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I genitori non hanno le competenze e le risorse per il trattamento e per rispondere in modo adeguato ai comportamenti più impegnativi dei loro figli. Così, quando il loro ragazzo sbatte la testa contro il muro perché non vuole andare a scuola, i genitori devono cedere. Questo garantisce in sostanza che il comportamento si ripeta il giorno dopo o la prima volta che il ragazzo vorrà evitare un’attività o un impegno.

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Quando la mia studentessa Lisa ha rotto il suo spazzolino da denti per evitare la routine del lavarsi i denti in uno dei nostri istituti, abbiamo riempito un armadio di spazzolini da denti da dare a lei. Le ho detto che era il momento di lavarsi i denti e che noi potevamo aspettare tutto il tempo necessario. Alcuni colleghi mi stavano vicini per supportarmi, nel caso la ragazza fosse diventata aggressiva.

Lisa ha preso la scatola di plastica contenente i suoi articoli da toeletta e l’ha scagliata dall'altra parte della stanza. È andata in frantumi. (Ho il sospetto che, se le fossi piaciuto di meno, me l’avrebbe gettata la mia testa.)

Ho aspettato con lei per un'ora. Alla fine, voleva andare a scuola e vedere i suoi amici. Così è andata in bagno, si è lavata i denti e siamo andati a scuola. Quando il ​​giorno dopo è stato il momento di lavarsi i denti, l'ha fatto subito.

I genitori e le famiglie non hanno la possibilità di esercitare strategie come questa, semplici ma molto efficaci,  allontanando per il giusto tempo le attività quotidiane, soprattutto quando hanno altri figli da accudire o posti di lavoro per raggiungere. Non so se i genitori di Lisa le abbiano mai fatto lavare i denti a casa. Chi potrebbe biasimarli se non lo avessero fatto?

L'ideale, naturalmente, sarebbe che tutti gli studenti vivessero e venissero curati dalle loro famiglie. Ma nel mondo in cui viviamo, alcuni ragazzi hanno bisogno di più attenzione di quella che i loro genitori sono in grado di fornire.

{xtypo_quote}4) A volte i farmaci sono necessari{/xtypo_quote}

La terapia comportamentale vanta risultati impressionanti e spesso ha successo al di là delle aspettative. Ma può fare ben poco. Mentre alcuni comportamenti sono molto difficili da trattare per ragioni pratiche, altri sono particolarmente impegnativi per più pesanti motivi psichiatrici.

I farmaci possono aiutare la terapia comportamentale, in particolare quando si tratta di comportamenti che sembrano non avere alcuna base razionale, come compulsioni o comportamenti psicotici. Alcune persone sono molto resistenti all'idea di farli assumere a bambini con malattie mentali, ma nella mia esperienza possono essere una manna dal cielo.

Alcuni disturbi dell'umore sono tanto gravi da rendere la terapia comportamentale pura quasi impossibile. Lisa era tanto depressa che non voleva lasciare la casa, aspettare un'ora con lei per farle lavare i denti sarebbe stato inefficace. Se la rabbia e l'ansia di Gideon non fossero state alleviate da farmaci, non sarebbe stato in grado di lasciare tranquillamente la casa dei suoi genitori.

Come ho detto prima, non è opportuno contenere chimicamente questi studenti. Ma le medicine giuste, a dosi moderate o basse, sono in grado di dare loro la possibilità di imparare e la capacità di controllare i loro comportamenti.

Purtroppo, i farmaci psichiatrici sono ancora un punto di domanda. Non è mai sicuro quale combinazione di farmaci risulterà efficace, soprattutto quando si stanno trattando ad esempio disturbi convulsivi. Ci sono poi preoccupazioni legittime riguardo agli effetti collaterali, che durano tutta la vita, di alcuni farmaci, soprattutto per gli studenti più giovani. Ma occorre considerare che esistono anche gli effetti a lungo termine dello sbattere continuamente la testa, o dello strapparsi la pelle, o dell’avere cronici sbalzi d'umore.

