Condivido con i lettori riflessioni su come, a fianco dei tradizionali strumenti di cura della comunità "Rosa dei venti", nel nostro modello del “fare comunità” abbiamo dato spazio e rilevanza ad alcuni strumenti innovativi quali la natura ed il “corpo intelligente”.
{xtypo_rounded2}La natura come terzo luogo {/xtypo_rounded2}
Ricordo quando ero piccolo, la mia memoria contiene tante immagini ed episodi in cui sono stato a contatto con la natura: i miei genitori mi hanno portato in vacanza in luoghi naturali così belli e diversi tra loro, di cui ancora oggi conservo le immagini e le emozioni vissute.
In relazione a come si è costruita, in me, l‟immagine della Natura nei suoi ruoli di insegnante e “curante”, particolarmente significativa è stata l‟esperienza di essere stato prima formando e poi formatore, presso la casa laboratorio di Cenci, un casolare in Umbria la cui ricerca è legata al M.C.E.(movimento di cooperazione educativa), movimento di ricerca pedagogica nato dal pensiero ed esperienza di C.Freinet; le esperienze fatte in quel luogo mi hanno toccato profondamente e fatto sorgere tante domande attorno alla mancanza della natura nelle nostre vite e scuole, ed alla possibilità ed importanza di ritrovare un rapporto diretto con essa.
Una delle scommesse in cui ho creduto dalla nascita della ct per adolescenti, è che il contatto con la Natura sia un ingrediente fondamentale da integrare nel complesso processo di cura, non in senso di quantità, ma di continuità di rapporto ed esperienza.
Va riconosciuta l‟autonomia e potenza della Natura: è l'esperienza di contatto con la natura che puo' facilitare e completare, in collaborazione ed integrazione con la terapia, l'arte e l'educazione, il processo di cura in comunità.
L'uomo ha vissuto per tanto tempo con la fantasia e l'aspirazione che le cose della natura fossero utilizzabili, dominabili, commerciabili; è venuto il momento di riconoscersi come parte del mondo e quindi di dover entrare in un rapporto di complicità con la Natura e gli altri.
La natura è dunque, nella nostra ipotesi ed esperienza di comunità per adolescenti, uno degli elementi curativi fondamentali: la penso come un saggio libro aperto, semplice ma complesso da comprendere, e peraltro gratuito, sempre a portata di mano; qualcosa che non siamo più abituati a leggere, risorsa sprecata.
La natura ha delle caratteristiche che gli adolescenti ospiti della comunità non hanno avuto l'opportunità di sperimentare ed interiorizzare nelle loro caotiche vite precedenti l'ingresso in comunità, quali ad esempio il ritmo e la ripetizione: spesso i nostri ospiti arrivano con ritmi di vita quotidiana sfasati o senza ordine logico e sensato, con l'abitudine di stare svegli di notte e dormire di giorno, volendo fare le cose non nel tempo opportuno, ma in tempi qualsiasi e mal sopportando di ripetere qualsiasi azione richiesta e necessaria alla convivenza in comunità.
È necessario quindi, e nel contempo assai difficile e complesso, risvegliare la capacità di osservare ed esplorare la natura e la vita, in modo attento, di un guardare che ascolta, e che sa riconoscere e collegare elementi diversi e distanti e trarne conseguenze, un po' come "sapevano fare abilmente i nostri antenati nel leggere nel cielo i movimenti dei corpi celesti per orientarsi nello spazio e dare ordine al tempo, e nel leggere i segni e le tracce impresse sulla terra" (F. Lorenzoni : Con il cielo negli occhi).
La natura come strumento di comunità è dunque contenitore, contesto e possibilità di esperienze di apprendimento, in continuo imprevedibile cambiamento di suoni e colori, odori e clima, all‟opposto del classico setting della psicoterapia, dove la cornice rimane il più possibile “neutra”, priva di stimoli.
La natura intesa come luogo curativo, richiede uno sforzo di adattamento continuo: chiede ai sensi ed al corpo di stare svegli, attenti, richiede impegno e fatica e crea le condizioni per poter vivere emozioni primarie intense come la paura, l'ansia, lo stupore.
