La collaborazione ai lavori domestici è una richiesta di responsabilità che i genitori fanno ai figli anche per il suo valore educativo. Tuttavia non è sempre giusto farla o giusto non farla, secondo quello indicano alcuni pedagogisti. La decisione può variare a seconda delle situazioni.
Le attività in casa che vengono assegnate dai genitori ai figli riguardano il più delle volte il prendersi cura dei loro stessi bisogni personali, la cura dei suoi oggetti e della sua stanza. In modo meno frequente possono riguardare piccole attività di collaborazione alla routine domestica.
L’esecuzione di questi compiti ha un valore sia specifico che simbolico: da un lato sono un concreto aiuto alle necessità della vita familiare, dall’altro rappresentano simbolicamente l’impegno dei figli al sostegno della famiglia, sono un segno di appartenenza.
Mentre i figli più piccoli, volendo essere come i genitori, accolgono di solito con favore queste richieste di aiuto come un modo potenziante di comportarsi da grandi, il figlio adolescente, più egocentrico, può fare resistenza e anche risentirsi per queste richieste, quando ha di meglio da fare o impegni da rispettare.
Afferma di essere stanco o di essere occupato, di aver già troppi compiti scolastici, e così via.
L’adolescente, nella richiesta di collaborazione, trova “sgradevole” che gli venga chiesto cosa fare. I lavori, in quanto tali, non sono attività divertenti e vanno a scapito della sua libertà personale. Complicano e appesantiscono, poi, le tempistiche per fare i compiti scolastici che gli sono stati assegnati.
Per questo, consigliano gli esperti, se i genitori si aspettano che i lavori domestici divengano parte delle crescenti responsabilità dei loro figli adolescenti, è meglio che inizino presto ad assegnarli.
Già all’età di tre anni un figlio può essere incoraggiato ad aiutare, a cinque può aver assunto alcune semplici e regolari attività di autogestione e piccole responsabilità familiari di cui può sentirsi orgoglioso.
Le faccende domestiche per i figli più grandi tendono a richiedere maggiori responsabilità. Se i genitori aspettano fino all'adolescenza per iniziare la collaborazione ai lavori domestici, spesso è troppo tardi per evitare conflitti, perché a quel punto è probabile che sorga una maggiore resistenza.
A volte, per superare queste resistenze, fatte di discussioni, evitamenti e ritardi, i genitori possono punire la resistenza al compito negando la libertà di fare qualcosa. Oppure possono ricompensare materialmente i lavori domestici con il denaro.
Alcuni esperti di counseling familiare si dicono contrari a entrambe queste strategie, affermando che sono errori. Nel primo caso, fanno sembrare lo svolgimento dei lavori domestici una questione di libera scelta quando invece dovrebbe essere un “obbligo” familiare. Nel secondo caso trattano il lavoro domestico come un modo per i figli di fare soldi, quando invece sarebbe necessario, educativamente, fare del lavoro in casa un dono.
Dopotutto, affermano, i genitori non vengono pagati per tutto ciò che fanno per mantenere una casa.
In altre parole, se si sceglie di far collaborare i figli alle faccende domestiche, è meglio considerare queste attività come contributi familiari di routine a cui tutti i membri della famiglia concorrono per il sostegno reciproco.
Quando si crea resistenza da parte dei ragazzi, è bene ricorrere alla migliore, anche se pesante, strategia genitoriale per portarli a termine: una supervisione incessante, spiegando che è un dovere degli adulti garantire che vengano portati a termine, come segno di appartenenza e sostegno concreto alla famiglia.
Fatto questo, gli adulti dovrebbero sempre poi ringraziare il giovane ogni volta che porta a termine un compito, come segno di apprezzamento che i figli di sicuro si aspettano di ricevere.
Esistono in definitiva diversi argomenti sia a favore che contrari alla richiesta di lavoretti in casa.
Si potrebbe decidere di non farla, in quanto le faccende domestiche possono richiedere pressioni da parte dei genitori per essere svolte, diventando una ulteriore occasione di conflitto. Possono creare antipatia e malumore, e comportare un ulteriore peso ai già tanti compiti che gli adolescenti impegnati scolasticamente e nella vita extra-scolastica devono sostenere.
L’organizzazione e la supervisione dei lavori domestici, parallelamente, possono costituire un ulteriore fattore di fatica e stanchezza per gli adulti, come un lavoro extra.
Al contrario, vari buoni motivi possono portare alla decisione di chiedere collaborazione ai figli. Anzitutto perché spingono i ragazzi ad assumersi responsabilità nei confronti della famiglia. E poi, aiutano a sviluppare abilità pratiche.
Sono un segno concreto di appartenenza alla famiglia, un lavoro non retribuito che supporta le necessità continue insite nella routine familiare. Attraverso la collaborazione alle faccende domestiche, i ragazzi sacrificano alcuni interessi personali per il bene più grande della famiglia.
Svolgerle regolarmente aiuta i ragazzi a sentirsi parte preziosa del gruppo familiare.
Qualunque cosa i genitori decidano riguardo ai compiti domestici dei loro figli e adolescenti, è comunque importante che ne discutano tra loro, valutando i pro e i contro, in considerazione delle tante sfaccettature educative che questo argomento può aprire.