Le potenzialità dei farmaci di portare a un miglioramento sono evidenti, e i buoni medici sanno come raggiungere e sostenere il progresso della condizione psicologica.

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{xtypo_quote}5) Le persone con disabilità mentali rappresentano una componente importante del dibattito sulla brutalità compiute dalla polizia{/xtypo_quote}

È' passato un anno da quando ho lasciato la scuola, ma sono ancora preoccupato per i miei studenti. Mi preoccupo per loro per tutte le ovvie ragioni - non stanno prendendo le medicine giuste, forse è sorto un nuovo comportamento disadattivo, potrebbero sviluppare condizioni di salute difficili da trattare, oppure potrebbero danneggiare se stessi o qualcun altro prima che i membri dello staff riescano a impedirlo.

Molti degli studenti con cui ho lavorato più a stretto contatto, con limitate capacità cognitive, saranno per sempre inseriti in programmi che forniscano loro le cure necessarie. Gli studenti che mi preoccupano di più di sono quelli con QI alto, per i quali l'assistenza per tutta la loro vita adulta è meno certa.

Quando c'è la possibilità che qualcuno non sia sano di mente, puntare una pistola contro di lui è l'ultima cosa che si dovrebbe fare.

Ho sentito storie di studenti che ho conosciuto che, nonostante gli sforzi del personale dell’istituto, sono finiti a vivere per strada. E ho incontrato persone senza tetto per le strade di New York City le quali non sono molto differenti da alcuni degli studenti che ho avuto.

Miei studenti hanno avuto problemi con la polizia. Per fortuna, nessuno di questi incidenti ha portato a un risultato tragico, ma sarebbe potuto accadere e potrebbe accadere in futuro.

Quando ho visto il video di agenti di polizia che stavano uccidendo Kajieme Powell mentre stava maneggiando un coltello, ma chiaramente non rappresentava una minaccia immediata per la polizia, ho pensato che potrebbe accadere a tanti studenti che conosco. Molti ragazzi di cui mi sono occupato non saprebbero che cosa sta succedendo in una situazione simile, in cui un ufficiale di polizia punta un'arma da fuoco contro di loro; altri potrebbero comprendere cosa sta succedendo, ma non avrebbero la disciplina o la stabilità emotiva per fare una scelta prudente in quel momento.

Quando c'è la possibilità che qualcuno non sia sano di mente, puntare una pistola contro di lui è l'ultima cosa che si dovrebbe fare. Dico questo perché sono stato, letteralmente, fisicamente aggredito centinaia di volte, anche da persone molto più grandi e più forti di me. In questi casi, il mio obiettivo è sempre stato quello di “disinnescare” la situazione, riducendo lo stress e la tensione il più possibile. Tirare fuori un'arma da fuoco è l'approccio opposto – e fa precipitare la situazione.

Chiunque abbia mai avuto una discussione con un bambino, o addirittura un coniuge o un collega, lo sa bene. Se si alza la voce, l’altro alza la voce. Lo insulti e lui ti insulta. La violenza fisica spesso funziona allo stesso modo.

Gli agenti di polizia sembrano pensare che siccome sono armati e gli altri non lo sono, la loro forza superiore produrrà sottomissione. Ma quando si tratta di una crisi derivante da salute mentale, non c'è motivo di pensare che forze razionali costringano la persona a sottomettersi.

Mi spaventa che al di fuori dei centri di salute mentale e dei programmi di educazione speciale, siano gli agenti di polizia quelli che con più probabilità interverranno per primi. Abbiamo bisogno di dare loro la formazione necessaria per gestire in modo efficace queste persone.

{xtypo_quote}6) Non paghiamo abbastanza gli operatori della sanità mentale. Il ricambio di personale fa male ai pazienti più di quanto si pensi{/xtypo_quote}

Il turnover influisce notevolmente sulla qualità delle cure. Molti studenti con autismo, in particolare, sono molto resistenti e provano disagio con i cambiamenti, e per loro perdere gli educatori preferiti può essere devastante.