Dall'apertura della struttura comunità ad oggi la proposta di un setting di lavoro in ambiente naturale con il gruppo intero o parziale degli ospiti(da mini gruppetti di 3 a tutti gli 8 ospiti della comunità), è stata una costante caratterizzante il nostro intervento transdisciplinare. Gli interventi sono stati condotti nel tempo, sia da conduttori singoli, che da coppie, che da gruppi di operatori consulenti sia interni che esterni.
Per un certo periodo con incontri regolari mensili si è utilizzato come residenza un rifugio di montagna del territorio, con la permanenza da un minimo di due ad un massimo di cinque giorni e notti di permanenza. Azioni di movimento ed artistiche nella natura, in un luogo dove si ritornava regolarmente, con l'obiettivo di far fare ai ragazzi ed alle ragazze esperienza del proprio processo creativo personale, delle dinamiche di gruppo e dei suoi limiti, partendo dall'esperienza corporea ed artistica; in altre circostanze e con altri collaboratori, si sono invece utilizzati di volta in volta, differenti ambienti scelti in relazione al bisogno e progetto dei partecipanti, dallo scendere nelle grotte con la loro forma uterina, con valenza di grembo materno in una esperienza regressiva, al risalire un torrente o le cascate di ghiaccio, all'arrampicata su roccia con l'aspetto della verticalità, alle corse sulla neve con i cani da slitta, al percorrere un fiume in canoa, arrangiandosi ed adattandosi per dormire con l‟uso di tende o in rifugi o bivacchi ed imparando ad accendere il fuoco e cuocere il cibo.
Le condizioni dell'abitare in natura sono certamente inusuali e scomode per un adolescente(ed anche spesso per un adulto) che magari l'ha incontrata solo ai giardini pubblici cittadini: una volta un ragazzo ospite, che aveva visto pascolare una mucca mi domandò: “ma le pecore hanno le corna?”.
Ho potuto avere conferma che la potenza e forza della natura hanno contenuto aspetti onnipotenti e devianti di alcuni adolescenti ospiti, i quali sono riusciti, grazie a tale confronto ed incontro/scontro, a mostrarsi nella loro profonda fragilità e limitatezza ed a riconoscerla; i movimenti personali e gruppali così resi evidenti nell'esperienza in natura vengono poi discussi ed elaborati/digeriti sia direttamente nel tempo in natura che in incontri e riunioni a posteriori in comunità.
Importante ai fini dell'esperienza dell'individuo e del gruppo in natura è la preparazione del viaggio, con lo studio di mappe e la progettazione dell'itinerario: si prepara il proprio zaino, dove si deve gruppalmente decidere e scegliere le cose essenziali personali da portarsi contenendo il peso; ognuno porta con se qualcosa di utile sia a sé stesso che al gruppo, come il cibo o le attrezzature da campeggio e durante queste scelte si generano conflitti ed è stimolato lo spirito di cooperazione; i generi differenti di uomo e donna vengono rispettati nelle loro differenze e dunque ad esempio le figure femminili portano meno pesi che quelle maschili.
Nell'uscita in natura ci si trova nella necessità di dover imparare ad orientarsi nel territorio esplorato; cio' richiede di osservare il cielo sia di giorno che di notte o di utilizzare la bussola, cercando i punti di riferimento necessari, che sono in senso fisico i punti cardinali(la rosa dei venti).
Il camminare è l'azione di movimento di base di tali uscite(ma vengono anche utilizzati altri mezzi di movimento come le canoe o i cani da slitta oppure la bici o gli asini), anche se di volta in volta i differenti consulenti hanno poi integrato l'esperienza con varie proposte di tipo corporeo ed espressivo(teatro, musica ecc): il camminare, azione primaria necessaria all'uomo fin dai tempi dell'homo erectus, chiede impegno e fatica e permette di spostarsi da un luogo ad un altro e di realizzare il proprio progetto di uscita in natura, di raggiungere le mete decise: in queste esperienze si crea la condizione ed il bisogno di camminare per arrivare nel luogo ipotizzato, dove c'è un rifugio, o dove c'è l'acqua...; succede spesso che qualcuno non abbia voglia di andare avanti: in questi casi è dunque il gruppo che si attiva ed il più delle volte riesce a sbloccare il momento di difficoltà; si possono esplorare e discutere le dinamiche di leadership e followership tipiche di quel gruppo, in modo da facilitare lo sviluppo della fiducia, cooperazione e competizione e di comprendere l'identità e le caratteristiche di espressione e comportamento del gruppo stesso.
