Momento delicato quello dell’ingresso di un giovane nell’età adulta, fatto anche di insicurezze e inciampi, esitazioni. Fare pressione su di lui può avere un impatto negativo, oltre che sulla relazione, anche sugli sforzi che sta compiendo per raggiungere i suoi obiettivi. Per sostenerlo nel modo giusto meglio non trascurare sensibilità e empatia.
Occorre, in altre parole, fargli sentire che si crede in lui e nelle sue potenzialità.
Oggi molti genitori si trovano a doversi relazionare con figli che, sebbene entrati nella giovane età adulta, faticano all’università, non trovano ancora una strada professionale e non hanno progetti precisi per il futuro. In molti casi, per placare l’ansia ricorrono all’alcol o alla marijuana.
Per molti adulti, con un senso della realtà forte e con fretta di vedere concretizzarsi qualcosa per il futuro dei figli, è difficile comprendere come anche solo chiedere quale sia il loro piano d’azione generi ansia.
I genitori possono involontariamente porre ai loro figli adulti in difficoltà richieste e domande che li rendono ancora più insicuri. Ad esempio, chiedendo quando finalmente troveranno un lavoro, o quando smetteranno di evitare di affrontare il mondo reale, come a loro sembra stiano facendo.
Oppure, quando li vedono dedicarsi a lavori poco impegnativi, li pressano domandando quando punteranno a qualcosa di più ambizioso. E fanno confronti con fratelli o con coetanei di loro conoscenza che si stanno muovendo con successo nelle loro carriere universitarie o professionali.
A muovere i genitori sono ansia, preoccupazione, amore o il desiderio di capire meglio la vita dei propri figli ormai adulti.
Tuttavia, fare pressioni su un figlio adulto in difficoltà, può avere importanti conseguenze negative.
La pressione può portare ad un aumento dello stress e dell'ansia, risultando schiacciante e rendendo più difficile affrontare le sfide che stanno già sostenendo. Si può solo generare insicurezza e chiusura, ad esempio, dicendo a un figlio che sta sprecando la sua vita.
In questo modo, poi, si crea tensione nel rapporto. I giovani si sentiranno incompresi o non accettati; si si susciterà risentimento e distanza nella relazione. Cercare di comprendere un figlio in difficoltà può avere conseguenze migliori dell’amore che, in modo confuso, si vuole riversare su di lui.
Si hanno poi effetti negativi per la salute mentale, rischio di depressione, diminuzione dell’autostima, senso di fallimento e inadeguatezza.
Essere sollecitati nel modo sbagliato porta a diminuzione della motivazione e a risultati più modesti. La paura di fallire o di deludere può creare un blocco mentale, ostacolando la capacità di un giovane di concentrarsi e portare a termine quello che si è prefisso.
Ha inoltre un impatto sul processo decisionale. Molti giovani provano l’infelicità di aver scelto lavori, programmi di formazione, università e persino percorsi di carriera di cui si sono pentiti profondamente, solo perché stavano cercando di compiacere i genitori.
Quando si sentono sotto pressione, i giovani possono fare scelte basate su aspettative esterne piuttosto che sui loro valori e interessi. Questo, spiegano gli esperti, porta potenzialmente a insoddisfazione e a un senso di disconnessione dal proprio vero sé.
Le frequenti pressioni da parte dei genitori possono inoltre erodere l'autostima, inducendo a dubitare delle proprie capacità e del proprio valore, con effetti a lungo termine sulla fiducia e sull'immagine di sé .
Non ultimi, poi, ci sono come effetto rancore e ribellione, sentimenti di risentimento. Molti giovani resistono alle pressioni adottando comportamenti di auto-sabotaggio, come il dormire abitualmente fino a tardi, l'uso problematico di sostanze e lo sviluppo di uno stile di vita basato sul mentire e sulla negazione.
Per esprimere sostegno, dice la psicologia, è importante avvicinarsi ai giovani in difficoltà con empatia e vicinanza piuttosto che con pressioni. La comunicazione aperta, la comprensione e l’incoraggiamento possono essere più efficaci nell’aiutarli a superare i problemi e a lavorare verso un cambiamento positivo.
Per comunicare al meglio, occorre che le conversazioni si svolgano in uno spazio sicuro e non giudicante. Ad esempio, durante una passeggiata, facendo domande a risposta aperta; invece di chiedere direttamente cosa intendono fare, domandare come si sentono nella loro condizione attuale.
Praticare un ascolto attivo è difficile per i genitori tormentati dall'ansia. L'ascolto attivo implica non solo ascoltare le parole di un figlio adulto, ma anche cercare di comprendere le sue emozioni e le preoccupazioni sottostanti.
Molti genitori hanno difficoltà ad astenersi dal dare giudizi o dare consigli non richiesti. Dovrebbero ricordare che l’obiettivo è comprendere il punto di vista del figlio e di sostenerlo, anziché cercare di imporre le proprie idee su ciò che dovrebbe fare.
È fondamentale che gli adulti espongano i loro valori in un modo che non dia la sensazione che li vogliano imporre.
Occorre lavorare insieme a un ragazzo per stabilire obiettivi a breve termine realistici e realizzabili, suddividendo gli obiettivi più grandi in passaggi più piccoli e gestibili, in modo da far sembrare la situazione meno travolgente.
Ogni giovane adulto è diverso e l'approccio può variare in base alle circostanze specifiche e al rapporto con lui. La chiave è favorire la comunicazione aperta e la collaborazione. Nessun giovane avviato all’autonomia si lamenterà mai del fatto che i suoi genitori esprimano troppa empatia nei suoi confronti.