Ma i lavoratori nel settore della cura della salute mentale non sono pagati abbastanza, e questo fattore unito alle difficoltà del lavoro - in un certo giorno, mi è capitato che si aspettasse da me che agissi come direttore, insegnante, terapeuta, infermiere, consulente, inserviente, bidello, autista di autobus, avvocato, guida turistica, cuoco, e barbiere, con la cura e l'attenzione di un genitore o un fratello – garantisce un elevato turnover anche tra i membri dello staff più coinvolti.

Ogni studente ha le sue idiosincrasie, stranezze e fragilità, e risponde meglio solo a un certo tipo di interazioni. Una volta ho avuto uno studente che camminava sempre troppo avanti dal gruppo durante le gite; quando gli si chiedeva di aspettare, lui sbatteva la testa. Alla fine ho scoperto che se davo questa istruzione a un altro studente o all’intero gruppo, si ubbidiva senza scomporsi. Questa conoscenza era iper-specifica, il tipo di cosa che richiede molto tempo per essere conosciuta di un determinato studente. Un cambiamento costante di nuovi insegnanti non consente di sperimentare per prova ed errore quello che è meglio fare con un certo ragazzo.

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{xtypo_quote}7) Non c'è bisogno di essere un santo per fare questo lavoro. Devi solo essere disposto ad adattarti{/xtypo_quote}

Ho lavorato presso la scuola per tre anni, e alla fine ho lasciato per laurearmi. Ci sono rimasto tanto perché, grazie a tutte quelle sfide, ho amato quel lavoro più di quanto mai avrei immaginato.

Mi si spezza il cuore a sapere che la maggior parte degli studenti cui sono stato più vicino, non capisca dove sono andato o perché me ne sia andato. (Uno di loro che, quando gli ho detto che stavo andando via per riprendere la scuola, ha commentato: "Ma siamo in una scuola in questo momento!" Almeno apparentemente aveva dimenticato il motivo per cui me n’ero andato, perché quando sono tornato per una visita, dopo diversi mesi, ha esclamato: “Com’è stata lunga la tua vacanza ?!")

Alcune persone sono davvero sorprese quando dico che quel lavoro mi manca, o che ci sono rimasto tanto a lungo quando me ne sarei potuto andare. Queste persone spesso affermano, forse pensando di farmi un complimento, che ci vuole un "santo" per lavorare in quel tipo di scuola.

Mi offende l'implicazione che il lavoro con "quei ragazzi" sia un tale onere. In verità, sono spesso grandi allievi e si sviluppa per loro molto rapidamente una passione. Vi garantisco che ogni studente di cui si potrebbe pensare sia il più duro o quello con cui è più difficile lavorare, è anche l’allievo prediletto di qualcuno.

C'è molto da amare nel lavoro di educazione speciale. C'è qualcosa di molto gratificante nei suoi chiari, importanti obiettivi e nei successi che si possono raggiungere. Ogni giorno, settimana o anno avrà i suoi alti e bassi, ma è molto bello sapere che si condivide l’obiettivo di educare e migliorare la vita di studenti che affrontano sfide significative. Inoltre, molte di queste sfide sono tanto complesse e sfaccettate da far sì che il lavoro sia sempre interessante e coinvolgente.

Mi sento privilegiato per aver conosciuto gli studenti con cui ho lavorato e per aver sviluppato rapporti con loro: aiutarli a imparare ad avere successo è stata una parte enorme di questo, ma così pure giocare, mangiare o guardare un film insieme.

Ci sono stati molti giorni in cui ho avuto la fortuna di fare con alcuni di loro, che erano anche alcune delle persone che preferivo al mondo, una passeggiata in un parco pieno di sole. In quei giorni non mi sembrava nemmeno un lavoro.

La prima parte si può leggere qui


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