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Chi sono i MSNA che arrivano sul vostro territorio?

Ragazzi che vivono in povertà, cercano condizioni di vita migliori e pensano di trovarle qui, perché nei Paesi di provenienza, soprattutto per chi viene dall’Africa occidentale, organizzazioni che io definirei criminali li stimolano ad intraprendere il viaggio in cambio di denaro.
Una volta che il viaggio è iniziato, ad ogni frontiera incontrano altri che chiedono altro denaro per lasciarli proseguire e sollecitano il desiderio di una vita migliore. Fino alla Libia, dove sono costretti a partire perché non hanno più la possibilità di tornare indietro.

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In tutto questo percorso, se le famiglie non sono in grado di aiutarli economicamente, sono costretti a lavorare in condizioni di vera e propria schiavitù per andare avanti; così anche in Libia, dove lavorano mesi per raccogliere il denaro da consegnare agli scafisti.

Vivono in una condizione difficilissima, i minori che hanno avviato il percorso, perché in molti casi hanno un’idea edulcorata del viaggio e di quello che potranno trovare, e se cambiano idea non possono più tornare indietro. Ti potrei raccontare non so quante storie… Abbiamo fatto una mostra ad ottobre scorso trascrivendo i verbali dei ragazzi, cambiando solo i nomi. Li abbiamo esposti, letti  ai ragazzi delle scuole, è stato molto bello.

Attraverso l’ascolto ci siamo messi nella condizione di uscire dalla categoria un po’ indefinita di MSNA per individuare tre gruppi di minori particolarmente vulnerabili.


Di chi si tratta?

Innanzitutto abbiamo i MSNA sfruttati per la prostituzione, soprattutto ragazze nigeriane. Tra loro si è diffusa, pian piano, la consapevolezza che in TM possono essere protette e si fidano a raccontare la loro storia.

Partono dalla loro terra dopo riti vudù, patti di sangue veri e propri a cui partecipano le famiglie e che costituiscono una forma molto forte di pressione per le ragazze, minacciate che, se non si assoggettano, i familiari possono essere sottoposti a conseguenze gravissime fino alla morte. All’arrivo sono molto paurose, in grande difficoltà. Pian piano si affidano sempre più. Diverse di loro ci hanno dato i numeri di telefono delle madame, di tutti quelli che a partire dai loro familiari le avevano destinate alla vita sulla strada, e in collegamento con la Procura della Repubblica ci sono stati tanti arresti di madame sul territorio nazionale.

È un argomento sensibile e difficile. A Catania abbiamo un servizio pubblico di etnopsichiatria e gli operatori ci dicono che è difficile anche per loro entrare nella testa di queste ragazze e svincolarle dal patto, anche se quando si apre uno spiraglio questo diventa potente. Con alcune ci siamo davvero riusciti, hanno cambiato vita, hanno studiato… si sono emancipate da questo destino.


Il secondo gruppo?

Sono i minori con problemi sanitari. Molti ragazzi arrivano qui con malattie gravissime o dopo aver subito violenze estreme. Oltre alle ragazze nigeriane di cui parlavo - che spesso lungo il percorso sono già state violentate, alcune arrivano in gravidanza e vogliono abortire… -, ci sono ragazzi che hanno riportato ferite da arma da fuoco, o bruciati, altri con problemi psichiatrici forti per quello che hanno subito, o che hanno attraversato il mare nella parte inferiore del barcone e sono stati schiacciati. Ragazzi con malattie infettive gravi, tbc o altro. Questo non ci spaventa, i servizi sanitari sono pronti ad occuparsene, a Catania soprattutto ma anche nelle altre province. Questi ragazzi costituiscono un’altra categoria vulnerabile e qualcuno se ne deve prendere cura, per questo ci vuole un referente che tenga il filo della situazione. Non li puoi disperdere, tutti questi problemi.


Ed infine…

I minori scafisti. Moltissimi vengono fermati e individuati perché conducevano i gommoni. Procediamo con l’accertamento penale ma sono anche minori vulnerabili. Nel penale disponiamo la misura cautelare in comunità ma apriamo parallelamente la procedura in tutela, anche perché occorre nominare un tutore in modo che il processo penale abbia validità.


La tutela è affidata ai Sindaci o ai servizi sociali, come in tante regioni italiane, oppure a volontari?

Per noi il tutore è sempre un volontario. Come TM abbiamo scelto, con molta fatica, di non nominare mai il sindaco o altri soggetti pubblici. Abbiamo un elenco di tutori su cui stiamo lavorando, e non ti so dire a quanti corsi di formazione per tutori volontari sia io che i miei colleghi abbiamo partecipato. Certo, non è facile, ed è una verifica continua. Sarebbe più comodo nominare il sindaco pro tempore per tutti i minori e non affannarsi troppo. Devo dire però che nella maggior parte dei casi lavoriamo con tutori molto motivati, bravissimi, meravigliosi. Quante storie ti potrei raccontare!