A volte si sono incontrati nel cammino contadini o pastori, che hanno dato ai nostri adolescenti ed a chi li accompagnava, inaspettate lezioni di comunicazione sincera e semplice.
La natura propone la necessità di confrontarsi con i suoi continui imprevisti come l'arrivo della pioggia o neve, il sentiero interrotto da una frana o un tronco ecc; in questo senso la credo un utile, gratuito e sempre disponibile training all'imprevisto.
La proposta di intervento in natura, è dunque basata sull'offrire agli adolescenti residenti la possibilità di abitare un terzo luogo, non impregnato da memorie, relazioni, desideri ed esperienze emotive che hanno segnato le spesso drammatiche biografie degli adolescenti residenti o che connotano la residenza in ct; l'esperienza in natura va quindi ad aggiungersi, ad affiancarsi all'abitare tra la casa dei parenti e la casa comunità. Tra la comunità e la casa di origine si genera spesso conflitto e competizione, una è meglio e l'altra è peggio, i ragazzi hanno a volte la lecita nostalgia di tornare a casa e la comunità a volte viene investita di valenze negative o al contrario idealizzata; tra le due case dunque un terzo luogo esterno, altro, come appunto la natura, rappresenta lo sfondo “maggiormente” neutro dove le attività di vita quotidiana, con una particolare rilevanza ed attenzione a quelle espressivo artistiche e corporee, puo' facilitare lo spostamento dalla dicotomia casa di origine-comunità terapeutica.
Nel nostro “fare comunità in natura” si sono esplorate e strutturate azioni ed attività di terapia-educazione utilizzando altrernativamente come tema e metafora, ognuno dei quattro elementi naturali, acqua aria terra e fuoco: i progetti relativi hanno coinvolto e connesso i differenti ruoli, tutti i componenti della comunità, sia ragazzi che operatori, terapeuti ed educatori, per periodi di tempo stagionali.
Porto un esempio di applicazione del progetto con gli elementi naturali: qualche anno fa, e per la durata di nove mesi, si è deciso insieme(operatori e adolescenti residenti) il tema/la metafora „‟acqua„‟ e si sono sviluppate una serie di attività e laboratori quali: foto d‟acqua, attività artistiche con i colori dell‟acqua, miti e racconti d‟acqua della nostra e di altre culture, costruzione di uno stagno con fontana nel giardino della comunità, visita all‟acquario di Genova, musiche, canti e suoni dell‟acqua, momenti di discussione ed informazione sull‟ecoutilizzo dell‟acqua, piscina, bagni termali, raccolta alle fonti del territorio dell‟acqua da bere ai pasti, perlustrazioni al fiume Lambro, che scorreva a due passi dalla allora sede della comunità ad Erba, corse attorno al lago del Segrino(un piccolo laghetto prealpino nei pressi della comunità), grigliate e nuotate notturne in piccole spiagge del lago di Como.
Un altro esempio di pratica della comunità in natura è l'esperienza di gestione e cura di un orto e di un giardino; l'adolescente della comunità che per sua attitudine tende a volere tutto subito e che ancora non conosce la pazienza, si confronta con il fatto che per poter avere un prodotto, estetico o alimentare, è necessario far fatica ed aspettare, imparare ad attendere che il tempo faccia il suo corso e che i semi seminati e curati con regolarità possano crescere.
Mi sembra dunque importante sottolineare quanto la natura contenga ed integri in se' bisogni fondamentali formativi, pedagogici, estetici e terapeutici, al contrario di quello che oramai la nostra cultura propone in modo massiccio ed invasivo, ovverosia il mondo tecnologico e virtuale che abbonda di consumi ed an-estetizza sia le emozioni, che il corpo ed il pensiero, ed allontana da una sensibilità estetica;
rispondere a questa mancanza e bisogno mi sembra una scommessa che puo' rappresentare una valida e percorribile possibilità di apprendimento per l'adolescente in generale ed in particolare per quello che abita per un certo tempo in comunità, e per tutta la ct.
Trovo una similitudine di linguaggi tra la natura, che è disordinata nella sua biodiversità, e nello stesso tempo è continuamente mutevole e bella ed ha una sua armonia, e l'adolescente con il suo “vulcanico” caos e disordine di emozioni, desideri e pensieri ed il forte mutamento del suo corpo; sono convinto che questa similitudine e rispecchiamento, ma anche differenza di linguaggi, possa stimolare e facilitare il proprio percorso in ct(e quello del gruppo).
