Sento dire che si può distinguere – oltre che tra bambini e adulti, tra uomini e donne, tra indigeni e clandestini – anche tra persone “indispensabili allo sforzo produttivo” e altre che non lo sono. Pesi morti, insomma. O forse pesi vivi, perfezionati dal covid.
Sbollita la furia, esaurita la pietà per la miseria di chi lo dice e di chi si limita a pensarlo, e dopo un pensiero di orgoglio e di amore per tutti gli ultrasessantacinquenni (e i malati, e i disabili, e i monaci…) che mi stanno a cuore, cui quella gente non è degna neppure di slegare i lacci dei sandali… Dopo tutto questo insomma, ho realizzato con immenso piacere che i bambini sono del tutto inutili. E meno male.
I bambini non servono a niente, non producono. Consumano e basta. In veste di consumatori potrebbero essere utili, ma su questo gli anziani non sono da meno, semmai cercano merci diverse. Pensandoci bene – lo sto realizzando mentre scrivo – bambini e anziani sono inutili tanto quanto, un po’ di più e un po’ di meno secondo i casi.
Si dirà: i bambini sono inutili adesso ma la prospettiva è un’altra, prima o poi andranno a lavorare. Beh, non è detto. Prima di tutto 1 su 4 potrebbe entrare nella schiera dei NEET, i giovani che non sono né in formazione né al lavoro. Bamboccioni o impediti, non so dire. Fosse possibile riconoscerli alla nascita, in uno Stato adeguatamente cinico e bene ordinato se ne potrebbe tener conto, evitare tutti quegli sforzi…
Risulta infatti (report dell’Osservatorio sulla povertà educativa #Conibambini Abbandono scolastico e neet: i rischi della povertà educativa per i giovani), che nel 2019 in Italia il 13,5% dei residenti tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola con la sola licenza media – una quota tra le più alte in Europa, superata solo da Spagna, Malta, Romania e Bulgaria – e che il 23,2% dei residenti tra 18 e 24 anni era appunto un NEET. Bambini che hanno tradito la speranza di diventare utili.
Mettiamo che invece un lavoro lo trovino. A che età succederà? 25? 30? Fosse anche a 20’anni, ma è difficile, ci stanno dentro minimo quattro legislature, realmente qualcuna in più perché pochi governi arrivano al quinquennio.
Penso a Matilde e a Teresa, due neonate meravigliose, rispettivamente nipote e figlia di amiche. Chi governa oggi non può certo contare su di loro per rafforzare il sistema produttivo, chissà quanti Consigli dei Ministri passeranno. Raramente un politico fa programmi che vadano oltre la propria permanenza a palazzo quindi Matilde e Teresa, come utilità, poca.
Entrambe non sono titolari di pensione per lavoro, anzianità o altro. Pesano meno, si dirà, ma danno anche di meno. Parecchi figli e nipoti campano con le pensioni dei nonni, che in quel caso tanto inutili non sono. La loro partecipazione economica resiste anche quando non lavorano più.
Certo, i bambini muovono lavoro intorno a sé, ma questo anche gli anziani lo fanno. Nonni, tate, educatrici di nido e pediatri per Matilde o Teresa; figli e nipoti, medici, farmacisti, quando va male anche operatori di struttura per gli anziani. Su questo sono pari. Quando sono nonni poi, gli anziani rischiano di diventare utili non solo economicamente occupandosi dei nipoti, tranne che non abbiano tempo perché ancora giovani e inseriti nel sistema produttivo, ma allora sono utili di per sé.
E poi diciamocelo, che i bambini siano inutili e perciò ampiamente trascurati si è sempre detto. Tra chi se ne occupa, quante volte ce ne lamentiamo? Non lavorano, non votano, non rilasciano dichiarazioni ai giornalisti… I politici sono poco interessati a loro, tranne quando possono strumentalizzarli.
Per usarli di meno e ascoltarli di più, ultimamente in parecchi stanno richiamando lo Stato italiano alla nomina del nuovo Garante nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Il bando per le autocandidature si è chiuso l’11 aprile scorso, per 6 mesi di proroga la Garante uscente Filomena Albano ha continuato a svolgere il suo servizio ma il 12 ottobre è tornata in magistratura e del nuovo nominativo non si sa ancora nulla. Ai Presidenti di Camera e Senato, incaricati di provvedere, lo stanno rimproverando in tanti: i Garanti regionali, il gruppo interparlamentare infanzia, il Gruppo CRC (rete di associazioni che vigila sull’applicazione della Convenzione ONU sui diritti dei bambini e degli adolescenti), l’Unicef e altri ancora.
La pandemia ostacola e rallenta ogni cosa, questo è comprensibile. D’altra parte proprio adesso una figura di garanzia per i più giovani, che rischiano più di ieri, sarebbe necessaria. Si parla del Garante, appunto, ma anche di inserire una figura esperta di infanzia e adolescenza nel comitato degli esperti che consiglia sull’adozione dei DPCM. È una delle raccomandazioni espresse anche recentemente dal gruppo #5BuoneRagioni, una rete di associazioni nazionali che si è costituita nel 2014 contro una riforma paventata, dannosa e abortita, della giustizia minorile (il titolo della rete per intero è infatti #Cinque buone ragioni per accogliere i bambini che vanno protetti) e tuttora si esprime con voce unanime su questioni importanti.
E dopo tutto questo, io nei bambini – senza retorica – ho incontrato almeno: la curiosità, la meraviglia, la concentrazione, la voglia di imparare, il bisogno di dare e ricevere amore, la voglia di stare bene e al meglio in ogni situazione fosse anche la più difficile, la gioia e la disperazione nella loro maggiore intensità, la capacità di immaginare, la fiducia gratuita in coloro che amano e li amano, la pazienza e il perdono verso gli adulti importanti che li deludono, il rifiuto dell’ingiustizia, la capacità di far risuonare dentro di sé le emozioni degli altri e il coraggio di esprimere le proprie emozioni senza sentirsi ridicoli, il piacere di avere un corpo, la bellezza.
Frequentandoli in tanti in una volta – classi intere, per esempio – hanno aggiustato la deformazione che mi aveva impresso la scuola, per cui alla gente si danno i voti e c’è chi è bravo e chi non lo è, e mi hanno fatto vedere quanto ognuno di loro sia bellissimo, profondamente, proprio così come è, prima di eventualmente guastarsi e pensare cose miserevoli come quelle ricordate in apertura. Per un essere inutile non è poi così poco.
Altro di irriducibile potrei dire per gli anziani, i disabili, i monaci che conosco e amo – ma non stanno nel titolo del blog. Tanto di più direbbe Capitini per gli stroncati, i mezzi morti, gli stanchi… Il concetto però si capisce.
E poi io so che quando c’è un bambino è molto più bello se c’è anche un nonno, che inutile non è, per giocare, insegnare, ascoltare, raccontare le storie che sa, e scrivere con quel bambino una storia nuova.
testo precedentemente pubblicato da Azione nonviolenta