Ormai si è determinata una sorta di specializzazione. Per le nigeriane abbiamo tutori che sanno trattare la materia, con tutte le implicazioni civili e penali e con i problemi sanitari connessi. Per i minori con problemi sanitari o vittime di violenza scegliamo spesso persone del privato sociale che assistono i ragazzi in ospedale, e per gli scafisti nominiamo generalmente degli avvocati perché sanno muoversi anche nel processo penale.

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In che modo interagite con la rete dei servizi?

Abbiamo lavorato con le tre province sedendoci ai tavoli tecnici. Abbiamo iniziato con Catania dove nel novembre 2015 abbiamo firmato delle linee guida per coordinare gli interventi attraverso la messa in rete di tutti i soggetti coinvolti. Oltre a noi - TM e PMM – le hanno firmate anche Questura, Prefettura, servizi sociali e sanitari, associazioni umanitarie, rappresentanti delle comunità… Tavoli analoghi sono attivi anche a Ragusa e a Siracusa.


Hai fatto un cenno alla etnopsichiatria…?

È un servizio fondamentale che ancora da noi, purtroppo, non ha il giusto sviluppo. Abbiamo un etnopsichiatra molto bravo che da anni lavora con adulti e minori stranieri ma è insufficiente per tutto quello che sta accadendo, e poi è a Catania ma le altre province sono scoperte.

Il confronto con i giudici onorari e con altri operatori mi fa capire che parliamo di un lavoro molto difficile. Bisognerebbe formare psicologi e psichiatri perché sappiano trovare il giusto approccio, affinare le tecniche di ascolto, e tutto quello che attiene non solo alla comprensione ma al trattamento dei problemi derivanti da esperienze tanto drammatiche.


Come valuti il sistema di accoglienza?
 

Nell’agosto scorso è stata ampliata la possibilità di accogliere minori in strutture di emergenza messe in piedi dai Prefetti anche al di fuori dagli standard preesistenti. Come TM abbiamo una funzione di ratifica degli inserimenti mentre il PMM svolge i controlli sulle strutture, ma è un mare magnum difficilissimo da fronteggiare anche per le situazioni di illegalità che si insinuano.


Le strutture con cui lavorate le conoscete?

Tante le conosciamo ma qui sorgono come funghi, solo stamattina mi hanno detto due nomi nuovi. Abbiamo cercato di costruire una rete molto forte con lo SPRAR nazionale e nelle situazioni di particolare vulnerabilità inviamo alle sedi SPRAR. Per le ragazze nigeriane la legge prevede una soluzione dedicata alle minori vittima di tratta e di prostituzione, ma anche questa rete è satura. È un discorso davvero complesso. Stiamo lavorando a vari livelli per avere una regia nazionale di distribuzione dei minori in tutta Italia, perché per il momento la maggior parte resta in Sicilia. Il nostro auspicio è che dopo lo sbarco vengano distribuiti in tutto il territorio nazionale.


Per gli adulti è così.

Per gli adulti, ma non per i minori.


Come mai?

Le comunità del nord non si sono fatte avanti per accogliere MSNA, tra le ragioni potrebbe esserci quella che la retta pagata dal Ministero dell’Interno sul Fondo nazionale per l’immigrazione è di 45 euro al giorno a fronte degli oltre 100 corrisposti alle comunità educative per i minori allontanati dalla famiglia, o inseriti in percorsi penali.


Stiamo andando verso un’accoglienza a due livelli, di serie A per chi ha una famiglia sul territorio e di serie B per tutti gli altri?

Io penso che con una retta di 45 Euro ce la possano fare. Il problema sorge per i minori con problematiche particolari, che hanno bisogno di servizi specifici, però il Ministero esclude la possibilità di pagare una cifra maggiore. Bisognerebbe almeno che le strutture rispettassero gli standard, alcune non mettono nemmeno gli operatori necessari. Poi c’è che la Regione Sicilia, purtroppo, nonostante questo sia il budget, richiede alle strutture standard troppo alti, impossibili da raggiungere.


Da qualche anno, periodicamente, ci viene comunicata la cifra dei minori dispersi. Ragazzi che arrivano in Italia come MSNA, vengono inseriti in una struttura ma di cui poi si perdono le tracce.

Alcuni hanno informazioni molto precise su come funziona il nostro sistema di accoglienza, quello che possono o non possono fare, e seguono un percorso migratorio definito. Scappano verso il nord Europa - hai visto cosa è accaduto al confine con la Francia -, vogliono raggiungere l’Olanda, la Svezia… particolarmente i siriani, che in Svezia hanno delle comunità. Tanti si disperdono per questo motivo, di altri non sappiamo più nulla.


intervista pubblicata dalla rivista Azione nonviolenta, settembre-ottobre 2016, www.azionenonviolenta.it

qui la prima parte

Elena Buccoliero
Sociologa e counsellor, è docente a contratto all’Università di Parma sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti e svolge attività di formazione, ricerca, supervisione e sensibilizzazione su bullismo, violenza di genere e assistita, diritti delle persone minorenni. Dal 2008 al 2019 è stata giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna. Ha diretto la Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati (2014-2021) e l’ufficio Diritti dei minori del Comune di Ferrara (2013-2020). Da molti anni aderisce al Movimento Nonviolento. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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