L’essere umano è una creatura essenzialmente sociale e, per gestire la moltitudine delle sue relazioni e l’insieme della sua esperienza nella società, dipende molto dalla comunicazione orale per rimanere adeguatamente connesso con gli altri giorno per giorno.
Poiché quella di saper comunicare verbalmente è un'abilità di vita tanto essenziale, genitori e insegnanti dovrebbero investire del tempo per spiegare alcune normali funzioni e complessità che tale comunicazione può comportare.
La comunicazione è condivisione di dati
Questo è un dato di fatto. Anche se genitori e figli adolescenti hanno vissuto quotidianamente insieme nella stessa famiglia per molti anni, non hanno tuttavia un modo sicuro per sapere cosa l’altro stia provando in un determinato momento, o a cosa stia pensando o cosa abbia fatto del suo tempo, quel giorno.
Occorrono risposte che siano illuminanti e occorre anche che chi domanda venga informato in modo veritiero. Quando non ci sono risposte, il genitore che chiede può presupporre da solo quali potrebbero essere, e spesso lo fa in modo insoddisfacente, persino ansioso. Può ad esempio pensare che un figlio non abbia ricambiato il suo saluto perché è ancora arrabbiato con lui, ma non può esserne certo. Piuttosto che lasciare che immaginare il peggio e saltare a conclusioni negative, quando si tratta di comunicazione, di solito è meglio verificare con l'altra persona. Ponendo chiaramente la domanda e, nel caso di dubbi, osservando con attenzione l’altro mentre risponde.
Non importa quanto si sia vicini a qualcuno, anche coloro che si conoscono e amano di più in un certo senso restano in parte estranei. Per conoscerli, si dipende dal fatto che vi sia un flusso di comunicazione regolare con loro. Questo è il motivo per cui nelle relazioni le persone raccolgono informazioni. Cercano costantemente, soprattutto, tre tipi di cosa da altre persone: quali siano i loro sentimenti, i loro pensieri e cosa motivi i loro comportamenti. E gli altri dovranno fare lo stesso con loro, per mantenere una comunicazione viva.
Una comunicazione adeguata richiede cooperazione: quando una persona condivide le sue cose, l'altra le riceve. Avere uno che parla molto ma ascolta poco, o uno che ascolta sempre ma parla di rado, crea disequilibrio nella relazione. Nella migliore delle ipotesi, ciascuna parte deve essere disposta e in grado di fare entrambe le cose.
La comunicazione è parlare
A volte i genitori non potranno contare sull'accondiscendenza più compiacente dell'infanzia e saranno stanchi della maggiore resistenza che può sorgere con l'adolescenza dei figli. Al ragazzo per reazione a volte ci si può rivolgere in modo imperativo, autoritario, ingiungendogli di fare o non fare determinate cose. Questo è un pessimo modo di “parlare”, attraverso il quale i genitori mostrano di desiderare un giovane che si vede ma non si sente, che obbedisce in silenzio senza lamentarsi o fare obiezioni.
Tuttavia, per ben “parlare” occorre tenere presenti alcune importanti funzioni della comunicazione.
Parlare può rivelare l'esperienza. Si vuole crescere un ragazzo silenzioso o verbalmente espressivo?
Può spiegare il modo in cui si percepiscono le cose. Si vuole crescere un figlio che si sottomette agli altri o che dichiara esplicitamente un punto di vista personale?
Parlare può significare fare domande anche sgradevoli. Meglio avere un ragazzo che chieda conto di quello che gli si dice di fare piuttosto che uno che riceva passivamente delle indicazioni.
Può inoltre significare prendere posizione. Meglio un ragazzo che accetta in silenzio ciò che sembra sbagliato o uno che affronta di petto eventuali maltrattamenti?
Confrontarsi può portare a una risoluzione delle divergenze. Meglio avere un figlio che si impegni nella discussione piuttosto che uno che eviti il disaccordo.
Nella comunicazione familiare è in discussione il modo in cui il giovane viene incoraggiato ad essere socialmente schietto o socialmente silenzioso. Per farsi strada nel mondo, esprimersi è un'abilità essenziale della vita, oltre alla capacità di saperlo fare in modo rispettoso.
La comunicazione è gestire i bisogni di informazione
Ci sono esigenze di informazione che urgono per essere soddisfatte la maggior parte del tempo.
Curiosità e bisogno di sapere: la voglia di rimanere adeguatamente informati e aggiornati in un mondo in continua evoluzione.
Al contrario, la negazione e il bisogno di non sapere: il desiderio di limitare la possibile conoscenza in un mondo di notizie infinitamente inquietanti o distraenti.
L' intimità e il bisogno di essere conosciuti: per essere capiti da vicino in un mondo dove i rapporti casuali e superficiali sono per lo più la regola.
Al contrario, il bisogno di privacy e di non essere conosciuti: per avere un nascondiglio in un mondo personale dove gli altri non possano intromettersi.
E poi ci sono i conflitti di comunicazione. Esiste un equilibrio tra il bisogno di sapere e il bisogno di non sapere, c'è il bisogno di essere conosciuti contro il bisogno di non essere conosciuti. La gestione di esigenze informative contrapposte può essere complicata.
Il disagio emotivo a volte sorge quando il bisogno di informazioni viene frustrato. A questo proposito, i sentimenti possono essere buoni informatori.
La frustrazione del proprio bisogno di sapere può far sentire ansiosi e preoccupati, così come quella del proprio bisogno di non sapere e può far sentire sovraccaricati e stressati.
La frustrazione del proprio bisogno di essere conosciuti farà sentire ignorati ed estranei. Al contrario, quella del proprio bisogno di non essere conosciuti farà sentire esposti e minacciati.
La comunicazione orale è spesso goffa, ma rimane lo strumento migliore per mantenere vive le relazioni. Occorre impegnarsi a fondo, quindi, per gestire al meglio questo importante modo di “connessione” con il proprio figlio adolescente.