

Linda S. Pagani, Amélie Gilker Beauchamp, Laurie-Anne Kosak et alii.
Prospective Associations Between Preschool Exposure to Violent Televiewing
and Externalizing Behavior in Middle Adolescent Boys and Girls
.
International Journal of Environmental Research and Public Health, 2025.

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