Nel mondo odierno che purtroppo tanto ci sta mettendo di fronte ad un susseguirsi sempre più frequente di traumatiche catastrofi naturali(ed anche sociali), credo che sia una possibilità domandarsi in comunità se e come entrare in relazione alle catastofi, piuttosto che subirle o fuggirle oppure fare finta di niente..
Ritrovare un contatto diretto con la natura e con i cicli vitali che regolano l'esistenza del cosmo, puo' dunque avere il significato di restituire un po' di respiro agli adolescenti che risiedono in comunità e che non sopportano ed hanno paura di rimanere “chiusi” in casa, come se fosse un carcere, ma che poi, nel momento in cui gli operatori cercano di portarli fuori ad incontrare la natura, spesso si oppongono, chiedendo al suo posto di andare in un centro commerciale a mangiarsi un hamburger!
{xtypo_rounded2}Riflessioni sull'intelligenza del corpo{/xtypo_rounded2}
Fa parte della modalità del “fare comunità” e della ricerca-azione in atto lo studio di come il corpo possa essere una risorsa spesso dimenticata, tras-curata .
Il corpo di cui si parla molto nei luoghi della formazione e della cura è un corpo astratto, freddo, lontano: un corpo che poco si ascolta. Un corpo tabù, impossibilitato ad esprimere la potenzialità dei suoi linguaggi, la sua intelligenza.
Il corpo connette: per far vivere il corpo nelle relazioni occorre osservarlo e permettergli di agire, di fare esperienza.
L'uso sociale del nostro corpo è dal mio punto di vista espressione culturale: per trovare nuovi “usi” dovrebbe potersi staccare dai suoi modelli culturali e dai suoi meccanismi. L'idea di corpo come di una costruzione simbolica: un significante attorno a cui si organizza una costellazione di fatti sociali e culturali.
Una domanda di base attorno alla quale riflettere è: quali effetti relazionali ed emotivi produce la relazione fra i corpi nell'esperienza della comunità?
Ogni azione di vita quotidiana in comunità passa attraverso il filtro emozionale, connesso agli eventi somatici, registrati a livello inconscio dalla nostra memoria corporea.
Le emozioni usano il corpo come palcoscenico: in mancanza di una costante “ricarica corporea ed emozionale” tutto si riduce all'assimilazione di dati cognitivo-comportamentali, razionali, maturati sulla scia di soli eventi accelerati e dunque non digeriti ed assimilati.
Nell'esperienza dell'evento straordinario della nascita ad esempio, vi è integrazione di corpo-mente-emozione-ambiente, stato di “grazia” che poi nel tempo perdiamo.
Credo in una concezione del corpo che comprende il rapporto tra corpo e psiche, corpo ed azione, corpo ed emozione, vita e conoscenza: un modo di pensare al corpo come uno dei luoghi dimenticati, ma necessari ed utili al vivere ed al “fare comunità”.
In comunità si cerca anche di aiutare i residenti nella ricostruzione della propria biografia corporea e delle correlazioni con il proprio mondo emotivo e psichico; il corpo dell'adolescente è di per se' un corpo in grande cambiamento e trasformazione, senza confini consapevoli, e chi arriva in comunità ha spesso un corpo deprivato o abusato, un corpo tras-curato!
L'immagine corporea in genere si modifica in rapporto all'età, al ruolo ed alle funzioni sociali che ci troviamo ad esprimere. Nella costruzione dell'immagine di Sé, la postura e gli atteggiamenti posturali sono fondamentali. Ad operare da collante nell'integrazione delle diverse componenti, svolge un ruolo fondamentale l'esperienza di un particolare forma di piacere, “del piacere dell'integrazione”, che corrisponde al concetto psicodinamico di piacere narcisistico.
La nostra ricerca-azione in comunità, tende a dare dunque attenzione al vissuto insieme al sapere, al corpo ed alle emozioni insieme al pensiero.
Ho spesso constatato nel fare comunità, come lo studio della cosa più vicina a noi -il nostro corpo- possa favorire il processo di apprendimento e conoscenza del mondo esterno; per chiarire questo concetto direi, parlando con un'immagine, che se conosci bene la tua casa allora puoi muoverti e permetterti di uscire, di viaggiare verso lidi sconosciuti, con la sicurezza che puoi sempre tornare in un luogo conosciuto.
