Ricorre il 20 novembre l’anniversario della Convenzione di New York, quella che riguarda i diritti dei bambini e degli adolescenti, siglata nel 1989 e ratificata dall’Italia nel 1991.
La solennità dell’evento richiederebbe di scrivere qualcosa di incisivo ma niente come l’ansia da prestazione sciupa le potenzialità. Oltretutto in quella data ci verranno offerti studi, statistiche, convegni online su cui sarà bello riflettere nei giorni a venire, ma per ora siamo a bocca asciutta… quasi.
Una prima buona notizia è la nomina della nuova Garante nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza. La scelta è ricaduta su Carla Garlatti, magistrato dal 1986 e attualmente a capo del Tribunale per i Minorenni di Trieste. Ho avuto occasione di incontrarla alcune volte nel gruppo di lavoro sugli orfani di femminicidio istituito da chi l’ha preceduta, Filomena Albano, e ne ho apprezzato la sensibilità e l’impegno.
Un’altra buona notizia è che i prossimi giorni ci offrono tante occasioni di formazione. Segnalo, tra tante, la “Children’s week”, ciclo di incontri che potrà essere apprezzato ogni pomeriggio dalle 18 alle 19 sulla pagina Facebook della rivista Vita.it. È organizzato dal Gruppo CRC, la rete di associazioni che monitora l’attuazione della Convenzione di New York. Quando queste righe saranno in rete i primi appuntamenti saranno passati ma presumo saranno reperibili in rete, perciò li elenco tutti:
Lunedì 16 novembre – Una generazione in bilico, tra social e distanziamento sociale / Martedì 17 novembre – Fragilità di bambini e adolescenti, solitudine delle famiglie. Quali risposte? / Mercoledì 18 novembre – Povertà e ambiente: l’agenda per le nuove generazioni / Giovedì 19 novembre – Uguali diritti, diverse attuazioni: le conseguenze delle disuguaglianze / Venerdì 20 novembre – Oltre il Covid-19: una strategia per i bambini e gli adolescenti.
Su ciascun tema sono stati invitati relatori di riferimento, con – attenzione da sottolineare perché non comune – uno spazio per l’ascolto dei giovani attraverso loro rappresentanze. Tra queste i Friday for future, i ragazzi del Care Leavers Network (neo maggiorenni in uscita da comunità o famiglie affidatarie), un giovane rappresentante dell’Unicef, una Consulta studentesca regionale e altre ancora. Tutto il programma può essere reperito qui.
Per prepararci alle celebrazioni potremmo riprendere in mano il testo della Convenzione, reperibile in rete su tanti siti tra cui naturalmente quello dell’Autorità Garante. Afferma il diritto alla vita, al nome e all’identità, all’unità e al ricongiungimento familiare, all’ascolto, allo studio, ad esprimersi, alla libertà di pensiero, coscienza e religione, alla privacy, a non essere impiegato in guerra…
Mi viene in mente che qualche anno fa, parlando della Convenzione con classi scolastiche delle nostre città, ricavavo una sensazione simile a quando, io bambina, un’amica veniva spinta dalla mamma a finire quel che aveva nel piatto pensando a quanti poveri bambini in quell’istante stavano morendo di fame. La solidarietà è una cosa santa ma in quel momento ci sembrava lontana e inefficace. Ripulire la scodella non avrebbe evitato la sventura di un altro bambino.
Con una percezione forse simile, in tempi a noi più vicini il pedagogista Gianfranco Zavalloni ha scritto i “Diritti naturali dei bambini e delle bambine” che comprendono, ad esempio, il diritto di sporcarsi, oziare, usare le mani e tante altre meraviglie che ad altre latitudini non avrebbero senso, perché troppo scontate o perché troppo di lusso. Un commento bellissimo a questo decalogo si deve a Daniele Lugli, pubblicato in due parti proprio su queste pagine. I parte e II parte.
Al bambino italiano medio sembra scontato avere un nome, frequentare la scuola, non andare in guerra… Sull’ascolto già ci sarebbe parecchio da dire, ma insomma l’Italia nel complesso non se la passa male se non fosse che ancora ho negli occhi la mamma di Joseph, il bimbo di sei mesi ripescato dalle acque dai volontari di Open Arms e spirato a bordo.
Riporto dal sito Istat. “Nel 2015 in Italia sono stati rilevati 1.767 decessi prima dei 5 anni di vita. Il tasso di mortalità in queste età è di 3,6 per mille nati vivi… tra i più bassi al mondo. A inizio del secolo scorso si moriva soprattutto a causa di malattie infettive, quando il livello era pari a 108 per mille nati vivi. Nonostante l’ampio programma di vaccinazione presente sul territorio Italiano da circa 60 anni, è possibile oggi continuare a morire per alcune patologie infettive come la pertosse, la varicella e la meningite… l’area meridionale continua a essere più svantaggiata… La mortalità infantile dei residenti di cittadinanza straniera è più elevata rispetto a quella dei cittadini italiani con una distanza che va aumentando…”.
Dopo la nascita cominciano i guai. In Italia un bambino su 7 vive in una situazione di insicurezza alimentare, ovvero la famiglia non riesce a offrirgli un’alimentazione sana e bilanciata. Lo ha reso noto l’Università Cattolica di Milano con uno studio divulgato il 6 novembre scorso. “Più a rischio i bambini del Sud, con famiglie numerose, genitori poco istruiti e giovani, e con reddito basso”. C’è da credere che anche su questo i migranti in Italia paghino lo scotto più alto.
L’urlo della mamma di Joseph, “I lose my baby”, è uno strappo indelebile, una ferita necessaria come l’incisione di un bisturi. Ricordato per nome, restituito più intero nella relazione con la mamma, quel bambino non è uno dei tanti che hanno perso la vita nel Mediterraneo. È ciò che un neonato rappresenta per ciascuno di noi: gioia, voglia di vivere, possibilità, speranza, tenerezza, fragilità, bisogno di tutto. Diritto di essere, non per un merito ma per la vita stessa.
Mi accade di pensare che se questo è per noi un bambino appena nato, lo stesso dovrebbero valere per le persone tutte, che allora non possono essere lasciate affondare come pietre. “Essere uno madre all’altro”, scriveva Capitini. Noi oggi diremmo “madre e padre”, e sarebbe giusto, ma è inconfutabile che per la generazione del papà del Movimento Nonviolento (nato sul finire del 1899, “ho gli anni del secolo” diceva) i modelli materno e paterno erano parecchio distanti tra loro e la cura di base, quella del pannolino e del biberon, spettava alla madre soltanto. Così non è più, fortunatamente, o lo è sempre meno. Tanti meravigliosi papà sanno prendersi cura dei loro bambini anche molto piccoli. Alcuni, nello strazio di una perdita, quasi miracolosamente sanno cantarli.
testo precedentemente pubblicato da Azione nonviolenta