La timidezza è un tratto della personalità caratterizzato da sentimenti di apprensione, disagio o nervosismo in situazioni sociali o quando si interagisce con persone non familiari. I timidi spesso sperimentano una eccessiva autocoscienza e possono avere difficoltà ad avviare o mantenere una conversazione. Durante l'infanzia e l'adolescenza, la timidezza è una delle componenti più importanti degli indicatori di psicopatologia (come sintomi depressivi, di ansia o di solitudine).
Uno studio che ha esaminato coppie di migliori amici di giovani adolescenti ha scoperto che i ragazzi timidi, specialmente quelli il cui migliore amico era anche lui timido, mostravano una quantità maggiore di sintomi depressivi. Inoltre, la ricerca ha rivelato che l’atto di mettersi a tacere e non esprimersi funge da mediatore tra timidezza e sintomi di ansia.
Sebbene gli individui timidi spesso affrontino difficoltà nelle interazioni tra pari, hanno la stessa probabilità delle loro controparti non timide di avere almeno un amico intimo. In particolare, i giovani timidi tendono a formare legami con i coetanei che condividono la loro timidezza.
Tali amicizie, tuttavia, sono spesso percepite come prive di qualità positive. La ricerca sulla qualità di queste amicizie ha rivelato che sia gli individui timidi che i loro amici più cari vedono la loro relazione come carente di attributi positivi.
L'autrice dello studio Julie C. Bowker e i suoi colleghi volevano valutare la relazione tra timidezza, solitudine, ansia, sintomi depressivi e sostegno degli amici durante la prima adolescenza. Volevano anche verificare se i collegamenti tra timidezza ed esiti psicologici avversi potessero essere raggiunti attraverso l’auto-silenziamento.
L'auto-silenziamento è l'atto di sopprimere i propri pensieri, emozioni o opinioni al fine di evitare conflitti, mantenere l'armonia o soddisfare le aspettative degli altri. Spesso ciò avviene a scapito del proprio benessere e dell'autentica espressione di sé.
I partecipanti allo studio erano 178 adolescenti organizzati in 89 coppie di migliori amici dello stesso sesso. Avevano in media 14 anni. I partecipanti hanno completato valutazioni di timidezza (la Revised Cheek and Buss Shyness Scale), auto-silenzio (la misura di espressione dei propri pensieri e sentimenti), solitudine (il questionario sulla solitudine e l'insoddisfazione sociale), sintomi depressivi e ansia (item descrittivi ad esempio: "Piango molto” o “Sono nervoso o teso”) e il supporto degli amici (secondo il Network of Relationships Inventory).
I risultati hanno indicato che i partecipanti timidi erano più inclini al forzarsi al silenzio, si sentivano più soli e riferivano un aumento dei sintomi depressivi e di ansia. Non c’era alcun legame distinguibile tra il sostegno percepito dagli amici e la timidezza. Coloro che spesso si auto-zittivano si sentivano più isolati e percepivano un minore sostegno da parte degli amici.
Un'ulteriore valutazione ha rivelato una correlazione tra la timidezza del migliore amico e i sintomi depressivi del partecipante.
I risultati statistici hanno suggerito che la timidezza potrebbe predisporre un individuo all’auto-silenziamento, che successivamente si traduce in una riduzione dei sintomi di ansia segnalati.
I dati suggeriscono che, se da un lato la timidezza aumenta i sintomi di ansia, dall’altro aumenta anche l’auto-silenziamento. Di conseguenza, coloro che spesso fanno silenzio tendono a riferire meno sintomi di ansia.
“I risultati suggeriscono che la timidezza degli amici può favorire sintomi depressivi nei giovani molto timidi, e che la tendenza dei giovani timidi, e in una certa misura, dei loro amici, a fare silenzio su se stessi può danneggiare la relazione, ma aiutare se stessi (almeno nel breve periodo e in termini di ansia)” hanno concluso gli autori dello studio.
Lo studio fa luce sui legami tra gli amici e la propria timidezza e vari esiti psicologici avversi, senza stabilire però connessioni certe di causa-effetto, concentrandosi in particolare sulle amicizie di giovani adolescenti. I risultati su gruppi di altre età, avvertono i ricercatori, potrebbero non essere gli stessi.