Il processo di proposta in comunità della pratica corporea chiede ai presenti(sia educatori, operatori, che residenti) di attivare elementi quali l’ascolto e l’adattamento agli altri e allo spazio.
È molto interessante in questo tipo di proposta favorire l'incontro con la ripetizione(“provando e riprovando” diceva Galileo Galilei), che crediamo elemento base del processo formativo, educativo e terapeutico.
Il bisogno primario di comunicare si fa a partire dal corpo ed in accordo/relazione con lo spazio.
L'intenzione e la direzione richiesta allo staff è quella di cercare di contaminare, con una qualità di presenza corporea-percettiva, tutta la giornata della ct, e le varie attività di vita quotidiana.
Ho potuto osservare come gli operatori e i fruitori della psichiatria hanno, spesso, un predominio e sbilanciamento verso i processi del pensiero razionale; dunque penso necessario riproporre una cultura del corpo intelligente, inteso come veicolo dell'apprendere e crescere e del fare terapia in comunità,, che si possa integrare alle tradizionali modalità di cura.
Per dare qui di seguito qualche esempio di tali pratiche, le proposte di interventi a mediazione corporea in comunità possono aver luogo nelle riunioni di equipe (incontro settimanale tra educatori e terapeuti), dove, a volte ad esempio, si richiede ai presenti di poter osservare le differenti posture del corpo che appaiono mentre in una riunione si discute di un ragazzo(scoprendo che tali posture raccontano qualcosa di quel
ragazzo e del suo stato emotivo e comportamentale), oppure di osservare le emozioni che nascono da esperienze percettive corporee o azioni che vengono di volta in volta proposte. Per creare questa cultura del corpo intelligente e dei sensi attivi e svegli vengono inoltre invitati periodicamente formatori provenienti da vari luoghi del mondo, con tali competenze ed esperienze(tale tematica trova approfondimento nel paragrafo: formazione ).
Oltre alla ricerca-azione riguardante l'intelligenza del corpo, altri specifici ed innovativi strumenti e modalità che caratterizzano lo stile e pratica della comunità terapeutica rosa dei venti sono l’immaginario, la memoria, la biografia e le azioni rituali.
E' risaputo che il linguaggio metaforico attiva, da un punto di vista psicofisiologico, l'emisfero destro, entrando in contatto direttamente con l'inconscio: il racconto e la costruzione di storie e contesti, il raccontare la propria storia, l'ascoltare storie e miti della nostra e di altre culture, l'utilizzo di sfondi integratori e di azioni rituali rappresentano, per l'esperienza della comunità, una possibilità di apprendimento ed integrazione tra differenti livelli, come conscio ed inconscio, mente, corpo ed emozioni, incredibilmente ricca.
Credo che le azioni ritualizzate in comunità, possano essere considerate azioni a contenuto terapeutico oltre che estetico ed educativo. Azioni rituali possono essere ad esempio quando un nuovo ragazzo entra in comunità e gli viene offerto un the, un aperetivo analcolico e/o qualcosa da mangiare preparato con una particolare attenzione e cura ai dettagli, oppure durante l'assemblea dei ragazzi, dove chi parla tiene in mano, per la durata del suo discorso, un bastone o un altro oggetto di volta in volta scelto, oppure ancora il regalo donato dagli operatori quando un ragazzo se ne va avendo terminato il suo temporaneo so-stare in comunità , o ancora la firma del proprio progetto che ogni qualvolta viene co-costruito o modificato/aggiornato, viene fatto firmare insieme al suo educatore referente; altri esempi ancora sono l'assunzione della terapia farmacologia che viene fatta sempre nello stesso tempo e spazio e puo' così assumere una valenza relazionale, l'incontro settimanale tra educatore referente e residente che può esser fatto in un luogo esterno alla ct(ad esempio un bar elegante...) o camminando nel parco della cittadina o altro ancora; un azione rituale consapevole e pensata in gruppo, può dunque diventare strumento utile ai fini del percorso dell'adolescente in comunità e della comunità nel suo complesso.
Questo articolo è tratto da alcune parti dei cap. 4 e 6 del libro Adolescenze difficili: autobiografia di una comunità terapeutica per adolescenti edito da Ananke.