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La diffusione di mezzi tecnologici di sempre più facile utilizzo, che consentono di effettuare cose un tempo di pertinenza esclusiva di specialisti e realizzabili a livello amatoriale in modo certo meno immediato, come fotografie e video, sta cambiando il modo in cui vengono memorizzati e riattivati ricordi, esperienze, pezzi di vita. Questo sembra stravolgere il concetto stesso di memoria autobiografica, in particolare per i più giovani.

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A tutto ciò si aggiunge il potenziamento che la scrittura digitale e la memorizzazione, semplice e quasi senza limiti, offrono per la costruzione di quello che di fatto è un archivio personale di informazioni, messaggi, ricordi di facile consultazione.

Mai prima d'ora, in sostanza, le persone hanno registrato così tante informazioni sulle loro vite come oggi. Ma cosa significa questo per il modo in cui si ricordano le proprie vite e per come ne parlano? si chiedono psicologi, sociologi e studiosi del comportamento umano.

Molti ricercatori stanno cercando di trovare risposte a queste domande.

Solo cento anni fa, la maggior parte delle persone aveva -- al massimo -- qualche foto di sé e della propria famiglia. Che differenza rispetto a oggi, quando si può facilmente catturare ogni momento importante e non importante di quello che si vive – dai primi passi di un figlio a una cena al ristorante con gli amici a una foto di vacanza in spiaggia.

E, certo, la documentazione della vita di tutti non finisce qui. Basta pensare alle innumerevoli e-mail e ai messaggi WhatsApp che si scrivono ogni giorno, alle esperienze che si condividono con gli altri tramite i social media o ai dati che si registrano sui propri cellulari. Questo poi nel caso di un adolescente o di un giovane adulto si moltiplica.

"Si possono avere pensieri e valutazioni molto diverse su come questa maggiore densità di episodi di vita registrati dovrebbe essere valutata" spiega il dott. Fabian Hutmacher, ricercatore presso la cattedra di psicologia della comunicazione e dei nuovi media presso la Julius-Maximilians-Universität (JMU) di Würzburg in Baviera, Germania. "Alcuni sperano, ad esempio, che saremo in grado di compensare le debolezze e di ridurre le distorsioni della memoria umana in questo modo. Altri sono preoccupati che creerà piuttosto un nuovo potenziale accumulo di materiale che possa aumentare il controllo e la compromissione della nostra privacy".

Come spesso accade, le cose non sono semplicemente bianche o nere, ma richiedono uno sguardo più attento, afferma Hutmacher. Insieme al professor Markus Appel della JMU e al professor Stephan Schwan del Leibniz-Institut für Wissensmedien Tübingen, ha pubblicato uno studio sul ricordo autobiografico nell'era digitale sulla rivista Psychological Inquiry. L'articolo intende fornire un orientamento in questo campo di indagine ancora ampiamente inesplorato.

Il ricordo autobiografico: un'interazione costante con l'ambiente

Il fatto che attingiamo a risorse esterne alla nostra mente quando ricordiamo eventi passati non è un'invenzione dell'era digitale, ma una costante nella storia umana. Già migliaia di anni fa, le persone lasciavano dietro di sé pitture rupestri e tradizioni consolidate per la trasmissione orale della conoscenza.

E se si sta cercando di ricordare l’ultimo compleanno, ad esempio, si può ovviamente non solo usare lo smartphone, ma anche guardare nel proprio diario cartaceo, se se ne tiene uno, o chiedere agli ospiti che erano alla festa.

"Quello che distingue le risorse digitali da queste altre opzioni, tuttavia, non è solo la suddetta maggiore densità di episodi di vita registrati, ma anche il fatto che queste risorse digitali creano un database ricercabile costituito da una combinazione di diverse fonti multimediali a cui spesso si può accedere ovunque e in qualsiasi momento" spiega Fabian Hutmacher.

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"Le risorse digitali non forniscono solo un archivio passivo, ma consentono anche, ad esempio tramite l'intelligenza artificiale, di adattare e riorganizzare le registrazioni per creare, tra gli altri, album digitali di vacanze o di matrimoni. Ciò può avere un profondo impatto sul modo in cui vediamo le esperienze passate", aggiunge il professor Stephan Schwan, che dirige il Realistic Depictions Lab presso il Leibniz-Institut für Wissensmedien di Tubinga.

Ma non è tutto: risorse digitali diverse sono adatte a scopi diversi. Ad esempio, i dati quantitativi, come il monitoraggio delle distanze percorse, della frequenza cardiaca e dei cicli del sonno, sembrano particolarmente adatti per scoprire tendenze comportamentali a lungo termine. Altri dati come foto e video, d'altro canto, hanno maggiori probabilità di essere utilizzati quando si tratta di ricordare o riflettere su eventi passati.

Uno sguardo nella sfera di cristallo: cosa ci riserva il futuro?

L'uso crescente di dati digitali per la memoria autobiografica potrebbe avere conseguenze sia desiderabili che indesiderabili in numerosi campi di applicazione.

Ad esempio, ci sono speranze che le risorse digitali possano essere utilizzate per supportare le persone con difficoltà di memoria e demenza nella loro vita quotidiana. Allo stesso modo, le registrazioni digitali potrebbero anche aiutare a preservare i ricordi che sono importanti per la nostra memoria collettiva, come nel caso dei testimoni della Shoah.

"La gamma di modi digitali di ricordare sta diventando più ampia, basti pensare alle realtà virtuali e aumentate" aggiunge Stephan Schwan.

Allo stesso tempo, i dati digitali offrono anche la possibilità di manipolazione: presumibilmente, i deepfake potrebbero non solo svolgere un ruolo rispetto ad attori ed eventi politici, ma anche rispetto ai ricordi delle nostre vite.

"Nella maggior parte dei casi, non abbiamo ancora dati sufficientemente affidabili per trarre conclusioni definitive su opportunità e rischi" riassume Fabian Hutmacher. "I ricordi autobiografici sono una parte importante di ciò che ci rende umani. Questo rende ancora più importanti ulteriori ricerche nei prossimi anni".

In studi futuri, Fabian Hutmacher vorrebbe indagare le sottigliezze dell'interazione tra i dati registrati e i ricordi immagazzinati nella nostra mente in modo ancora più dettagliato. Anche la questione di come i dati registrati possano essere utilizzati e organizzati in modo tale da aiutare le persone a ricordare il loro passato è un campo di esplorazione particolarmente importante.


Riferimento bibliografico

Fabian Hutmacher, Markus Appel, Stephan Schwan.
Understanding Autobiographical Memory in the Digital Age: The AMEDIA-Model.
Psychological Inquiry, 2024.

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